martedì 23 dicembre 2014

Decrescita: ma è così bello vivere da straccioni?




Adesso possiamo dirlo con un certo grado di consapevolezza. Il movimento della decrescita non è altro che l'ennesimo movimento reazionario volto a far ritornare l'umanità ad uno stato simile a quello in cui era sotto il dominio Cattolico nei secoli bui del Medioevo, cioè un'umanità che viveva nella penuria, nelle malattie, nella carestia e nel terrore religioso. E, nonostante tutti i capziosi ragionamenti contraddittori e senza logica dei decrescenti, i quali dicono ogni volta che abbiamo frainteso i loro veri obiettivi (si sa, di decrescite ce ne sono tante versioni quanti sono i sacerdoti che la propagandano) rimane un fatto inconfutabile: questo movimento si è molto sviluppato di pari passo alla crisi economica e alle politiche antidemocratiche di austerità della gesuitica Commissione Europea, volte a far precipitare le classi subalterne in uno stato di povertà, ignoranza e sottomissione simile a quello del Medioevo Cattolico, se non peggio.
Nello stesso momento in cui i decrescenti ci dicono quanto è bello e rivoluzionario ritornare alle vecchie tradizioni "solidali" dei tempi andati preindustriali, quando il popolo ignorante e sottomesso al terrore religioso viveva sì e no di stenti fino a 40-50 anni al massimo e poteva contare solo sull'elemosina stracciona del potente di turno, il re dei Paesi Bassi Guglielmo Alessandro ci spiega che il welfare non è più sostenibile e gli aiuti alle persone in difficoltà andrebbero affidati solo alla carità e alle reti sociali private. Ma le reti sociali private di un principe o un re sono un tantino differenti da quelle di un disoccupato di Scampia!



 Molti decrescenti ci raccontano la buona novella di quanto sia bello vivere senza lavoro e avere più tempo libero, da dedicare, come fanno gli straccioni, a soddisfare le necessità quotidiane raccattando gli oggetti dalla rumenta e accontentandosi dello stretto necessario alla sopravvivenza (altrimenti sarebbero dei demoniaci consumisti), proprio nel momento in cui la Commissione Europea, e gli stati europei che da essa prendono ordini, non fanno altro che smantellare tutti i "privilegi" di assistenza sociale nei confronti delle classi subalterne, un accadimento contemporaneo ad un forte ridimensionamento dei loro redditi da lavoro e ad un aumento preoccupante della precarietà e della disoccupazione di massa, il tutto avvenuto anche come conseguenza dell'introduzione dell'euro. Inutile girarci intorno, cari decrescenti, sarebbe l'ora di smetterla di starnazzare pateticamente che il vostro movimento sia qualcosa di diverso da quello che in realtà è, cioè un movimento reazionario antidemocratico volto alla restaurazione di un Ancien Régime preindustriale e prescientifico in cui far precipitare le masse, perfettamente in linea con i progetti dell'elite eurista. E' illuminate al riguardo un libro di recente pubblicazione, scritto la Luca Simonetti, dal titolo Contro la Decrescita, di cui leggiamo l'introduzione:




