sabato 6 marzo 2010

Brookings Institution: il Think Tank numero uno

Il Brookings Institution, con sede a Washington, DC è il think tank numero 1 nella classifica elaborata dal Think Tanks and Civil Societies Program. Nel sito si dichiara:
"  Brookings è orgoglioso che molti ci considerino come il più influente, il più quotato e il più fidato think tank. La nostra ricerca di alta qualità, la nostra indipendenza e il nostro potere di convocazione contribuiscono a generare pratiche soluzioni innovative alle sfide di oggi"
Ci sono anche alcune citazioni esterne:
"Il Brookings è stato al centro di ogni importante dibattito politico in questo paese per 90 anni."
Sen.Chuck Hagel, 28 luglio 2006
" Tra le 16 organizzazioni con un forte impatto sulla politica pubblica, Harris Poll ha trovato che il Brookings è:
        * fra le cinque più potenti
        * tra le dieci più affidabili
        * considerato altrettanto attendibile da democratici, repubblicani e indipendenti."
The Harris Poll's nationwide survey on inside-the-beltway groups , December 2007
"  Quando si verificano importanti dibattiti a Washington - sia per la pace in Medio Oriente, la finanza globale, o la strategia urbana - c'è da scommetterci che è il Brookings che sta guidando la conversazione. ... Dalla riforma del sistema sanitario alle raccomandazioni sulla chiusura della prigione di Guantanamo Bay, Brookings ha una vasta esperienza che gli consente di offrire delle correzioni innovative per quasi ogni punto critico che si presenta negli Stati Uniti oggi."
Foreign Policy magazine's Think Tank Index , January 2009
"  Nel 1916, Robert S. Brookings si unì ad un gruppo di riformatori del governo per creare la prima organizzazione privata dedicata a studi basati sui fatti sulle questioni nazionali di politica pubblica. Il nuovo Istituto di ricerca per il governo è diventato il principale fautore di un efficace ed efficiente servizio pubblico e ha cercato di portare la "  scienza"  allo studio del governo.
Brookings Institution fa risalire le sue origini al 1916, quando un gruppo di leader riformatori fondano l'Istituto di Ricerca per il Governo (IGR), la prima organizzazione privata dedicata all'analisi di questioni di politica pubblica a livello nazionale.
Brookings ha creato due organizzazioni sorelle: l'Istituto di Economia nel 1922 e una scuola di specializzazione nel 1924. Nel 1927, l'istituto e la scuola si sono uniti per formare l'attuale Brookings Institution, con la missione di promuovere, realizzare e far avanzare la ricerca "nei principali settori per l'economia, l'amministrazione statale, e le scienze politiche e sociali."
Sono stati presidenti del Brookings: Michael Armacost (1995 - 2002), Bruce MacLaury (1977 - 1995), Kermit Gordon (1967 - 1977),  Robert Calkins (1952 - 1967), Harold Moulton (1927 - 1952)
Il Brookings riunisce ora oltre 200 esperti di primo piano nel governo e nelle università di tutto il mondo che effettuano ricerche, raccomandazioni politiche e analisi su una vasta gamma di questioni di politica pubblica.
Del Brooking fa parte
anche Mario Draghi, presidente della Banca d'Italia. Dalla biografia di Draghi nel sito della Banca d'Italia leggiamo:
"
  Il Prof. Mario Draghi è membro dal 1998 del Board of Trustees dell’Institute for Advanced Study (Princeton) e, dal 2003, della Brookings Institution"

Chi finanzia il Brookings Institution
A pagina 19 del loro rapporto annuale c'è la lista dei finanziatori: 
Cash Received, July 1, 2008–June 30, 2009
$1,000,000 and Above
Anonymous, Alfred and Gail Engelberg. Ford Foundation, Bill & Melinda Gates Foundation, The William and Flora Hewlett Foundation, The Robert Wood Johnson Foundation, The John D. & Catherine T., MacArthur Foundation, Government of the State of Qatar, The Rockefeller Foundation, Haim and Cheryl Saban, Leonard D. Schaeffer, John L. Thornton, James D. Wolfensohn
$500,000–$999,999
Anonymous (2), Richard C. Blum and Senator, Dianne Feinstein, Carnegie Corporation of New York, Annie E. Casey Foundation, District of Columbia State Education Office, Liberty Mutual Group. Oracle (in kind), The Pew Charitable Trusts, Russell Sage Foundation, The Bernard and Irene Schwartz Foundation, The Spencer Foundation, UnitedHealth Group, Inc.
$250,000–$499,999
Bank of America, Citi, Edgar M. Cullman, Sr., Exxon Mobil Corporation, Johns Hopkins University, Ewing Marion Kauffman Foundation, Living Cities, Inc., Charles Stewart Mott Foundation, Royal Ministry of Foreign Affairs, Norway, State Farm Mutual, Automobile, Insurance Company, Surdna Foundation, Inc., Government of Switzerland, Taipei Economic and Cultural, Representative Office, Bernard van Leer Foundation, Youth Employment Center, Ezra K. Zilkha
$100,000–$249,999
Anonymous (3), Alcoa, Allstate, American Express, Amgen, Inc., Asian Development Bank, AT&T Services Inc., Dominic Barton, Bipartisan Policy Center, Boston College, Canadian International Council, Paul L. Cejas, Chevron, The Council for the United
States and Italy, Government of Denmark, Steve and Roberta Denning, Department of Defense, Paul Desmarais, Jr., Hanzade Do˘gan, Do˘gan Group of Companies, The Doris Duke Charitable Foundation, Blair W. Effron and Cheryl, Cohen Effron, Eli Lilly and Company, Energy Foundation, David and Marianna Fisher, Embassy of France, The Freeman Foundation, GE Foundation, Jeffrey A. Goldstein, Google.org Fund of Tides Foundation, Maurice R. Greenberg and, The Starr Foundation, Pablo González Guajardo, Kimberly-Clark de México, Guardian Realty Investors, LLC (in kind), The George Gund Foundation, The Heinz Endowments, Hitachi, Ltd., Gail and Benjamin Jacobs, Kenneth M. Jacobs, The Jenesis Group, Jolie-Pitt Foundation, Richard Kauffman, Nemir Kirdar, Kohlberg Kravis Roberts & Co., Anne Lauvergeon, AREVA, Frank P. Lowy, The Markle Foundation, Microsoft Corporation, The NASDAQ OMX Group, Inc., National Intelligence Council, National Science Foundation, Novartis Corporation U.S.A., The Pennsylvania State University, Pfizer Inc, Victor Pinchuk Foundation, Thomas C. Ramey and Perrin, Ireland, Reliance Industries Limited, Charles W. Robinson, Rockefeller Brothers Fund, Jacob Rothschild and the Saffery, Champness Trust Corporation, as Trustee of the Arrow, Charitable Trust, Nathaniel Rothschild, Sabanci University, Roger W. and Victoria P. Sant, Robert H. Smith, Target, The Tecovas Foundation, Andrew H. and Ann R. Tisch Foundation, Tokyo Club Foundation for
Global Studies, Toyota, C.H. Tung and China-United, States Exchange Foundation, Turkish Industrialists’ and, Businessmen’s Association, Unbound Philanthropy, University of Pittsburgh, U.S. Agency for International Development, Antoine van Agtmael, Vanderbilt University, Wal-Mart Stores, Inc.
$50,000–$99,999
Anonymous (2), Robert John Abernethy, William Ackman, Alfred Herrhausen Society for, International Dialogue, All Nippon Airways (in kind), Rahul Bajaj, Alan R. and Jane Batkin, Battelle, Geoffrey T. Boisi and the Boisi, Family Foundation, The Andrea and Charles Bronfman, Fund at Brandeis University, Antony Burgmans, Unilever, The Morris and Gwendolyn Cafritz Foundation, Campaign Finance Institute, Canadian Department of Foreign Affairs and International Trade, The Century Foundation, Inc., Chenega Advanced Solutions &, Engineering LLC, Cherokee, Adam Chesnoff, The Cleveland Foundation, Coalition of Private Investment Companies, Abby Joseph Cohen, The Community Foundation for the National Capital Region, Confederation of Businessmen and Industrialists of Turkey, Lester Crown, Alan M. Dachs, Government of the District of Columbia, DST Systems, Inc., EADS North America, Edison Electric Institute, James Elrod, Lawrence K. Fish, The Foundation for Maryland’s Future, Foundation to Promote Open Society, Bart Friedman, The Victor and William Fung Foundation, General Dynamics Corporation, The German Marshall Fund of the United States, Richard and Rhoda Goldman Fund, Jeffrey W. Greenberg
Dopo che avete visto la lista di questi nobili filantropi state ancora pensando che il Brookings possa fare i nostri interessi?
Il direttore attuale del Brookings Institution, è il Rhodesiano e amico di Clinton  Strobe Talbott:
"  Fra Strobe e Bill c'e' una amicizia e una fiducia che risale ai tempi dell'universita': i due divisero la stanza a Oxford nel 1969, dove entrambi arrivarono con la borsa di studio Rhodes. Esperto di Unione Sovetica, autore di libri, giornalista del settimanale Time, Talbott venne subito scelto dall' appena eletto presidente che creo' per lui, al di la' delle maglie della burocrazia, un posto come consigliere nei rapporti con l' ex Unione Sovietica"
"  Talbott, la cui carriera abbraccia il giornalismo, il servizio del governo, e il mondo accademico, è un esperto in materia di politica estera degli Stati Uniti, con specialità su Europa, Russia, Asia meridionale, e controllo degli armamenti nucleari. Come vice segretario di Stato nell'amministrazione Clinton, Talbott è stato profondamente coinvolto sia nella conduzione della politica degli Stati Uniti all'estero e nella gestione dei rapporti dell'esecutivo con il Congresso. Nel 2009, fu eletto membro della American Academy of Arts & Sciences."
Il 20 Luglio 1992 la rivista TIME pubblica The Birth of the Global Nation, scritto da Strobe Talbott, allora direttore del CFR e membro della Trilaterale, nel quale scrive:
“Tutte le nazioni sono a ordinamento sostanzialmente sociale.. Non importa quanto stabili o persino inviolabili possano sembrare in ogni momento, di fatto sono tutte artificiali e transitorie.. Forse la sovranità nazionale dopo tutto non era una così grande idea.. Ma ha gestito gli eventi nel nostro terribile e meraviglioso secolo, per ribadire la necessità di un governo mondiale."
Come editore del Time, Talbott ha sostenuto Clinton durante la sua campagna presidenziale. È stato nominato dal Presidente Clinton come numero due per il Dipartimento di Stato dietro il Segretario di Stato Warren Christopher, ex Trilateralista ed ex vice presidente e direttore del CFR. Talbott è stato confermato da circa due terzi del Senato degli Stati Uniti, malgrado la sua dichiarazione sulla scarsa importanza della sovranità nazionale.
Infatti, sempre dal sito del Brookings prendiamo un'altra sua citazione:
"  Proprio come una nazione è un raduno di tribù, così la comunità internazionale è una raccolta di nazioni - una nazione globale incipiente, nel senso che l'umanità sta imparando a governare se stessa nel suo insieme sugli argomenti sui quali può farlo, a vantaggio di tutti, e specialmente su quelli in cui lo deve fare per evitare il disastro planetario."
Da The Great Experiment: The Story of Ancient Empires, Modern States, and The Quest for a Global Nation
Come abbiamo già intuito alla fine anche il privato, non eletto ed elitario Brooking Institution stà spingendo per la creazione di un Nuovo Ordine Mondiale e una Nazione Globale. All'interno del sito del Brookings Institution si trovano, infatti, diverse analisi e rapporti focalizzati sulla Riforma della Global Governance. In questo articolo riproduco ampi stralci dei loro documenti ufficiali al fine di farvi conoscere il pensiero di questo think tank. tale pensiero, però, alla fine, non si discosta di molto da quello di molti altri think tank superpotenti, come il Council on Foreign Relation.
Per presentare il pensiero del Brookinks
Institution basta riportare una tabella molto eloquente tratta da un loro articolo del settembre 2009 dal titolo Is the G-20 Summit a Step Toward a New Global Economic Order?



