Antonveneta, ecco l'operazione che ha distrutto Montepaschi
Mussari diventa presidente Abi: con quali criteri si scelgono gli amministratori? - di Paolo Mondani e Milena Gabanelli
Corriere della Sera
MILANO - Allora la banca fa la banca, raccoglie i fondi sul territorio,
eroga il credito, fa investimenti, specula, e una parte degli utili li
dà fondazione, che per legge li deve spendere proprio su quel territorio
in opere sociali e culturali. La sua è una funzione di sussidiarietà,
non può mettersi a sponsorizzare attività improbabili o a fare finanza. A
Siena, la fondazione, caso unico in Italia, controlla anche la banca.
Cosa vuol dire questo? Che quando nel 2007 Montepaschi, mentre il mondo
sta cominciando a crollare, decide di acquistare a 10 quel che fino a
due mesi prima valeva 6, e i soldi non ce li ha, chiede alla fondazione
di intervenire e prosciugarsi. Da ricordare che nessuna banca voleva
comprare Antonveneta a quel prezzo, e nessuna banca fa questo tipo di
operazioni per cassa. Oggi, tra l’altro, Antonveneta vale molto meno di
quel che valeva ancora prima di essere acquistata. Morale: questa
operazione ha distrutto il patrimonio della banca e della fondazione.
Non si può dire che sia stata una operazione eccellente. E come spesso
avviene in Italia il non eccellere non è una discriminante. Mussari da
presidente della banca diventa anche presidente dell’Abi. Ci si chiede:
ma con quali criteri vengono scelti gli amministratori? Secondo il capo
delle fondazioni bancarie italiane Giuseppe Guzzetti, il presidente
della fondazione Montepaschi, Mancini essendo stato un impiegato
dell’asl, ha le competenze necessarie perché la fondazione si occupa
anche del settore sanitario. Ci consentirà sicuramente di esprimere una
opinione personale: secondo noi il curriculum che è stato determinante
per entrambi per i loro incarichi è stata l’appartenenza alla DC.
9 maggio 2012
(modifica il 18 ottobre 2012)
di Paolo Mondani e Milena GabanelliGli incontri allo Ior e quel conto coperto all'istituto vaticano
Un testimone racconta che è allo Ior che si sarebbero svolte «importanti e delicate riunioni per la costruzione dell'operazione Antonveneta» - Paolo Mondani
Il testimone lavora in Vaticano e tutti i
giorni, confuso tra migliaia di turisti, percorre le strade che
giungono a Porta Sant'Anna. Varcato l'ingresso, il Torrione San
Pio V è cinquanta metri sulla sinistra, pochi scalini per imboccare il
portoncino, si sale all'ultimo piano, un'immensa sala circolare: ecco lo
Ior.
Secondo il suo racconto è lì che si
sarebbero svolte «importanti e delicate riunioni per la costruzione
dell'operazione Antonveneta», tra il direttore Paolo Cipriani,
Monsignor Piero Pioppo e Andrea Orcel, il banchiere di area cattolica
che nel 2007 seguiva banca Santander nella scalata ad Abn Amro e subito
dopo venne nominato advisor di Montepaschi nella conquista di
Antonveneta.
Ora Orcel è passato a Ubs, ma in quel periodo era presidente della divisione global markets & investment banking della sede londinese di Merrill Lynch, ha cinquant'anni ed è uno dei più riconosciuti banker d'Europa, molto legato a Emilio Botìn, a Gotti Tedeschi e in ottimi rapporti con Mediobanca, che insieme all'americana Merrill Lynch, erano gli advisor di Montepaschi.
Ora Orcel è passato a Ubs, ma in quel periodo era presidente della divisione global markets & investment banking della sede londinese di Merrill Lynch, ha cinquant'anni ed è uno dei più riconosciuti banker d'Europa, molto legato a Emilio Botìn, a Gotti Tedeschi e in ottimi rapporti con Mediobanca, che insieme all'americana Merrill Lynch, erano gli advisor di Montepaschi.
A Rocca Salinbeni la raccontano così:
«Mussari pendeva dalle labbra di Orcel che è il vero ispiratore
dell'operazione su Antonveneta». Sui quotidiani economici dell'epoca si
leggevano commenti compiaciuti del suo nuovo successo. Durante l'estate
del 2007, quando Orcel capisce che Botìn per pagare Antoveneta deve
svenarsi, già immagina a chi venderla e muove determinato verso
Montepaschi.
Chiediamo al nostro testimone come fa a dire che Orcel incontrò gli uomini dello Ior:
«Ho visto molto perché per quell'operazione furono aperti almeno
quattro conti intestati a quattro organizzazioni religiose che coprono
cinque personaggi che hanno avuto un ruolo chiave nella costruzione
dell'acquisto di Antonveneta». Su quale banca italiana si appoggiano
quei conti Ior? «Alla Banca del Fucino, sede di via Tomacelli a Roma».
A questo punto il nostro testimone mostra un foglietto con il numero di uno dei quattro conti,
il 779245000141, aperto il 27 ottobre 2008, codice shift IOPRVAVX che
rappresenta «la conferma dell'avvenuta ricezione di denaro», segue
l'identificativo D779245000141 che «segnala il deposito di 100 mila euro
in contanti avvenuto il 21 novembre 2009». Infine, con l'identificativo
D7421H500002, su quel conto «arrivano 1,2 milioni di euro in tre
tranche da 400 mila l'una che successivamente vengono interamente
prelevati», soldi che sarebbero serviti a pagare “le persone utilizzate
nel 2007 per organizzare la seconda vendita di Antonveneta».
Giuseppe Mussari è entrato due volte nell’orbita dei Sacri Palazzi.
Prima e dopo l'arrivo di Gotti Tedeschi ha fatto parte della ristretta
schiera di candidati alla Presidenza dello Ior. Evidentemente i rapporti
sono di strettissima fiducia. Chiediamo al nostro testimone chi si
nasconde dietro il conto di cui ci ha fornito gli estremi: «Io ho visto
il nome e cognome».
Aprire un conto allo Ior non è un reato, ma se un’organizzazione religiosa copre quel conto, perché lo fa?
Ad oggi non ci sono risposte e per noi non è nemmeno possibile avere
prova dell'esistenza del conto «perché ai computer dello Ior non si può
accedere con pen-drive, né si possono fare stampate o scattare foto dato
che un software impedisce a qualsiasi macchina fotografica di leggere
la videata». Per questa ragione il nostro testimone ha solamente un
numero scritto a mano su un foglio di carta.
Rimane da chiedergli perché fa tutto questo. Risponde così: «L'opinione pubblica deve sapere come stanno le cose, non c'è un altro modo, anche perché dall'interno il cambiamento non può venire».
E dall’esterno nessuna autorità terza può verificare quanto è stato raccontato, perché lo Ior non è una banca come le altre. Il Vaticano può smentire ogni parola e sarà complicato rintracciare i conti annotati dal nostro testimone.
Rimane da chiedergli perché fa tutto questo. Risponde così: «L'opinione pubblica deve sapere come stanno le cose, non c'è un altro modo, anche perché dall'interno il cambiamento non può venire».
E dall’esterno nessuna autorità terza può verificare quanto è stato raccontato, perché lo Ior non è una banca come le altre. Il Vaticano può smentire ogni parola e sarà complicato rintracciare i conti annotati dal nostro testimone.