Questo libro si propone un compito tanto necessario quanto controcorrente: smontare il mito della decrescita come visione alternativa della società rivelandone di volta in volta i numerosi luoghi comuni, le ingenuità o addirittura la malafede. Ha davvero senso il nuovo mito del ritorno alla terra e l’elogio dei contadini del passato? È giusto considerare l’austerità un valore contrapponendola al «demoniaco» consumismo? Siamo proprio sicuri che lo slow food sia più etico e altruistico del tanto stigmatizzato fast food? E uno Stato in cui qualcuno decidesse cosa è necessario consumare per vivere, e cosa non lo è, non diventerebbe uno Stato totalitario? Non c’è il rischio che si tratti dell’ennesima, prepotente riemersione di un’ideologia antica che ha già avuto in passato esiti politicamente nefasti?
Da Carlo Petrini a Serge Latouche, da Simone Perotti a Vandana Shiva, Simonetti passa in rassegna idee e proclami di tutti quei teorici della «decrescita felice» che in nome di una visione del passato nostalgica e sentimentale, e animati da diffidenza e ostilità nei confronti della scienza, della tecnica e del progresso, finiscono col «vedere l’apocalisse con ghiotta impazienza». Con ironia e passione, e uno stile limpido e acuminato, l’autore di questo libro ci dimostra che nessuna decrescita potrà mai essere felice, ma solo estremamente pericolosa.
Questo libro, naturalmente ha i suoi limiti (non parla chiaramente di nuovo ordine mondiale e in alcuni passi sembra avvallare acriticamente l'operato delle multinazionali che, con le loro politiche salariali globali, sfruttano e impoveriscono la popolazione, e che, in ultima analisi, favoriscono una condizione di asservimento). Però vi troviamo anche degli spunti molto interessanti. Qui infatti vengono analizzate ad esempio le terrificanti proposte volte all'eliminazione del Welfare state portate avanti dal pazzoide Ivan Illich e riprese dai decrescenti nostalgici dei tempi andati; spiace dirlo ma Illich, quell'omuncolo fatto passare da una certa letteratura "antisistema" da anarchico rivoluzionario, non è stato altro che un piccolo reazionario conservatore e fatalista. "Illich è convinto che la condizione umana sia sempre la stessa e non sia suscettibile di miglioramento e che combatterla sia hybris, il vecchio termine greco che indica la tracotanza dell'uomo che pretende di superare i limiti posti dal fato", afferma Simonetti alle pagine 44 e 45 del suo libro; e continua: "Qui è innanzitutto interessante il modo in cui viene descritta la figura di Prometeo, il Titano che, sfidando gli dei, donò il fuoco agli uomini: per Illich diviene un mascalzone, animato dalla cupidigia e giustamente punito. C'è da chiedersi, però, perché mai la decisione divina di negare il fuoco agli uomini e tenerselo per sé sarebbe buona e giusta e egoista quella di Prometeo di rubarglielo e farne partecipi gli uomini. E' evidente anche l'inconfessabile natura classista della teoria di Illich: la hybris va bene per i pochi, per gli eroi, per gli uomini di eccezione; non va bene per la massa. Questa impressione è confermata dal fatto che, tra i contraccolpi del progresso che portano alla nemesi, oltre ai ben noti cavalli di battaglia del Nostro - la scuola, la medicina, l'automobile - spunta anche, inopinatamente, il diritto di voto."


 E' forse un caso che Illich provenga culturalmente dall'istituzione più antidemocratica e reazionaria di tutti i tempi? (mica dalle scuole pubbliche di massa da lui aborrite!). Cioè, Illich "studiò  teologia e filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma" (vale la pena ricordarvi che l'Università Gregoriana è un'istituzione elitaria privata guidata dai Gesuiti?) e diventò, nel 1951, un sacerdote cattolico, anche se in seguito tornò allo stato laicale per via di contrasti con la Chiesa stessa; ma di finti abbandoni e opposizioni alla Chiesa Cattolica ne abbiamo analizzati già diversi. Ma andiamo avanti. Da un articolo dal titolo La crisi "sistematica" della chiesa descritta già 40 anni fa di Fabrizio Mastrofini, pubblicato su Vatican insider, leggiamo:


"La proposta di Illich è semplice. Primo: il senso del cristianesimo è nell’evangelizzare. Dunque niente a che vedere con il proliferare di strutture ed istituzioni sociali, educative, sanitarie alle quali abbiamo assistito in tutto il mondo. Solo annuncio del Vangelo e cambiamento interiore. Il resto verrà da sé.
[...]
L’esempio, per capire, riguarda la «forma» che secondo Illich potrebbe assumere la vita dei preti. A suo avviso «il ministero sarà esercitato non più come impegno a tempo pieno ma piuttosto come una gioiosa attività nel tempo lasciato libero dal lavoro. La diaconia sostituirà la parrocchia nel ruolo di unità istituzionale di base della Chiesa." fonte