Tabella 1: Old Order, New Order
(Nota: Questa tabella è un adattamento da una tabella presentata dagli autori in un seminario presso il Fondo monetario internazionale, nel giugno 2007. Vedere www.imf.org/external/np/seminars/eng/2007/glb/bl030607.pdf)


L'articolo citato caldeggia un ruolo chiave del G20 nella creazione di un nuovo ordine mondiale e dice che "Ci vorrà un impegno chiaro e costante di una nuova serie di valori e di una leadership forte, soprattutto da parte del Presidente Obama e degli Stati Uniti, al fine di garantire che il G-20 non diventi una breve eccezione a quella che era stata una lunga situazione di stallo nella riforma della governance globale."
Come si nota da questa frase, il Brookings parla di "lunga situazione di stallo". Nell'articolo si afferma inoltre che " l'attuale sistema di governance globale è diventato sempre più frammentato, inefficace, superato e resistente al cambiamento" e che "le vecchie abitudini sono dure a morire". Il New World Order immaginato da questi circoli elitari, infatti, non è un percorso di naturale evoluzione sociale, come alcuni sostengono; esso è "resistente al cambiamento", questo cambiamento quindi va "spinto" in avanti; e il Brookings si propone di fare proprio questo. Ricordiamo a tutti quelli che amano la democrazia che il Brookings è un istituto privato, elitario e non eletto, rappresentante gli interessi di una ricca elite e non la volontà dei popoli. Se questo circolo elitario, ignoto ai popoli, vuole "spingere" le nazioni verso un New World Order, è solo ed esclusivamente per gli interessi di una elite facoltosa che lo finanzia e supporta.

Il Nuovo Ordine Mondiale immaginato da questa ricca elite superpotente non ha nulla dell'idealismo della pace, della solidarietà e della comunione dei popoli; queste parole, quando usate da questa elite, sono solo maschere; possiamo riassumere invece con 2 parole i reali obiettivi: MONOPOLIO e CONTROLLO PLANETARIO, i quali sono la via del POTERE e dei PROFITTI.
In questo Nuovo Ordine di Controllo Globale sarà abolita definitivamente l'autodeterminazione dei popoli. Immaginiamo ad esempio una nazione che voglia emettere moneta locale senza debito e senza interesse in un regime di moneta unica mondiale a corso forzoso; immaginiamo una nazione che voglia abolire l'importazione e la produzione di OGM all'interno di un ordine mondiale con un mercato unico che impone la loro importazione e produzione....
L'articolo prosegue delineando i contorni per la creazione di un New Order:
 “Old Economic Order” versus “New Economic Order”
"  Dai recenti dibattiti sulla politica estera e sulla governance mondiale, abbiamo identificato due differenti prospettive o insiemi di principi alla base degli approcci verso gli Stati Uniti e la politica estera mondiale. La tabella 1 riassume gli elementi chiave di quello che chiamiamo il "Vecchio Ordine Economico" in contrapposizione al "Nuovo Ordine Economico".
Nel vecchio ordine, lo Stato-nazione è il punto di partenza, si sottolinea l'importanza della sovranità e dell'interesse nazionale come principio chiave nella guida di una unilaterale e assertiva politica estera. Al contrario, il punto di partenza del nuovo ordine ritiene che viviamo in una società globale, in cui l'interdipendenza e il riconoscimento degli interessi comuni sono i principi fondamentali da perseguire nei rapporti reciproci e nel rispetto reciproco al di là delle frontiere. Nel quadro del vecchio ordine prevalgono le regole delle politiche di potenza nazionale, con blocchi concorrenti che cercano alleanze fisse per il predominio, con "hard power", se necessario. Invece, il Nuovo Ordine opera sulla base di un nuovo multilateralismo, che si basa sulla diffusione di reti a livello mondiale in tutte le sfere della vita e di coalizioni multiple al di là delle frontiere, in cui sono a prevalere la contrattazione per il compromesso e gli strumenti di "soft power". Infine, il vecchio ordine promuove l'idea che dovrebbe prevalere un unico modello economico e politico, mentre il Nuovo Ordine accetta che diversi modelli economici e politici convivano e competano fianco a fianco.



In termini più semplici, il vecchio ordine riflette ampiamente i principi alla base dell'ordine del giorno della politica estera dell'amministrazione Bush e la piattaforma presidenziale del senatore John McCain, mentre il New Order si avvicina a quelli alla base della piattaforma della campagna presidenziale del senatore Barack Obama e alla posizione in politica estera della sua amministrazione. Gli elementi chiave del vecchio ordine (tranne l'ultimo) sono stati attribuiti anche alla attuale impostazione della politica estera della Russia, mentre i principi del "nuovo ordine" possono essere attribuiti all'Unione europea.
In realtà, ciò che si riflette in questi due approcci è la differenza tra i principi della politica estera del ventesimo secolo, rispetto ai principi adeguati alla realtà di oggi. Crediamo che ci siano una triplice serie fattori di cambiamento necessari per passare dal vecchio ordinamento al nuovo ordine. Questi fattori includono il cambiamento globale del bilanciamento demografico ed economico, nuove minacce globali e la necessità di un più efficace sistema di governance globale.

Fattori di cambiamento

Il primo fattore di cambiamento è lo spostamento globale dell'equilibrio demografico ed economico. Entro il 2050, la popolazione mondiale si prevede che raggiunga 9,1 miliardi, crescendo rispetto ai 6,4 miliardi di oggi, con l'aumento che si verificherà quasi esclusivamente nei paesi in via di sviluppo di oggi. La Cina è ampiamente previsto che diventi l'economia più grande agli inizi degli anni 2040, con l'economia degli Stati Uniti al secondo posto e l'India al terzo. Altre economie di mercato emergenti, tra cui il Brasile, l'Indonesia e la Russia, saranno attori economici importanti, mentre i singoli paesi europei retrocederanno in importanza. L'Eurasia continentale sarà il nuovo hub di integrazione a livello mondiale con la Cina, l'India, la Russia, l'Unione europea e i paesi prouttori di energia del Medio Oriente, che tesseranno le loro economie sempre più insieme. Gli Stati Uniti resteranno una superpotenza, ma solo una tra le altre. Insieme, le grandi potenze del mondo dovranno affrontare il fatto che le persone negli stati più poveri e più deboli si sentono lasciate indietro. Allo stesso tempo, reti transfrontaliere- economiche e politiche, pubbliche e private, di élite e di base, legittime e illegittime - continueranno a crescere e indebolire il ruolo tradizionale degli Stati negli aspetti economici, finanziari, e nelle azioni sociali politiche dei cittadini. Queste reti creeranno legami che potranno o rafforzare o indebolire la stabilità globale.