 Cosa avrebbe da lamentarsi, diciamocelo, questo Illich, nel vedere che ogni giorno la sanità viene smantellata e privatizzata, le pensioni vengono tagliate e che l'edilizia popolare e la scuola pubblica ricevono sempre meno finanziamenti? E' indubbio che approverebbe! L'importante è evangelizzare un mondo di "felici" dementi, denutriti, malati ed ignoranti che si accontentano della loro miseria e che vivono comunitariamente in baracche autocostruite alla meglio e ascoltano la buona novella del "gioioso" prete-lavoratore, il sostituto dell'educazione delle scuole pubbliche, a quanto pare!! Il resto verrà da sé, guai a progettarlo con istituzioni democratiche non ecclesiastiche e finanziamenti pubblici! La vera essenza della rivoluzione "anarchica"! Proprio come Madre Teresa di Calcutta, ci verrebbe da dire. Anche se non credono nel miglioramento della condizione umana, non vi è dubbio che questo propagandato regresso sia per loro lo status di maggiore progresso e sviluppo della condizione umana rispetto alla demonizzata società industriale sviluppatasi soprattutto nel secondo dopoguerra. Infatti, tutto il discorso dei decrescenti è improntato alla demonizzazione moralistica del benessere di massa acquisito dopo decenni di lotte sociali e di progresso tecnico scientifico; ai loro occhi questo benessere non è altro che consumismo demoniaco imposto da un mercato svincolato dai bisogni umani. Intendiamoci, che il progresso tecnico scientifico abbia portato delle problematiche non lo mettiamo certo in dubbio; che ci siano delle cure mediche sbagliate (o imposte volutamente per danneggiare le persone) è un dato; e non mettiamo certo in dubbio che nelle mani di un'elite antidemocratica la tecnologia e la scienza abbiano avuto, hanno tutt'ora e potranno avere in futuro effetti nefasti; il progresso e la democrazia non sono una linea retta, sono spesso incerti e incompleti, e non c'è una sola e immutabile idea di Progresso, con la P maiuscola; ma da qui ad auspicare la totale eliminazione della sanità pubblica e della scuola pubblica, anzichè un loro progresso e miglioramento, ce ne passa! Da qui ad auspicare che la produzione industriale, l'economia, la scienza, la ricerca di cure mediche migliori e la tecnologia, debbano essere completamente abbandonate, ce ne passa! Anche perchè vi è un fatto ineludibile: le conquiste tecnico-scientifiche, l'igiene, le infrastrutture, i trasporti, la scuola pubblica e il cibo prodotto industrialmente non hanno portato solo problemi, ma ne hanno risolti molti altri: hanno portato ad un aumento dell'aspettativa di vita, alla diminuzione di morte prematura per malattie curabili, all'educazione dove prima c'era solo analfabetismo, superstizione religiosa ed ignoranza, alla libertà dal bisogno dove prima c'erano carestie e fame, ed hanno portato anche nuovi strumenti per esprimere la personalità e la creatività umana, prima inconcepibili; ed è proprio nella fiabesca ricostruzione dei tempi andati operata dai decrescenti che ravvisiamo uno dei peggiori limiti di questo movimento. Per loro non è nemmeno concepibile che il progresso tecnico scientifico possa risolvere i problemi di inquinamento e avvelenamento di certe aree della Terra, oltre a favorire benessere, creatività e libertà dal bisogno.

Il problema, quindi, a nostro modesto parere, non sono le conquiste tecnico-scientifiche, il problema sono la politica e le istituzioni democratiche, che devono essere sviluppate, potenziate (fermare l'edificazione di questa dittatura europea ad esempio) al fine di far beneficiare del progresso scientifico e tecnologico la gran parte dei cittadini, evitando o minimizzando i possibili usi volti a soggiogarli. E' chiaro che al punto un cui siamo arrivati, oltre a non essere auspicabile, non è nemmeno possibile tornare indietro ad un periodo prescientifico e preindustriale (i decrescenti identificano tout court il progresso scientifico e tecnologico con il capitalismo rapace), semplicemente perché non sarà possibile bruciare tutti i libri di fisica, chimica, biologia, ingegneria e uccidere tutti gli scienziati portatori di sapere. Se, quindi, vi sarà un ritorno all'età della pietra, sarà un ritorno dei cittadini comuni a questa età di miseria, ignoranza, superstizione e malattie, mentre l'élite di nobili e benestanti continuerà ad usare la scienza e la tecnologia per i propri fini e per il proprio piacere personale, oltre che per controllare e soggiogare i novelli uomini delle caverne seguaci di John Zerzan; e, tra virgolette, pare proprio che sia quello che vogliono; cioè ridurre in "felice" povertà e ristrettezza "solidale" la massa dei cittadini, mentre un'élite si gode i frutti del progresso e della scienza. Pare che sia proprio questa la loro idea di sviluppo umano. A voi piace un futuro del genere? A me no, ma se volete, cari decrescenti, andate pure a vivere nei boschi e nutritevi di ghiande e non protestate attraverso internet, che è uno strumento frutto delle conquiste scientifico-tecnologiche, che voi aborrite. Un altro limite logico e una contraddizione evidente del movimento della decrescita è quello secondo cui gli adepti dovrebbero abbracciare di spontanea volontà questo movimento perché ne ricaverebbero sicuramente dei benefici, ma una pagina si è l'altra anche, gli stessi sacerdoti della decrescita non fanno altro che terrorizzarci con catastrofi imminenti se non saremo disposti ad abbracciare questo stile di vita mistico-ascetico; i deliri catastrofisti abbiamo comunque già imparato a decifrarli da Giulietto Chiesa. Sono i deliri di una setta fanatica.
Nel caso dei decrescenti ad esempio si legga un articolo tratto da quella fogna di giornale che era L'Unità, dal titolo LATOUCHE / IMPARIAMO DALLE CATASTROFI:



Per l'Occidente, «bolide che corre all'impazzata senza autista e senza freni», c'è forse ancora una ricetta, una via d'uscita. Serge Latouche, a Bologna per una conferenza, parla di «pedagogia della catastrofe». Una catastrofe - prossima, futura - che sarà ancora più grande delle precedenti: solo allora, forse, la gente saprà risvegliarsi, reagire e costruire una società diversa, giusta, rispettosa dell'ambiente.
[..]
"Il fatto è che, a un certo punto, saremo più o meno costretti a rivedere il nostro modo di vivere.
[...]
" fra pochi anni dovremo, per amore o per forza, rivedere il nostro modo di vivere, di funzionare. Tanto più che già oggi noi - intendo l'Occidente, bolide che corre all'impazzata senza autista e senza freni"
[...]
"Nei prossimi anni ci aspettano sempre più catastrofi, praticamente, siamo impegnati in una gara tra cambiamento e catastrofe. Ed è davvero importante prepararsi a cambiare strada"

Quindi in realtà lo stile di vita che ci dicono di abbracciare è un obbligo che dovremmo assumere pena la nostra estinzione. Questo discorso non è altro che un'ideologia ascientifica, cioè un'ideologia basata su analisi che hanno ben poco di scientifico, e su previsioni apocalittiche che di volta in volta non si avverano, e che per restare in piedi, vengono spostate sempre più avanti nel tempo, senza alcuna logica, se non quella su cui si basa il capo di una setta, che per non disgregare il suo gruppo, sposta di volta in volta le previsioni della fine del mondo di anno in anno. Questa visione della fine dei tempi è supportata da un certo establishment scientifico con connessioni alle istituzioni politiche sovranazionali, come l'IPCC. Questo establishment è quello che ci ha terrorizzato con tutto il discorso sugli effetti catastrofici della CO2, senza uno straccio di analisi scientifica seria e onesta. Il solito PROBLEMA-REAZIONE-SOLUZIONE che abbiamo più volte analizzato nel nostro blog. Si vedano alcuni esempi, partendo proprio da Giulietto Chiesa:

L'Opposizione controllata di Giulietto Chiesa

Elite "Uccidi Te Stessa Per il Giorno Della Terra"

l'hacking dell'ipcc e le finalità dei catastrofisti

2084: la dittatura del carbonio?


Lovelock, la depopolazione, l'effetto serra e la geoingegneria

Confessioni di una tiepida allarmista sul riscaldamento globale



Tutto il discorso dei decrescenti, come quello dell'elite che vuole eliminare ogni tipo di democrazia (anche quel poco che avevamo conquistato), è improntato all'emergenza: bisogna agire subito, ci dicono, e le istituzioni esistenti sono troppo lente ed impacciate; da qui il passo è corto per arrivare ad auspicare un regime forte che prenda le decisioni "responsabili" senza l'intralcio dei cittadini "malati di consumismo". Ma anche qui, cosa c'è di diverso da quello che sta avvenendo alle nostre istituzioni sovranazionali oramai quasi del tutto svincolate da qualsiasi controllo democratico? (Siamo sempre più consapevoli che spesso il giudizio morale appiccicato al consumo è molto labile e relativo; spesso gli stessi decrescenti sono dei meri moralisti e continuano a consumare e a concedersi lussi anche più di noi, a fare viaggi in aereo, in macchina, per venire nelle nostre città a spiegarci che il consumo è dannoso! Vendono libri a caro prezzo dove ci spiegano la gratuità del dono! Non si possono condannare o giudicare moralisticamente le persone in base ai loro gusti di consumo; e questo consumo non può essere visto come qualcosa di unicamente demoniaco o negativo [come avviene, a dir la verità, anche in qualche rara citazione di autori da noi tradotti nel nostro blog]. Il consumo è anche ricchezza, benessere, assenza di privazioni materiali, possibilità di esprimere la propria creatività, libertà, ecc.).
 E' anche possibile che, se la catastrofe non arriva per via di previsioni basate sull'ideologia e non sui fatti, prima o poi qualche catasfrofe si decida di farla accadere comunque (come probabilmente hanno già fatto in passato con altre catastrofi). Infatti, quello che ci sembra di scorgere è che nei circoli elitari globalisti le catastrofi prodotte a tavolino (e non frutto della società industriale di per se o del benessere di massa), al pari delle crisi economiche create artificialmente, siano una ghiotta tentazione per accentrare il potere e ridurre i diritti e il benessere dei cittadini; catastrofi che verranno in seguito attribuite ai fantomatici cambiamenti climatici da CO2, alla sovrappopolazione o ad un fantomatico cieco egoismo dell'uomo (cioè, non solo di un'elite ma omnicomprensivo, di tutti gli uomini, compreso vostra nonna che va a ritirare la pensione in posta e non si lascia spontaneamente e altruisticamente morire di fame per il bene di Gaia, finchè non la faranno morire di fame le sempre più misere pensioni). Comunque, per gravi e criminali che siano, non crediamo che possano arrivare a produrre mai catastrofi artificiali che compromettano irrimediabilmente la vita sul pianeta o tali da impedire a loro stessi di abitare il pianeta senza conseguenze sulla loro salute e benessere; si baseranno molto anche sulla propaganda e sull'effetto mediadico e di immagine.
Per cui arriveranno sempre più strali moralistici contro quello che definiranno come demoniaco consumismo di massa, e quindi si andrà a colpire, come si sta già facendo, il benessere e i diritti conquistati, anche per mezzo della scienza e della tecnologia, dalle classi subalterne occidentali dal secondo dopoguerra in poi, per arrivare poi alla soluzione di ridurre queste masse subalterne nella miseria e nell'ignoranza, in uno stato simile a quello dei paesi preindustriali del Medioevo, controllandole nel contempo numericamente, mentre le ricchezze dei pochi rimarranno invariate oppure si accresceranno ancor più, come rimarranno invariate e si accresceranno ancor più le loro conoscenze scientifiche e tecnologiche, anche in segretezza; il tutto con l'avvallo ideologico dei decrescenti e dei cultori di Gaia, che ci faranno sempre più accettare la miseria, l'ignoranza e le ristrettezze come qualcosa di positivo, il ritorno fiabesco ai bei tempi andati in armonia con la Madre Terra.
Naturalmente qui non abbiamo analizzato nel dettaglio tutte le sfumature reazionarie del movimento della decrescita; se volete approfondire, leggete il libro di Luca Simonetti.
Quindi, cari amici, l'ideologia della setta fanatica dei decrescenti si innesta perfettamente nel costrutto istituzionale antidemocratico dell'elite eurista, e non è nulla di diverso. Gettiamo, quindi, questa ideologia nella pattumiera della storia, una volta per tutte, e pensiamo al benessere dei cittadini.


Si legga anche:


La decrescita non è felice ma in compenso è confusa


Nel nuovo libro di Luca Simonetti tutti gli errori e i vuoti teorici di chi sogna un'economia che ci renda liberi attraverso la povertà