Il secondo fattore del cambiamento è un insieme di nuove minacce globali:

    * L'attuale crisi finanziaria ed economica - innescata da una cattiva gestione macroeconomica e un regolamento finanziario lassista - riflette la realtà degli squilibri finanziari a lungo termine tra le principali economie. Essa dimostra le difficoltà di gestione di una forte interdipendenza globale del sistema finanziario in assenza di un concordato a livello mondiale di sorveglianza finanziaria, vigilanza e di regolamentazione. È probabile che i rischi di crisi finanziaria internazionale continueranno nei prossimi decenni.
    * Le disparità globali aumenteranno, i paesi ricchi e le economie in rapida crescita andranno bene, mentre tanti paesi poveri e in via di stagnazione saranno lasciati alle spalle. Esiste anche la possibilità di un aumento delle disparità all'interno dei paesi. Queste ingiustizie rafforzeranno i rischi di conflitto interno, transfrontaliero e il terrorismo. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti e altri paesi industrializzati sono di fronte a una progressiva perdita delle industrie tradizionali, dei posti di lavoro e dei salari. L'invecchiamento della popolazione e dei sistemi pensionistici sovraccarichi sfiderà la loro stabilità fiscale e potrà portare a groundswells di sentimenti anti-globalizzazione.
    * L'aumento dei prezzi alimentari e dell'energia, i rischi ambientali e i rischi di epidemie globali rafforzati dalla pressione demografica, incidono in modo particolare nei paesi più poveri.
    * La crescente interdipendenza globale attraverso le frontiere e le linee settoriali significa che i singoli paesi non possono più rispondere a queste minacce da soli e che una risposta globale deve essere coordinata tra i settori.
Il terzo fattore del cambiamento è la crescente e diffusa consapevolezza che l'attuale sistema di governance globale è diventato sempre più frammentato, inefficace, superato e resistente al cambiamento. Questa debolezza sistemica si riflette nella situazione di stallo persistente su molte delle questioni più urgenti a livello mondiale, in particolare sul ciclo di negoziati di Doha, ma anche sulla povertà globale, i cambiamenti climatici e il rischio di pandemie. Inoltre, le istituzioni mondiali sono diventate non rappresentative di fronte al cambiamento del bilanciamento globale degli equilibri economici e politici. Quindi la loro legittimità stà soffrendo malamente, e vi è ancora uno stallo nella riforma delle singole organizzazioni internazionali.
Insieme, questi tre fattori hanno fatto i principi del Vecchio Ordine irrilevanti e spingono fortemente nella direzione di un Nuovo Ordine. Essi rappresentano la nuova realtà per i governi, i cittadini e le istituzioni internazionali e li costringono ad adottare i nuovi principi e la riforma delle istituzioni esistenti.
Mentre questi fattori sono forti e la nuova realtà globale è apparentemente inattaccabile, il cambiamento non è inevitabile. Le vecchie abitudini sono dure a morire. Negli Stati Uniti, le tradizioni di autonomia e di "eccezionalità" continuano a formare opinioni americane del resto del mondo. Allo stesso tempo, la diffusa credenza nelle virtù del mercato libero e tasse basse, l'influenza del protezionismo degli interessi particolari  (agricoltura, lavoro, vecchia industria, banche) e il frazionamento prevalente del processo decisionale politico potrebbero minare gli sforzi del Presidente Obama nello spostarsi verso un nuovo paradigma globale. Ad aggravare la trincea del vecchio ordine, nuove nazioni che stanno ancora riprendendosi da secoli di colonialismo - di fronte l'instabilità economica e politica e desiderose di mettersi al passo con i paesi industriale di successo - vengono attirate verso un forte stato nazionale sovrano, libero controllo sulle loro frontiere e i loro cittadini, e un approccio di confronto per la politica estera. Anche la volontà molto ammirata degli europei a rinunciare alla sovranità a favore di istituzioni sovranazionali ha i suoi limiti, soprattutto quando si tratta di dare le loro le prerogative di domino agli organi direttivi delle istituzioni finanziarie internazionali e di altri forum a livello mondiale.
Leadership, convinzione e tenacia saranno necessarie tra molti attori sulla scena globale per garantire che ci sia un progresso verso una riforma efficace delle istituzioni a livello mondiale. Questo potenziale di cambiamento è esemplificato dalla recente comparsa del G-20 come un veicolo per la governance globale.

Il vertice del G-20 Origini, Opzioni e Ostacoli

Origini. Il G-20 ha le sue origini alle riunioni annuali del G7, i leader di un gruppo di sette maggiori paesi industriali occidentali che si riunivano ogni anno a partire dal 1970, inizialmente per migliorare il coordinamento della politica economica e finanziaria in reazione ad un importante crisi finanziaria. Dopo la disgregazione dell'Unione Sovietica, è stato formato il G8  con l'aggiunta della Federazione Russa. Il G8 si è sempre più preoccupato dei problemi globali economici e politici in effetti assumendo il ruolo di un gruppo globale di governo. Ma sul suo ruolo ha cominciato a montare una critica diffusa. I vertici del G8 sono stati visti come ritualistici nel processo, inefficaci in termini di impatto e sempre più non-rappresentativi nei confronti della popolazione globale e dei cambiamenti economici, e quindi privi di legittimità come gruppo globale di governo. L'inizio della crisi finanziaria globale a metà del 2008 ha spinto il presidente George W. Bush alla convocazione del vertice G-20 il 15 novembre 2008.
Il livello ministeriale del G-20 è stato creato in seguito alla crisi finanziaria del 1997-98 in East Asia. Convocando i rappresentanti di 10 paesi industrializzati e di 10 economie di mercato emergenti, il G-20 ha rappresentato un gruppo molto più diverso geograficamente e culturalmente rispetto al G8. Con circa il 90 per cento dell'economia mondiale e due terzi della popolazione mondiale, il G-20 è anche molto più rappresentativo del G8. Le economie di mercato emergenti si sono impegnate nella gestione dei verbali delle riunioni dei ministri delle finanze del G-20 e dei governatori delle banche centrali. Non c'è quindi da sorprendersi che vi era stata una persistente domanda da parte di alcuni esperti e politici per l'uso del G-20 come piattaforma per sostituire il G8. Mentre lo spostamento dal G8 a G-20 non potrebbe creare un gruppo di governo ottimale a livello mondiale, si tratta di un passo pragmatico ed efficace, soprattutto in risposta alla crisi.
Opzioni. Il G-20 sarà un esperimento di breve durata o intende rivelarsi un efficace strumento di governance globale? Diverse opzioni sono oggetto di dibattito tra gli esperti e gli operatori del settore. Una possibilità è quella di tornare al vertice del G8, come quello che l'Italia ha ospitato nel 2009 e il Canada pianifica di ospitare nel 2010. Si teme che il formato G-20 sia troppo pesante per uno scambio efficace tra i soggetti principali. Quindi, ci saranno continui dibattiti sulla riduzione delle dimensioni del vertice a qualcosa che vada da i tredici ai sedici membri, come risulta dalla recente proposta del presidente francese, Nicolas Sarkozy, di creare un G14. Tuttavia, ci sono pressioni per espandere il numero dei partecipanti ad altri paesi e per ampliare la rappresentanza regionale. Poi ci sono proposte per sviluppare un approccio basato sulla circoscrizione di appartenenza, con la partecipazione universale, come nel caso delle istituzioni finanziarie internazionali. Inoltre, il cancelliere tedesco Angela Merkel e una Commissione delle Nazioni Unite presieduta dal premio Nobel Joseph Stiglitz propongono di istituire un Consiglio di sicurezza economica alle Nazioni Unite.
Nessuna di queste opzioni è probabile che si materializzi in un prossimo futuro. Invece ci sono due risultati probabili: Il primo è la continuazione del G-20 con un mandato in progressiva espansione al di là della crisi attuale. Affinchè questo abbia successo, è fondamentale che il formato G-20 dimostri la sua efficacia nei prossimi mesi e anni. Questo risultato ha tre requisiti: che il numero dei partecipanti non si espanda, che i partecipanti si concentrino su un numero limitato di elementi di azione, e che sia stabilito un piccolo ma efficace segretariato per sostenere e monitorare il G-20 con logistica e competenze tecniche.
L'alternativa più probabile al G-20 è quella che viene spesso definita come "geometria variabile". In questo scenario, leader mondiali selezionati converranno su argomenti specifici in costellazioni variabili, con la partecipazione degli attori più importanti decisi separatamente per ogni argomento. Ad esempio, il G-20 potrebbe continuare a rispondere su questioni finanziarie ed economiche globali  per qualche tempo a venire, mentre diversi gruppi si riuniranno per l'azione sul cambiamento del clima, la proliferazione nucleare o altri argomenti. Il sostegno a questo piano sembra emergere dalla amministrazione Obama. Essa ha co-convocato il vertice sul cambiamento climatico nella parte finale del Summit
del G8 del 2009, che ospita il vertice economico del G-20 nel settembre 2009 a Pittsburgh e ha chiesto un vertice sulla non proliferazione nucleare nella primavera del 2010. La sfida per i vertici a "geometria variabile" è il continuo variare il numero e la composizione dei partecipanti, la difficoltà di organizzazione sistematica e di follow-up e dibattiti continui su chi dovrebbe convocare i vertici, quando e con quale partecipazione.

Ostacoli. Come guardiamo avanti, vediamo una serie di sfide per l'evoluzione dei vertici globali al di là del G8, sia verso un efficace G-20 o una qualche alternativa, in particolare i vertici a geometria variabile. Queste sfide provengono dagli interessi divergenti di quattro gruppi di soggetti: gli Stati Uniti, l'Europa, le nuove potenze emergenti e il resto del mondo.