Alla fine è un mantra che ci viene propinato da qualche pensatore della destra (che ha nel Dna una tendenza passatista) e da una pletora sempre più ampia di pensatori di sinistra (che in questo caso rinunciano a ogni mito di progresso).
È l'idea di una decrescita felice, di una «salutare» rinuncia al sogno del pil col segno positivo, al desiderio di essere capaci di produrre domani qualcosa di meglio di ciò che produciamo oggi, di creare cose belle ma «innaturali». I nomi degli intellettuali che si sono fatti alfieri di questo ritorno alla natura, di un downshifting controllato, sono ormai arcinoti: il francese Serge Latouche, l'indiana Vandana Shiva, l'italiano Maurizio Pallante, il greco Giorgos Kallis. E attorno a questi teorici un vasto movimento di fan del rallentamento che ha contagiato testate giornalistiche, come Repubblica , gastronomi alla Carlo Petrini, registi alla Ermanno Olmi... Memorabile sul tema proprio una loro doppia intervista sulle pagine del quotidiano nel 2009: «Il consumismo ha fallito e va confutato su tutti i fronti. La velocità va combattuta con la lentezza» (Petrini). «Libertà di consumare, sprecare, avvelenare. Stesse in me, fonderei un partito della povertà, intesa come riduzione dei consumi» (Olmi).
Ma quanto rigore teoretico c'è in queste elaborazioni che si discostano dalla visione liberale e capitalistica ma anche dalle dottrine marxiste? Poco, a leggere Contro la decrescita. Perché rallentare non è la soluzione , il saggio di Luca Simonetti che arriva in libreria questa settimana (Longanesi, pagg. 260, euro 16). Simonetti prende in esame quella che lui chiama la galassia dei «decrescenti» e mette in luce molte delle loro aporie. Uno dei nodi su cui insiste di più a esempio è quello del ricorso alla continua contrapposizione fra natura e tecnologia, caro a teorici come Vandana Shiva. La natura è vista come una misteriosa entità benigna a cui l'uomo contemporaneo, stregato dal mercato, continua solo a sottrarre. Basterebbe decrescere un po' e consentire alla natura di donarci spontaneamente, come succedeva una volta. Ma a ben guardare quell'«una volta» non esiste. Da sempre trasformare le risorse naturali in beni fruibili ha richiesto sforzo, organizzazione e mercato. E, come spiega Simonetti, l'uomo stesso con le sue industrie è anch'esso un prodotto della natura. «L'uomo fa integralmente parte della natura, tutte le sue azioni sono eseguite in conformità con essa... Perché l'uomo non può non seguirla: tutte le sue azioni sono compiute a causa di, o mediante leggi fisiche... sicché un lavandino, un aeroplano o la Nona di Beethoven sono altrettanto naturali di una mareggiata o della grandine». A meno che non si intenda con natura il corso spontaneo degli eventi a cui ci si dovrebbe adattare, o peggio una specie di dea. Tolto il fatto che questa sarebbe un'abdicazione alle nostre capacità razionali, sarebbe anche accettare l'inaccettabile perché, come già spiegava John Stuart Mill, «la vera verità è che quasi tutte le cose per cui gli uomini vengono impiccati e imprigionati quando le commettono l'uno verso l'altro, sono azioni quotidiane della natura».
E questo è solo un esempio. Simonetti mette in luce anche quanto sia labile la distinzione cara ai «decrescenti» tra merci e beni. O quanto sia soggettiva la distinzione che va tanto di moda fra bisogni veri e bisogni falsi. Perché «quando date un'occhiata alla lista dei beni di consumo che (secondo il critico) non hanno una reale utilità, ciò che trovate invariabilmente è una lista di beni di consumo che gli intellettuali di mezza età ritengono di nessuna utilità». Insomma sono sempre i consumi degli altri, quelli non necessari. Per non parlare di tutti i pericoli sottesi all'elogio dell'agricoltura di sussistenza che gia la Fao nel 1959 descriveva come inefficaci: «I metodi primitivi di coltura non si traducono soltanto in una debole produttività, ma molto spesso anche in un deterioramento dei terreni e delle altre risorse naturali».
Viene da chiedersi allora come mai la moda della decrescita abbia attecchito così bene. Simonetti lo spiega così: «Alla fine dietro il ragionamento economico che è labile si cela una questione estetica. In una società ricca è facile vedere il lato che non ci piace della modernità e sognare di fare ritorno ad un “prima” assolutamente astorico. Il rischio di questo atteggiamento è però quello di partire da problemi reali per proporre soluzioni irreali che mettono in discussione la modernità in sé». Fa anche un po' specie che a essere vittima di questo fenomeno sia soprattutto la sinistra che a parole è progressista. Simonetti lo spiega così: «La destra su questi temi ha trovato nel suo Dna degli anticorpi. La sinistra ha perso negli ultimi quarant'anni progettualità e concretezza. Quella concretezza materialista che era alla base del marxismo. E così sono diventati vittime di certe utopie».

link articolo: http://www.ilgiornale.it/news/cultura/decrescita-non-felice-compenso-confusa-1065016.html



domenica 12 ottobre 2014

I Consigli del Padrone Bill Gates ai giovani schiavi dell'economia globalista.