Per il prossimo futuro, è necessaria la leadership statunitense attiva per superare l'inerzia e i problemi di azione collettiva per affrontare le sfide globali e rompere lo stallo nella riforma della governance globale. L'amministrazione Obama sembra sostenere con forza un cambiamento di paradigma verso un nuovo ordine mondiale, ma finora non ha annunciato la sua posizione sulle modalità del vertice.
L'Europa è un giocatore chiave e si è dimostrata uno dei principali ostacoli alla riforma della governance globale, in quanto continua a reclamare troppe sedie al G-20 (e in altre sedi e istituzioni globali) per il suo peso economico e demografico. In effetti, gli europei possono sia conservare la loro sovra-rappresentazione, che dà loro una voce frammentata e indebolisce la loro influenza, mentre indebolisce anche le istituzioni a livello mondiale, oppure possono unire i loro voti, le sedie e la voce per un maggiore impatto e garantire la più efficace delle organizzazioni internazionali. Purtroppo, l'attuale situazione di stallo sulla riforma di governance interna dell'Unione europea blocca ogni nuovo approccio europeo per la riforma della governance globale.
Le nuove potenze emergenti, soprattutto Cina, India e Brasile, dovranno affrontare la sfida di andare oltre il loro tradizionale ruolo di "esclusi" e "rappresentanti del sud." Hanno bisogno di accettare la corresponsabilità per risolvere i problemi mondiali e la creazione di efficaci istituzioni di governance globale. Avranno l'obbligo di guardare al di là delle coalizioni Sud-Sud su specifici-problemi verso coalizioni Nord-Sud, dove è sia nel loro interesse che in quello globale (ad esempio, la spinta per la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, per l'UE per il suo consolidamento, per il completamento del ciclo di Doha , ecc.). Ci sono segni di speranza che questo stia cominciando ad accadere. La leadership della Corea del Sud per il G-20 del prossimo anno rappresenta un test critico per vedere se i nuovi poteri sono pronti a partecipare e condurre un forum G-20 a livello dei leader, e non solo ministeriali.
Infine, vi è la sfida di come includere il "esclusi". Il G-20 è molto più inclusivo del G8, ma si lascia ancora fuori una maggioranza di paesi con un terzo della popolazione mondiale. Opzioni per associare il resto del mondo con il vertice comprendono una sensibilizzazione
ad hoc (come il G8 ha fatto), ampliando la rappresentanza regionale (come già praticata con l'UE), introducendo un approccio elettorale (come per le istituzioni finanziarie internazionali) e la ricerca di un maggiore allineamento con le Nazioni Unite (magari attraverso un Consiglio di sicurezza economico). Con l'eccezione dei primi due che rischiano di ampliare ulteriormente il numero dei partecipanti al vertici G-20 nessuna delle altre opzioni potrebbe materializzarsi presto. Tuttavia, i leader G-20 dovranno essere sensibili alle esigenze del "esclusi" e garantire che gli interessi dei paesi più poveri non siano trascurati.

Conclusione

Grandi cambiamenti nel bilanciamento dell'equilibrio economico e politico tra paesi, minacce globali e un sistema antiquato governance globale si confrontano con la comunità mondiale di oggi. Con la crisi economica come fattore immediato e un nuovo presidente degli Stati Uniti, il format del vertice G-20 ha il potenziale per fare un vero e proprio cambiamento nell'ordine economico mondiale in cui una nuova serie di valori stanno alla base del modo in cui i paesi e le persone cooperano a livello transfrontaliero. Nella misura in cui il presidente Obama ha articolato la sua visione di ordine globale e il ruolo dell'America in esso, crediamo che sia nella direzione che sottolinea gli interessi comuni in una società globale, la necessità di un'azione multilaterale e la comprensione per approcci alternativi allo sviluppo economico e politico. Questo è molto promettente. L'efficacia del G-20 nell'affrontare la crisi economica mondiale potrebbe gettare le basi per un nuovo ordine globale e fornire l'impulso per le molte altre necessarie riforme della governance globale.
Tuttavia, Europa, Cina e India sono anche fondamentali per il progresso. Inoltre, se il Presidente Obama crede che falliscano il test di competenza in casa o una scossa importante colpisce gli Stati Uniti, un rovesciamento è possibile negli Stati Uniti. In ogni caso, significativi cambiamenti nella governance globale avranno il tempo di traspirare. Si può ben vedere un lungo periodo di transizione, con solo un graduale miglioramento nelle istituzioni attuali. Nel frattempo, le pressioni per un maggiore regionalismo, accordi bilaterali tra i grandi giocatori, competizione geopolitica tra blocchi di potere e crescente instabilità e minacce da parte degli "esclusi", metteranno a repentaglio la cooperazione internazionale e l'idea di un ordine mondiale.
Il
vertice G-20 rappresenta una grande opportunità per i leader mondiali per cominciare a mettere in atto i principi di un nuovo ordine mondiale. Esso permetterà loro di affrontare l'immediata crisi finanziaria ed economica globale in uno spirito di collaborazione. E, a tempo debito il G-20 può anche fungere da piattaforma per affrontare altre pressanti questioni globali, compreso il commercio, il cambiamento climatico, la sicurezza energetica e alimentare, e la riforma delle istituzioni globali. Per raggiungere un tale risultato, il presidente Obama e gli altri leader mondiali devono dimostrare una chiara visione e una leadership forte al vertice G-20 a Pittsburgh e oltre.
Sempre la solita retorica di crisi economiche globali (create artificiosamente) e sfide globali  ai quali va data una risposta globale.
Ma quando è nato l'amore del Brookings verso i vertici del G20? Torniamo un attimo indietro. Il Brookings afferma:
"Abbiamo sostenuto in due precedenti mandati di politica Brookings (BPB # 131, aprile 2004, BPB e # 152, aprile 2006) che il Vertice del G8 ha fatto il suo tempo come Forum di consultazione a livello mondiale e di gruppo direttivo.."
Dal loro sito leggiamo in un articolo dell'Aprile 2006 intitolato Pragmatic Reform of Global Governance: Creating an L20 Summit Forum:
"  Ci sono state molte proposte di riforma per affrontare le carenze nella governance globale. Queste includono idee per migliorare il processo decisionale delle Nazioni Unite, per esempio, attraverso la creazione di un Socio-Economic-Environmental Security Council che dovrebbe fornire orientamenti per lo sviluppo socio-economico ed ambientale globale. Altri hanno spinto per le riforme delle IFI (istituzioni finanziarie internazionali), compresa una proposta per aggiornare i propri organi direttivi a livello di vertice del forum. C'è stata anche una discussione intorno a diverse idee di riforma dei vertici del G8 per farne un meccanismo più efficace di governo globale. Dalla nostra prospettiva, in vista della track record dei falliti sforzi di riforma le Nazioni Unite e delle istituzioni finanziarie, l'ultima via di riforma del G8 rappresenta la migliore opportunità in un prossimo futuro per portare avanti la riforma della governance globale in modo pragmatico e significativo e, in effetti, come un primo passo importante verso la riforma delle altre istituzioni globali".
L'articolo proponeva la creazione di un Forum L20-G20 in alternativa al G8:
"  Ci sono molte buone ragioni per la costituzione di un forum di vertice L20. In primo luogo, vi è la necessità di un efficace, rappresentativo e legittimo processo di controllo a livello mondiale per affrontare le sfide globali. L' L20, sebbene in nessun modo perfetto, va verso un lungo cammino con l'obiettivo di inclusione e di ampia rappresentatività. In secondo luogo, l' L20 avrebbe portato le principali economie di mercato emergenti "dentro la tenda" in modo che siano incoraggiate a contribuire in modo costruttivo alla soluzione dei problemi globali e a condividere gli oneri delle numerose sfide globali che i vecchi paesi industrializzati non possono più pensare di risolvere in proprio. In terzo luogo, sfide globali sempre più trasversali alle singole agenzie e forum settoriali; quindi una visione integrata è necessaria a livello di capi che attraversi le linee ministeriali, settoriali, e di agenzia.  In quarto luogo, le riforme di altre istituzioni globali sono importanti, ma non sono suscettibili di progredire rapidamente (Nazioni Unite, istituzioni finanziarie internazionali, ecc.); E, infine, l' F20 (G20) esiste già a livello ministeriale, ma con una prospettiva ristretta alla finanza; un L20 può essere creato dal semplice invito, senza complesse azioni legali e senza aprire il vaso di Pandora di decidere chi è dentro e chi è fuori del gruppo. L' L20, una volta stabilito, potrebbe essere un forum efficace per portare avanti la riforma in altre istituzioni a livello mondiale."
In un successivo articolo del Dicembre del 2008 intitolato Global Governance Breakthrough: The G20 Summit and the Future Agenda si plaude al nuovo G20:
"  Su invito del presidente George W. Bush, i leader del G20 si sono riuniti il 15 novembre 2008, a Washington, DC, in risposta alla crisi finanziaria ed economica in tutto il mondo. Con questo incontro al vertice la realtà della governance globale si è spostata con rapidità sorprendente. In precedenza, i principali problemi economici globali, sociali e ambientali sono stati discussi nella piccola, sempre più non-rappresentativa e spesso inefficace cerchia dei leader del G8. Ora, vi è un più grande gruppo di vertice molto più legittimo che può parlare per più di due terzi della popolazione mondiale e controlla il 90% dell'economia mondiale.
Il successo del primo vertice del G20 offre una piattaforma su cui il Presidente eletto Obama può costruire un approccio inclusivo e di cooperazione per risolvere l'attuale crisi finanziaria ed economica. Piuttosto che impantanarsi in un dibattito su quale paese è dentro e quale paese è fuori del vertice, la nuova amministrazione americana dovrebbe assumere un ruolo guida per l'accettazione del nuovo quadro di vertice, per ora, e concentrarsi sulle questioni di fondo. Oltre ad affrontare la crisi attuale, i futuri vertici G20 dovrebbero anche guidare la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali e ìndirizzare altri grandi problemi globali - il cambiamento climatico, la povertà, la sanità e l'energia tra gli altri. Con l'adesione di diversi e rappresentativi paesi-chiave e con un processo ben gestito di preparazione del vertice e di follow-up, la nuova struttura di governance G20 dovrebbe consentire una più inclusiva deliberazione e risposte più efficaci alle complesse sfide globali e alle opportunità di oggi."

La proposta del Brookings Institute di istituire un G20 come via per arrivare ad una Governance Globale è un esempio della potenza del think tank messa in pratica.
Emilio Colombo, già incontrato nel World Political Forum, a proposito del G20 afferma in un suo articolo datato giovedì 20 novembre 2008, che il G20 non è sufficiente e propone quello che anche il Brookings Insitute vede tra gli obiettivi finali, ossia "i futuri vertici G20 dovrebbero anche guidare la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali". Secondo Colombo  Tra le istituzioni esistenti due sembrano i candidati “naturali”: il Financial Stability Forum (FSF) da una parte e il Fondo Monetario Internazionale dall’altra. In un articolo del Brookings Insitute dell' Ottobre 2007 dal titolo Riforma della governance globale: Priorità d'azione leggiamo quali sono gli obiettivi ultimi della riforma della governance globale:
"....A fronte di questi cambiamenti, le istituzioni globali non stanno funzionando bene sia individualmente che come gruppo. Le Nazioni Unite e le agenzie specializzate delle Nazioni Unite, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca mondiale e le banche di sviluppo regionali, la World Trade Organization, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, e il vertice del G8 - per citare solo le più evidenti tra le istituzioni globali - sono a vari gradi frammentate, non rappresentative e inefficaci, e, in generale soffrono di un calo erosivo nella loro legittimità. Esse sono sempre più fragili e incapaci di affrontare le sfide globali del 21° secolo. La loro legittimità è ulteriormente compromessa da due fattori: in primo luogo, l'inazione che affligge molti principali problemi globali, tra cui la fase di stallo dei negoziati commerciali nell'ambito del Doha Round, persistenti squilibri finanziari globali, il riscaldamento globale, e conflitti mortali. In secondo luogo, vi è una situazione di stallo sulla riforma nella maggior parte delle istituzioni globali, nonostante ripetute iniziative per la loro ristrutturazione. Di conseguenza, ciò che abbiamo oggi è un sistema internazionale composto da una serie di istituzioni internazionali che adempiono a mandati discreti. Ciò che occorre è un orientamento strategico, una visione e una leadership per le riforme istituzionali e di vertice, identificando qui, nel loro insieme, questi fattori in grado di creare un sistema di governance globale capace di raggiungere l'obiettivo, la coerenza e il coordinamento necessario per rispondere alle sfide globali.
Guardando avanti sarà fondamentale che le riforme delle istituzioni globali rompano questa situazione di stallo. Questa breve politica riassume le prospettive attuali e le priorità per la riforma in un certo numero di importanti istituzioni mondiali. Ci concentriamo sul Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, le Nazioni Unite, e il vertice del G8. Altre importanti sfide a livello
istituzionale mondiale potrebbero e dovrebbero essere affrontate. Ma queste istituzioni sono al centro del sistema internazionale.

Gli obiettivi e le prospettive di riforma della governance globale

La creazione di legittime istituzioni a livello mondiale coinvolge obiettivi molteplici: in primo luogo, le istituzioni devono essere rappresentative, nel senso che devono dare un ruolo adeguato ai principali paesi del globo. Allo stesso tempo, esse dovrebbero dare ai paesi più piccoli una voce efficace, in modo da fornire loro adeguata protezione per i loro interessi ed evitare che essi vadano fuori dal sistema di governance globale diventando "spoiler" o "stati canaglia". In secondo luogo, le istituzioni devono essere efficaci, vale a dire, mostrare dei risultati nei loro compiti di mandato, essere rispondenti alle mutevoli esigenze globali, e agire in modo trasparente e responsabile. In terzo luogo, collettivamente, le istituzioni internazionali devono servire come un efficace sistema di governance globale, vale a dire, agire in modo cooperativo e costantemente oltre i confini istituzionali e nello spirito della sussidiarietà (assumendo come funzioni globali solo quelle che veramente hanno bisogno di un'azione globale, vale a dire, non possono essere gestite a livello nazionale o regionale). Infine, le istituzioni internazionali dovrebbero offrire opportunità per i leader nazionali e internazionali di stringere coalizioni d'azione e di riforma, che richiedono l'impegno degli attori chiave - in particolare capi di stato - a lavorare insieme per affrontare le questioni generali globali del giorno.
Naturalmente, riunire questi obiettivi non sarà facile. Quindi, non c'è da meravigliarsi che le iniziative di riforma delle istituzioni internazionali siano state difficili da mettere in atto. Tuttavia, alcuni movimenti recenti, anche se piccoli e in fase di arresto, danno qualche speranza che le modifiche più significative potrebbero essere possibili. Una questione fondamentale è se l'energia che sembra essere stata iniettata nel recente processo di riforma della governance globale sarà mantenuta e accelerata, come se fosse una questione di progresso graduale e deliberato, o se cadrà preda alle forze di stallo - una situazione di stallo che potrebbe forse essere rotta solo da una grave crisi del mondo. E 'stata, dopo tutto, la crisi della seconda guerra mondiale, in parte, un risultato del fallimento della governance globale dopo la prima guerra mondiale, che ha portato alla creazione della struttura attuale, che è ormai sclerotizzata dopo 60 anni di esistenza. Una riforma graduale per affrontare le sfide più urgenti a livello mondiale è di gran lunga preferibile che agire in risposta alla crisi. Abbiamo quindi riassumiamo qui di seguito quello che noi vediamo come un'ambiziosa, ma realistica agenda per la riforma del FMI, della Banca mondiale, delle Nazioni Unite e del G8.

Riforma del FMI - incerto progresso

Dopo il 1997/8 con la crisi finanziaria dell'Asia dell'est, sono stati compiuti
sostanziali progressi nella creazione di una politica sana macro finanziaria in tutto il mondo (con l'eccezione del grave squilibrio tra il disavanzo corrente degli Stati Uniti e le eccedenze in Asia orientale). Di conseguenza, la necessità di finanziamento del FMI si è drammaticamente ridotta, per ora. Tuttavia, come i disturbi nei mercati finanziari globali durante l'estate del 2007 hanno messo in chiaro, la necessità di una macro sorveglianza del Fondo Monetario Internazionale, di una consulenza nel settore finanziario, e un stand-by della capacità di finanziamento rimangono. Purtroppo, il Fondo monetario internazionale soffre di un deficit di legittimità a causa di una obsoleta distribuzione delle quote di proprietà e di voti - che dà troppo poco spazio alle economie emergenti in rapida crescita, soprattutto in Asia - un processo di selezione restrittivo di leadership, e una via insostenibile di finanziamento per le sue operazioni.
Presso l'incontro annuale del FMI / Banca Mondiale a Singapore nel settembre 2006 sono stati fatti alcuni progressi iniziali  nell'ambito del riequilibrio delle azioni e dei voti, dando piccoli incrementi a Cina, Corea, Messico e Turchia. Ora la sfida è quella di assicurarsi che il processo continui con un serio riequilibrio supplementare di azioni e di voti. Ciò dovrebbe includere il restauro dei cosiddetti "voti di base" per i piccoli paesi, la fornitura di un piano di protezione minima al di sotto delle quote e dei voti che ciascun piccolo paese può tenere. Sono anche sotto esame il rafforzamento della base finanziaria e le funzioni di sorveglianza per il FMI. L'incontro annuale del FMI/Banca Mondiale nell'ottobre del 2007 mostrerà se è probabile un processo lungo queste linee.
In aggiunta a questi passi importanti e urgenti, anche altri sono necessari se davvero il FMI vuole riformare se stesso. Una selezione
non ristretta e basata sul merito del Managing Director, un maggiore impegno per i suoi mandati core, e un ridotto numero di posti di dirigenza nel sul suo Comitato esecutivo, sono mezzi importanti per rafforzare l'efficacia del Fondo monetario internazionale e rafforzare la sua legittimità al di là del riequilibrio delle sue azioni e dei voti.
Tali riforme significano che alcuni paesi membri dell'FMI, soprattutto i cittadini europei come gruppo, vedranno la loro ridotta influenza, la quale è ora sovrastimata e di lunga permanenza. Una questione chiave è come aiutare questi paesi ad accettare questa riduzione. Un modo potrebbe essere quello di combinare la riforma con un forte aumento delle quote del FMI in modo che nessun paese perda il numero assoluto di azioni. Questo è, in ogni caso, giustificato in vista di eventuali necessità di finanziamenti, nel caso eruttasse una nuova crisi finanziaria globale. Al di là di questo, tuttavia, in considerazione della notevole perdita di voce europea in seno al FMI, abbiamo sostenuto un "grande affare". Ciò comporterebbe, da un lato, che gli Stati Uniti rinuncino al loro diritto di veto presso il FMI e la Banca mondiale, in cambio della rinuncia degli europei ad azioni, voti, e sedie. In secondo luogo, gli Stati Uniti avrebbero rinunciato alla loro prerogativa di nominare il presidente della Banca mondiale, in combinazione con gli europei che precedono in tale diritto presso il FMI. Cambiamenti paralleli potrebbero essere effettuati presso le banche di sviluppo regionali (il che significherebbe concessioni da parte di altri paesi, compreso il Giappone). Infine, sarebbe utile rompere il tradizionale parallelismo nall'assegnazione delle parti nel FMI e nella Banca mondiale, dal momento che, come discusso più avanti, ci sono buone ragioni per far si che i donatori europei (insieme ad altri grandi paesi donatori) mantengano una voce più forte nella Banca rispetto al FMI.

La riforma della Banca mondiale - una possibile risposta ad una crisi di legittimità e di leadership

La lunga discussione sul ruolo della Banca mondiale fu ripresa nel 2007 durante la crisi di leadership sotto il suo ex presidente, Paul Wolfowitz. Il ruolo di leadership tradizionale della Banca Mondiale negli aiuti allo sviluppo a livello mondiale è stato eroso per molte ragioni. Come con l'FMI, la sua legittimità è stata compromessa da una distribuzione obsoleta di parti, voti e sedie, e con la prerogativa degli Stati Uniti di nomina del Presidente della Banca. L'importanza della Banca è stata anche minacciata dal calo della domanda di prestiti da parte dei paesi in via di sviluppo a reddito medio, da una maggiore concorrenza da parte di molti nuovi istituti per gli aiuti per i paesi più poveri, e dall'aumento delle fonti concorrenti di conoscenza sullo sviluppo e di consulenza. Inoltre, la supposta mancanza di messa a fuoco della Banca, il suo profondo, e provato impatto sullo sviluppo è stato ampiamente criticato.
Tuttavia, ci sono molte ragioni per le quali la Banca mondiale dovrebbe continuare a funzionare come un finanziere e un consulente per lo sviluppo globale. La ragione prima e più ovvia è che i problemi di sviluppo e le sfide globali sulle questioni economiche, sociali e ambientali sono sempre più pressanti. In secondo luogo, non vi è altra istituzione internazionale che unisce le caratteristiche distintive della Banca mondiale che la rendono uno strumento unico adatto alle le sfide globali di oggi. La sua appartenenza universale, la sua comprensiva e multi-settoriale focalizzazione, la sua esperienza con un'ampia serie di strumenti di finanziamento, e la sua elevata capacità tecnica e professionale nelle arene di analisi e di consulenza sono ineguagliate da qualsiasi altra istituzione sul globo.
Naturalmente, la Banca mondiale ha bisogno di usare queste capacità in modo efficace. Ciò richiede una riforma. In primo luogo, la Banca ha bisogno di una selezione non-ristretta del suo presidente basata sul merito. E 'anche opportuno dare maggiore voce e voti ai paesi riceventi e ai nuovi paesi donatori,  mantenendo allo stesso tempo un ruolo di guida per i principali donatori. Ciò potrebbe essere realizzato lavorando sul fatto che la BIRS (Banca di prestito commerciale per i paesi a medio reddito) e l'IDA (il suo prestito a tasso agevolato e  finestra di sovvenzione per i paesi poveri) hanno già parti, voti, e tavole legalmente separate. Per il futuro, IBRD dovrebbe seguire ampiamente la riforma del FMI, mentre IDA dovrebbe introdurre un doppio sistema di voto a maggioranza che dà al più piccolo dei paesi debitori una voce più forte e, al tempo stesso, offrire ai paesi donatori (in particolare i generosi paesi europei) un veto su quante risorse IDA sono utilizzate.
In secondo luogo, la pertinenza e l'efficacia della Banca potrebbe essere migliorata in vari modi. Per i paesi a medio reddito essa dovrebbe semplificare i suoi strumenti di credito, fornire un più facile accesso alle entità sub-governative nazionali, e offrire prestiti in valuta locale (per evitare che il rischio di valuta indebiti i mutuatari che non riescono facilmente coprire tali rischi). La Banca europea degli investimenti prevede un modello adatto a questo approccio. Per i paesi poveri, la Banca dovrebbe sollecitare i donatori a canalizzare maggiormente le loro risorse per gli aiuti tramite l'IDA. Per il sostegno dei beni pubblici globali - un ruolo fondamentale che la Banca ha bisogno di rafforzare - dovrebbe essere organizzato un nuovo "Fondo per i beni pubblici globali" per fornire un incentivo a base di finanziamenti per beni pubblici globali in tutto il mondo. La Banca potrebbe anche migliorare la propria consulenza politica collegando il suo lavoro di ricerca e di analisi più strettamente con le sue attività operative. Infine, si deve migliorare la sua efficacia operativa attraverso la focalizzazione sulle linee principali di attività; attraverso un impegno su interventi più sostenuti a lungo termine e più scalati, piuttosto che su tempi di correzioni di breve durata; e attraverso il perseguimento partnership più aggressive con gli altri donatori, compresi i nuovi donatori ufficiali, come la Cina e l'India, e i donatori privati delle fondazioni e della comunità delle ONG.

Riforma delle Nazioni Unite - speranze apassite per un nuovo inizio

Se la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali è un compito difficile, è un'inezia in confronto con la battaglia di riforma delle Nazioni Unite. Un importante sforzo per riformare il sistema delle Nazioni Unite è stato lanciato in preparazione per il Summit delle Nazioni Unite "Millennium 5" del 2005. Esso ha incluso iniziative per allargare la composizione del Consiglio di sicurezza, tramutare il fino ad allora dormiente Economic and Social Council (ECOSOC) in un efficace organismo di coordinamento di economica globale e di politica sociale, e razionalizzare le numerose frammentate agenzie delle Nazioni Unite. Purtroppo nessuno di questi importanti obiettivi è stato raggiunti al vertice.
E' stato successivamente sviluppato da un gruppo ad alto livello che ha riferito al Segretario Generale nel novembre 2006 un ordine del giorno più limitato di riforma dello sviluppo di attività umanitarie e per l'ambiente delle Nazioni Unite. Una raccomandazione che è attualmente in fase di implementazione su base pilota è il panel del concetto "One UN", che mira a riunire le varie agenzie delle Nazioni Unite attive in ogni paese al fine di meglio coordinarne le attività. Il gruppo ha inoltre raccomandato l'istituzione di un forum di leader ECOSOC, che potrebbe servire come un più ampio organismo di vertice del G8 per le consultazioni e gli accordi globali sui problemi economici e sociali. Tuttavia è per il momento poco probabile che questa o altre lontane riforme di vasta portata alle Nazioni Unite, come la riforma della composizione del Consiglio di Sicurezza, la riforma dell'ECOSOC, o una razionalizzazione del cumulo dei mandati delle agenzie delle Nazioni Unite, siano in grado di superare lo stallo politico che impedisce, purtroppo, le iniziative di riforma serie all'organismo internazionale.

Riforma del Vertice G8 - la quantità di moto è in crescita

A parte la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali e il sistema delle Nazioni Unite, vi sono molte altre importanti istituzioni e aree per la riforma della governance globale, tra i quali l'OMC e l'OMS, così come il settore ambientale e dell'energia. Ma a nostro avviso nessun altro settore è maturo per la riforma ed è importante come quello del vertice del G8. Abbiamo sostenuto in due precedenti mandati di politica Brookings (BPB # 131, aprile 2004, BPB e # 152, aprile 2006) che il Vertice del G8 ha fatto il suo tempo come Forum di consultazione a livello mondiale e di gruppo direttivo, in particolare come il focus del G8 si sia scostato sempre più dai problemi di coordinamento tra i membri del gruppo su economia mondiale e questioni politiche.
Con il cambiamento dell'equilibrio di potere demografico ed economico nel mondo è ormai palese che il G8 lascia fuori i giocatori essenziali che devono essere al tavolo se le questioni come la sicurezza globale, gli squilibri finanziari, i negoziati commerciali, l'ambiente globale, la povertà globale, il debito e gli aiuti, il Medio Oriente e l'Africa devono essere discusse e gli accordi raggiunti possano essere implementati in modo significativo. Notiamo anche l'urgenza e la crescente interconnessione delle sfide globali e lo stallo delle riforme delle principali singole istituzioni internazionali. Pertanto, la creazione di un efficace vertice mondiale è ormai fondamentale per la creazione di un sistema di governance globale che colleghi le istituzioni internazionali a vicenda e assicuri che rispondano efficacemente alle sfide interconnesse che devono affrontare. Abbiamo quindi proposto che i membri del G8 siano ampliati, forse più facilmente raccogliendo lo stesso gruppo di paesi che formano il gruppo
dei ministri delle finanze del G20.
Dal momento che abbiamo fatto queste proposte a partire dal 2004, la necessità di un esteso forum di vertice non solo è diventata più evidente; vi è ora una dinamica di cambiamento. Nel 2007, sotto la presidenza tedesca, il cosiddetto "Processo di Outreach", in base al quale capi di Stato selezionati dei paesi non-G8 sono stati invitati a partecipare ai vertici del G8 - è stato convertito in più formale "Processo di Heiligendamm", con il quale cinque paesi non-membri (Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa) saranno permanentemente connessi con il G8. Anche di nota è che i presidenti di Francia e Russia, separatamente, hanno chiesto un allargamento dei membri del G8 (seguito ai precedenti richiami da parte degli ormai fuoriusciti primi ministri canadesi e inglesi). E' anche diventato chiaro che più ampi possibili forum di leadership possono spingere efficacemente il cambiamento istituzionale in singole organizzazioni internazionali, come è il caso del G20 dei ministri delle finanze che spingono per la riforma del FMI.
Noi perciò vediamo una dinamica molto maggiore di ampliamento della composizione del G8. Esso richiederà una leadership da parte dei membri chiave del G8, in particolare dagli Stati Uniti. Purtroppo, ci sono poche speranze che l'attuale amministrazione americana affronterà questo problema. Tuttavia, ipotizzando che un nuovo presidente degli Stati Uniti abbia lo sguardo fissato alla realtà mondiali nel 2009, sarà chiaro che la riforma del G8 è nell'interesse degli Stati Uniti, in cerca di risposte alle sfide globali attraverso il più ampio partenariato globale.
Che importa se il G8 diventa un G13 (con il Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa), o se si espande a un G20 (con l'aggiunta dell'Argentina, dell'Australia, dell'Indonesia, della Corea, dell'Arabia Saudita e della Turchia) o, come alcuni hanno sostenuto, se è sostituito da vertici a "geometria variabile" . Geometria variabile significa anche diversi altri paesi al di là di un piccolo gruppo di base, con i membri supplementari a seconda della materia in esame. Per noi, questo è interessante, ma è in gran parte una questione accademica. Il problema principale è che il G8 deve essere ampliato, e qualsiasi significativa espansione (come il G13), sarebbe un notevole passo avanti rispetto alla situazione attuale. Se un'altra opzione - G20 o geometria variabile - sarà idealmente preferità, non è davvero rilevante, se l'opzione G13 è l'unica che può realmente essere attuata a breve termine.

Conclusione

Vediamo una rinnovata energia nel corso delle discussioni e anche alcuni progressi in materia di riforma della governance globale.  Se questo ritmo del cambiamento è sufficiente, o se ci vorrà una grande crisi per apportare cambiamenti fondamentali di ordine globale e a livello di governance globale, resta da vedere. Ci auguriamo che le idee specifiche che abbiamo presentato in precedenza possano contribuire ad accelerare il graduale  processo. Sappiamo dalla storia e dall'amara esperienza che le crisi globali causano devastazioni e sofferenze. La creazione di un sistema di governance globale che riflette le nuove realtà economiche e demografiche e risponda efficacemente alle nuove sfide globali del 21° secolo è urgentemente necessario per contribuire ad evitare le crisi e creare un futuro migliore.
In un articolo del 25 settembre 2009 di Affari e Finanza de La Repubblica leggiamo quali sono state le discussioni e i risultati del G20 di PITTSBURGH:
"  I leader dei G20 si impegnano a prendere le misure necessarie per garantire una crescita forte, sostenibile, equilibrata, per costruire un sistema finanziario più forte, per ridurre gli squilibri nello sviluppo e per modernizzare l'architettura della cooperazione finanziaria internazionale. Questi gli impegni di massima contenuti nel comunicato finale del summit di Pittsburgh... Il forum. Il formato del G20 viene istituzionalizzato e viene designato come il forum primario sulla cooperazione internazionale in campo economico; per quanto riguarda il G8, il suo formato ristretto non sarà archiviato e resterà l'assise dove discutere di temi politici più generali...Draghi candidato alla guida della Bce. Secondo il Wall Street Journal, "al tavolo dei negoziati di Pittsburgh, un uomo a cui guardare è Mario Draghi". In un lungo articolo dedicato al governatore della Banca d'Italia si afferma che in molti lo vedono come successore di Trichet alla Bce. Draghi, sottolinea il quotidiano finanziario, con il Financial Stability Forum "porterà le raccomandazioni sulla spinosa questione di come limitare i bonus, in modo da permettere alle banche di correre meno rischi e avere bilanci più in salute". "
Sottolineiamo il Draghi candidato alla guida della bce; ricordiamo che il presidente di Bankitalia spa Draghi è un membro del Brookings Institution. Sulle ultime notizie di Draghi presidente della bce visita i seguenti link:
Draghi parla da presidente Bce in pectore
La corsa per la presidenza della Bce Il governo: pronti a sostenere Draghi

In un articolo del Corriere del 29 settembre 2009 intitolato Con G20 nasce il nuovo ordine mondiale Ma il clima è il grande sconfitto si approfondiscono i temi trattati al vertice del settembre 2009:
PITTSBURGH - G8 addio, il vertice principale tra i grandi del pianeta diventa il G20 ma a Pittsburgh, e probabilmente anche a Copenaghen, il clima è (e sarà) il grande sconfitto. «A Copenhagen non ci aspettiamo che possa essere definito e uscir fuori un trattato, ma un accordo che potrà poi essere perfezionato nel tempo», ha detto Silvio Berlusconi. E la delusione viene espressa in modo netto dal presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, che si è detto preoccupato per la lentezza osservata nei negoziati internazionali sul clima, e per la mancanza di progressi a Pittsburgh. «Non nascondo la mia preoccupazione per i pochi progressi realizzati», ha detto Barroso.

IRAN - Chiudendo il vertice, il presidente americano Barack Obama ha detto che il mondo non era mai stato così unito nel chiedere all'Iran di tenere fede alle sue responsabilità internazionali in materia di nucleare. «Teheran ha ricevuto l'ammonimento e dovrà dire la verità sul suo programma nucleare nell'incontro del 1° ottobre a Ginevra».

G20 - Il G20 sarà quindi l'unico a occuparsi di questioni economiche mentre il G8, continuerà a riunirsi, ma si focalizzerà su altre questioni, come la sicurezza nazionale. Il G20 riunirà nel 2010 in Canada e in Corea del sud e nel 2011 in Francia. Il G8 comunque «non muore» e resterà come un luogo politico di confronto tra i Grandi. «Non credo che questa sia la fine del G8», ha detto Berlusconi, «perché mette insieme otto Paesi molto vicini da valori, tradizioni e principi, mentre nel G20 ci sono Paesi con altre tradizioni e altre origini, come la Cina. Il G8 credo che continuerà ad avere un ruolo di rilievo su temi politici, soprattutto relativi alla sicurezza. Il G20 è impostato sui problemi dell'economia». Dal G20 nasce una nuova intesa, che verrà denominata «Patto di Pittsburgh» proprio dal nome della città della Pennsylvania dove si è svolto il summit. Nel documento finale del vertice, si legge infatti che nasce il patto di Pittsburgh «per la crescita, con la creazione di un framework per lo sviluppo sostenibile. Questo patto prevede che il G20 diventi il forum dove i singoli Paesi verificano l'implementazione e l'efficacia delle misure a sostegno dell'economia».

IL NUOVO RUOLO DEL G20 - L'obiettivo di Pittsburgh è quello di creare un framework, una cornice, per un forte e sostenibile sviluppo. Un patto per una «crescita forte, sostenibile e bilanciata», che passa, in primo luogo, per la trasformazione del G20 in un forum permanente - a livello di capi di Stato e di governo - dove i Paesi verificano in maniera collettiva l'implementazione e l'efficacia delle misure di sostegno, che vengono introdotte dai singoli. Il Patto prevede una «conferma delle misure di stimolo all'economia» il cui ritiro ora «sarebbe prematuro». Niente exit strategy per il momento quindi anche se i Grandi si riservano di metterle in campo «appena il momento economico lo consentirà». Per raggiunge il risultato il percorso tracciato nel framework per la «crescita sostenibile» è, tra l'altro, quello di stimolare la domanda interna, facendola passare da pubblica a privata. E, ancora, assumere iniziative per banche e altre istituzioni finanziarie«. Al fianco del G20 verranno attribuiti più ruoli e collaborazione con il Financial Stability Board (Fsb) guidato dal governatore di Bankitalia Mario Draghi che dovrà essere allargato anche alle economie dei Paesi in via di sviluppo e emergenti. Già entro fine anno i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali dovranno avviare un processo comune e coordinato di recepimento del framework per la crescita. Riunione che potrebbe tenersi - secondo le prime indiscrezioni - il 7 e l'8 novembre in Scozia.

LE MISURE DECISE A PITTSBURGH - Ma oltre che ridefinire il nuovo ruolo del G20, nel vertice di Pittsburgh sono state prese diverse decisioni per riconfigurare l'economia mondiale sconvolta dalla crisi. Vediamo le principali.

DISOCCUPAZIONE - «In molti Paesi la disoccupazione resta inaccettabilmente alta» e le condizioni per una «ripresa della domanda privata ancora non ci sono». È quanto si legge nel comunicato finale del G20 di Pittsburgh in cui i Grandi «si impegnano a una forte risposta politica fino a quando non ci sarà una ripresa stabile. Ci muoveremo affinché quando la crescita riprenderà crescerà anche l'occupazione». Il presidente di turno del G20, il presidente Usa Barak Obama, ha invitato il suo segretario al Lavoro a organizzare entro il 2010 un meeting internazionale, insieme all'Ocse, per valutare l'evoluzione del mercato del lavoro.

PAESI EMERGENTI - Accordo del G20 per la revisione, di almeno il 5%, delle quote di partecipazione al Fondo monetario internazionale a favore delle economie emergenti. Lo ha annunciato il direttore generale dell'Fmi Dominique Strauss-Kahn. Il G20 inoltre trasferisce ai Paesi emergenti almeno il 3% del proprio diritto di voto all'interno della Banca mondiale.

CLIMA - Il G20 si è impegnato a «intensificare i nostri sforzi, in cooperazione con le altri parti, per raggiungere un accordo a Copenaghen», alla fine dell'anno, dove è in calendario il vertice sulle nuove regole contro l'effetto serra. Ma in una dichiarazione diffusa poco prima della fine del Vertice, Il G20 ha raggiunto un accordo, senza definire però una scadenza precisa, per lo smantellamento progressivo delle sovvenzioni che alcuni Paesi, come Russia e India, versano al settore delle fonti di energia fossili, aumentando l'inquinamento.

BANCHE - Le banche - indica ancora il documento - devono contribuire a stimolare la crescita nel breve periodo assicurando un regolare flusso di credito a privati e imprese mentre nel lungo periodo devono rafforzare la propria base di capitale. Nel documento i leader ribadiscono inoltre gli obiettivi di maggiore trasparenza ed eticità del comparto finanziario onde evitare gli abusi degli ultimi anni. In quest'ambito viene ritenuto opportuno che i prodotti over the counter vengano trattati in mercati regolamentati entro il 2012. Inoltre viene delegato al Financial Stability Forum, l'organo guidato da Mario Draghi, uno studio che vagli ipotesi su come garantire maggiore trasparenza nei mercati dei prodotti derivati evitando abusi e manipolazioni.

BANCHIERI - Gli stipendi dei manager saranno legati «alle performance a lungo termine». Lo confermato Obama. Non ci sarà l'imposizione di nessun tetto generalizzato sui bonus, ma le autorità dei diversi Paesi avranno il diritto di fissare limiti. È il compromesso raggiunto e annunciato dal premier britannico Gordon Brown. Secondo Brown le decisioni prese al G20 permetteranno di salvare 15 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. I Venti si sono accordati per continuare a dare una decisa risposta politica finché la ripresa non si sarà consolidata, senza ritirare troppo presto le misure di stimolo. Rivedere le politiche sui compensi dei manager è «essenziale nel nostro sforzo per aumentare la stabilità finanziaria», si legge nel comunicato finale del G20, «allineando i compensi alla creazione di valore di lungo terrmine», senza creazione di «rischi». Le linee operative sui compensi elaborate dal Financial Stability Board, presieduto da Mario Draghi, prevedono compensi per i manager delle banche variabili per una quota del 40-60%, revisione dei contratti di fine rapporto, inclusi i paracadute d'oro, bonus garantiti per non più di un anno e compensi differiti nel tempo e pagati in diverse tranche.

LOTTA ALLE SPECULAZIONI - Il G20 inoltre condivide la necessità di combattere le speculazioni ed è pronto ad agire su diversi fronti anche per evitare le manipolazioni di mercato e contenere l'eccessiva volatilità dei prezzi. Un tema, quello della lotta alle speculazioni - fortemente sostenuto dall'Italia - che il documento finale affronta in maniera trasversale. Sul fronte delle regole per la finanza in primo luogo, stabilendo - ad esempio - che i prodotti "over the counter" (sostanzialmente quelli non regolamentati nei listini di Borsa), siano trattati sul mercato entro il 2012. E affidando all'Fsb uno studio per una maggiore trasparenza dei mercati per scongiurare abusi. Occorre ricordare che la quotazione nei mercati non regolamentati detti anche « over the counter» avviene secondo il principio dell'incontro tra la domanda e l'offerta soltanto; perciò il loro valore cambia continuamente e in maniera decorrelata rispetto all'andamento delle Borse Mondiali. La lotta alla speculazione è poi anche sulle materie prime per contenere l'eccessiva volatilità dei prezzi. Sui petrolio viene affidato all'Oisco (International Organization of Securuty Commission) il compito di studiare una regolamentazione sui prodotti petroliferi «over the counter». E misure sono previste anche per il mercato dei prodotti alimentari.
In un articolo del Financial Times del 7 ottobre 2009, Gideon Rachman afferma:
"  Fin dall’inizio, l’Ue ha progredito a piccoli passi e su questioni soprattutto economiche: si tratta del cosiddetto “Metodo Monnet”. Monnet credeva che l’Europa sarebbe stata costruita tramite “la comune gestione dei problemi comuni”. È poi tanto diverso dal recente appello di Barack Obama a trovare “soluzioni globali ai problemi globali?”. Naturalmente, vi è ancora un enorme divario tra le competenze dell’Ue moderna e quelle del G20, che non dispone di un esercito di impiegati e funzionari in grado di competere coi burocrati di Bruxelles. Non vi è un’istituzione deputata a legiferare per il G20, né un tribunale che giudichi l’osservanza delle stesse da parte del gruppo. Né, infine, vi sono prospettive immediate che lascino supporre che gli Stati Uniti o la Cina – entrambi gelosi della loro sovranità – vogliano cedere qualche potere importante a un’istituzione legislativa del G20. Nondimeno, qualcosa di nuovo è nato. Per comprenderne tutte le potenzialità, vale la pena ricordare la Dichiarazione di Schuman del 1950, con la quale si dette inizio all’integrazione europea: "L’Europa non si farà di colpo, ma si edificherà per mezzo di azioni concrete, che creino dapprima una solidarietà di fatto".Il G20 ha ottenuto qualche risultato apprezzabile e un nascente senso di solidarietà tra i membri di questo nuovo, esclusivo club. Cosa accadrà adesso?"
Sia Rachman che il Brookings sono per la dittatura a piccoli passi. Se infatti un impianto totalitario viene fatto di colpo, c'è il rischio che la gente se ne accorga, se invece è fatto a piccoli passi graduali con abbinata la retorica della risposta alle crisi, allora la gente sarà ben lieta di abbracciare questo nuovo ordine.
Anche il Brookings Insitution è un credente della pseudoteoria del riscaldamento globale, con annunci del tipo "il pianeta ha ancora pochi anni davanti a sé prima che il processo di riscaldamento diventi irreversibile"; anche per il Brookings il riscaldamento globale è un'occasione ghiotta per arrivare ad una riforma governance globale. A proposito di questo riportiamo un articolo, tratto da Affari Internazionali, scritto da Federiga Bindi, il volto governativo italiano del Brookings, in quanto ella che è al contempo visiting fellow alla Brookings Institution e consigliere del Ministro degli Affari Esteri italiano Franco Frattini :

Studio sulla governance globale promosso dal Mae
Guardando oltre L'Aquila
Federiga Bindi
07/07/2009

In vista del vertice dell’Aquila il ministero degli esteri italiano ha avviato un’intensa attività di riflessione sui principali temi dell’agenda internazionale con alcuni prestigiosi think tanks americani, tra cui la Brookings Institution, il Carnegie Endowment for International Peace e Nti (Nuclear Threat Initiative). Si tratta di un approccio assai comune nei paesi anglosassoni, che il ministro degli esteri italiano ha voluto adottare anche in Italia, innovando un’impostazione troppo spesso italo-centrica dei lavori sulla global governante. In particolare, la collaborazione tra il ministero degli esteri e la Brookings Institution è culminata nel seminario The G8 and beyond: The Economic and Politics of a Global Century che ha fornito molti spunti utili alla preparazione del vertice dell’Aquila. Oltre agli aspetti legati alla crisi economica e all’urgenza – condivisa quasi unanimemente – di rilanciare i negoziati di Doha sulla liberalizzazione del commercio internazionale, particolare attenzione è stata dedicata alla lotta ai cambiamenti climatici.

Il contrasto al cambiamento climatico
A fine anno si terranno a Copenhagen i negoziati per il post-Kyoto: il pianeta ha ancora pochi anni davanti a sé prima che il processo di riscaldamento diventi irreversibile. Secondo le stime più accreditate, i finanziamenti necessari per avviare i processi di riduzione delle emissioni e di adattamento ai mutamenti ormai inevitabili (si parla di un aumento certo della temperatura del pianeta di almeno due gradi entro la metà del secolo, con forti impatti sull’ecosistema) ammontano a circa l’1% del Pil mondiale. L’esigenza di porre il tema dei cambiamenti climatici al centro del G8 dell’Aquila e del G20 di Pittsburgh è stata dunque riconosciuta come molto urgente. Nel seminario promosso dal Mae è emersa la proposta di predisporre una sorta di “Piano Marshall” per le energie rinnovabili, con una messa in comune di mezzi e risorse per accelerare la ricerca - ad esempio per risolvere il nodo dello stoccaggio dell’energia - tramite la predisposizione di incentivi fiscali (e non solo) per incoraggiare il risparmio energetico e l’utilizzo di energie rinnovabili anche a livello domestico. Si è insistito, infine, sulle potenzialità di progetti quali la Sun Belt in Medio Oriente.

La sfida al cambiamento climatico è particolarmente rilevante per il futuro dell’amministrazione americana. Il Protocollo di Kyoto non è mai stato ratificato dagli Usa e anche le nuove proposte avanzate dall’amministrazione potranno scontrarsi con resistenze interne. Il 28 giugno scorso il Congresso Usa ha approvato l’American Clean Energy and Security Act. Sulla scia della direttiva europea 20-20-20, la nuova legge prevede che entro il 2020 il 20% dell’energia provenga da fonti rinnovabili e che entro lo stesso anno le emissioni di CO2 vengano ridotte del 17% (dell’80% entro il 2050). La partecipazione compatta dei democratici e il voto positivo di otto repubblicani lascia ben sperare. Tuttavia, per la ratifica dei trattati internazionali né il Congresso né il Presidente sono sufficienti: servono infatti 70 voti su 100 in Senato e, a quanto pare tali numeri potrebbero non esserci (per ora i Senatori democratici sono 59). Cosa farà dunque il presidente americano a L’Aquila? Si impegnerà nella speranza di convincere in seconda istanza il Senato o, al contrario, cercherà di abbassare la barra al minimo comun denominatore per non creare nuove frizioni domestiche?

Quale riforma della governance globale
Il cambiamento climatico serve anche da eccellente introduzione per un altro tema assai dibattuto nel seminario di Roma: quello del futuro della governance globale – o meglio del formato “migliore” per realizzarla. Il delicato equilibrio è sempre quello tra inclusività e rappresentatività da un lato ed efficienza ed efficacia dall’altro. Il gruppo ha proposto un sistema a “geometria variabile”, con il G8 (o il G13) quale nucleo centrale e formati diversi a seconda dell’argomento in agenda. In sostanza, si è dunque sostenuto che l’approccio tematico proposto dalla presidenza italiana - è l'argomento in agenda a decidere il formato non viceversa - sembra essere il più pragmatico ed efficace.

Ma, si è sottolineato – e qui il collegamento con il cambiamento climatico – non è questione solo di avere un posto a tavola. Le economie emergenti dovranno anche assumersi impegni concreti: la riduzione delle emissioni CO2 ne è un esempio eccellente. In altre parole, c’è un prezzo da pagare per diventare membri a pieno titolo della governance globale e sta innanzitutto ai G5 decidere se vogliono pagarlo o meno.

Infine, è auspicabile che i vertici tornino ad essere quello che erano in origine: fori piuttosto informali dove discutere liberamente, lanciare idee innovative, risolvere problemi politici altrimenti di difficile risoluzione. Non devono discutere dettagli tecnici, né tanto meno coltivare la tentazione di sostituirsi alle istituzioni internazionali esistenti, certamente in parte da riformare, ma non da accantonare. Le stesse organizzazioni internazionali, del resto, potrebbero contribuire all’efficacia dei G8, ad esempio fornendo un piccolo segretariato permanente per la preparazione e gestione dei vertici.

Le tematiche globali riguardano il futuro del mondo, e dunque di tutti i cittadini. È necessario perciò che i leader nazionali si sforzino anche di definire un’agenda domestica coerente con gli impegni globali. Ciò può essere a volte impopolare nell'immediato, ma nel più lungo temine aiuterebbe a ridurre il crescente gap tra leader politici e cittadini, contrastando le derive nazionaliste e populistiche che frenano la cooperazione internazionale.

Federiga Bindi è visiting fellow alla Brookings Institution e consigliere del Ministro degli Affari Esteri, Franco Frattini.