 

Sul nazicriminale, fautore della depopolazione e partecipante al Bilderberg dei gesuiti Bill Gates abbiamo già scritto parecchio sul nostro blog, si vedano questi articoli come esempio:
Bill Gates finanzia le nanotecnologie dei vaccini celati
Vaccinare il mondo: Gates e Rockefeller Ricercano la Riduzione della Popolazione Globale
Baby Freeze: Il Controllo della Popolazione è la Nuova Soluzione al Riscaldamento Globale?
Adesso sul sito goofynomics abbiamo trovato, nei commenti, uno stimolo per occuparci nuovamente di Bill Gates. Qui viene riportato un link ad un articolo dell'Ansa dove vengono elencate le 10 cose, che secondo Bill Gates, la scuola non insegna. L'articolo dell'Ansa è stato tratto dal sito di quei coglioni di skuola.net, dai quali, visto l'andazzo dei loro articoli, ci aspettiamo che in futuro pubblichino qualcosa del tipo: le cose che la scuola non insegna: Credere, Obbedire, Combattere, o magari qualche manifesto di Hitler o del Duce


 Su goofynomics poi viene anche citato un articolo (in inglese) dal titolo How to Become As Rich As Bill Gates (COME DIVENTARE RICCO QUANTO BILL GATES), che ci proponiamo di tradurre in seguito, ma che inizia così:


Lezione 1: Scegli i tuoi nonni con attenzione
Il nonno di Bill era un banchiere e quando nacque gli intestò su un fondo fiduciario un milione di dollari del 1955.
 
Lezione 2: Scegli i tuoi genitori con attenzione
Sua madre era nel consiglio nazionale di United Way (so' tanto caritatevoli), insieme a John Opel, l'amministratore delegato di IBM che approvò l'inclusione di MS/DOS con il PC IBM originale.



Sappiamo tutti (eccetto i minchioni dell'Ansa e i fascistelli di Skuola.net) che, negli USA odierni, il ceto di provenienza delle persone ha un influsso decisivo sul loro destino; ed è per questo che il sogno americano di mobilità sociale attraverso il duro lavoro è diventato per lo più un incubo; non importa quanto lavori e ti impegni, la maggior parte delle volte rimarrai bloccato con lavori da fame nel tuo ceto di origine, se non peggio; però, il mito del duro lavoro e della responsabilità personale che dovrebbero portare i poveri e i disgraziati all'emancipazione, propagandato dal fascista globale Bill Gates, è rimasto tale, ma il suo obiettivo è cambiato, anche se non di molto: fornire illusioni necessarie alle masse povere e disgraziate al fine di mantenere in essere uno stato di schiavitù globale di manodopera a basso costo e privata di ogni diritto; traiamo queste conclusioni da alcuni dati forniti dall'economista J. Stiglitz, citati in questo articolo:



"A suffragio di questa tesi l’economista americano riporta alcuni dati che valgono più di mille parole: il reddito dell’1% più ricco degli americani rappresenta circa il 25% di tutta la ricchezza prodotta in un anno, mentre il loro patrimonio ammonta addirittura al 40% della ricchezza totale. Venticinque anni fa queste percentuali erano rispettivamente il 12% e il 33%. Il reddito mediano è minore di quello di quindici anni fa, mentre la ricchezza mediana è pari a quella degli anni ’90. Ci sentiamo spesso ripetere da molti economisti che “se la torta diventa più grande, la fetta che prendiamo è sempre più grossa” o che “l’alta marea solleva tutte le barche”; sembra invece che, nonostante la torta sia cresciuta, le fette per le persone comuni siano sempre più piccole e che l’alta marea abbia inghiottito e non sollevato chi si trovava sulle barche più piccole. In termini di uguaglianza di reddito gli Stati Uniti sono ormai sempre più simili alla Russia degli oligarchi.
Alcuni potrebbero pensare che, dopotutto, c’è chi vince e c’è chi perde e che non è colpa di nessuno se non tutti hanno le stesse possibilità perché le disuguaglianze sono inevitabili e il cercare di appianarle limiterebbe l’efficienza dell’economia. Al contrario l’illustre premio nobel americano, nel suo ultimo libro, smonta queste argomentazioni dimostrando come una maggiore uguaglianza sia non solo moralmente più auspicabile ma porterebbe a un notevole miglioramento dell’economia reale.
Stigliz afferma che, all’aumentare della diseguaglianza, diminuiscono le opportunità delle classi più disagiate per poter migliorare la propria condizione. Questo vuol dire sprecare alcune delle persone più brillanti che, per mancanza di risorse finanziarie, non possono accedere a un’istruzione di livello superiore e quindi non possono dare il proprio contributo alla società mettendo le proprie capacità al servizio della collettività. Perciò più uguaglianza significherebbe avere una società più efficiente.
Inoltre la disuguaglianza rende l’economia più debole: l’1% più ricco della popolazione, che possiede la maggior parte della ricchezza, spende solo una piccola frazione delle proprie risorse. L’aver spostato questa ricchezza dai ceti meno abbienti a quelli più ricchi ha diminuito la domanda aggregata, cioè i consumi, e ha rafforzato la speculazione. Per compensare questa diminuzione si è dovuto creare una domanda fittizia alimentata dal credito facile erogato dalle banche attraverso mutui, carte revolving e altri strumenti finanziari. Questo ha portato l’80% della popolazione più povera a indebitarsi fino a spendere il 110% del proprio reddito portando allo scoppio della crisi dei mutui subprime. Per questo motivo più uguaglianza significherebbe avere un’economia più solida.
Infine Stigliz descrive come spesso i più ricchi ottengano guadagni giganteschi senza dare alcun contributo alla società. Si pensi ad esempio ai banchieri o ai manager che, pur avendo dato origine alla crisi, hanno ottenuto bonus stratosferici. A chi pensa che tassando queste categorie si rischi di limitare la creazione di posti di lavoro Stiglitz risponde che, più che creatori di posti di lavoro, i grandi manager e banchieri ne siano stati piuttosto i distruttori. I soldi ottenuti in questo modo potrebbero essere investiti in ricerca, infrastrutture ed educazione che creerebbero nuove opportunità per i meno abbienti e quindi darebbero un forte contributo all’economia.
Il sogno americano sembra ormai un pallido ricordo e le statistiche descrivono la mobiltà sociale statunitense come una delle più basse dei paesi industrializzati. Pertanto se volete davvero vivere il sogno americano, invece di partire per New York, vi conviene piuttosto prenotare un volo per la Scandinavia.”



Adesso invece vi riportiamo le paternali di Bill Gates e qualche nostro commento:



PATERNALE 1 - La vita è ingiusta, bisogna abituarsi
(nota di nwo-tr: Caro coglione Bill Gates, la vita è ingiusta anche per il mondo globalizzato e selvaggio che tu e i tuoi compari del Bilderberg dei Gesuiti avete creato con le vostre banche e multinazionali del cazzo.)
PATERNALE 2 - Al mondo non importa granché della vostra autostima. Piuttosto, si aspetta che combinate qualcosa, prima di poterne gioire voi stessi.
(nota di nwo-tr: Visto quello che hai combinato tu, descritto qui e altrove nel nostro blog, noi ci accontentiamo di essere delle persone normali e rivendichiamo solo i nostri diritti costituzionali, come una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del nostro lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a noi e alla nostra famiglia un'esistenza libera e dignitosa.)
PATERNALE 3 - Non si guadagnano 60.000 dollari all’anno appena usciti da scuola. Non ci saranno telefono e auto aziendale per voi, se non ve li sarete guadagnati.
(nota di nwo-tr: non vi preoccupate studentelli, se tutto va bene la maggior parte di voi queste cose non le avrà nemmeno dopo 20 anni di lavoro da schiavo.)
PATERNALE 4 - La vostra insegnante è dura con voi? Aspettate di avere un capo.
(nota di nwo-tr: e zitti e muti, perché se solo rivendicate qualche diritto, il vostro capo si incazza e vi sbatte fuori a calci nel culo. Chissà perché mi ricorda molto il famoso detto: Quando torni a casa, tu picchia tua moglie. Tu non sai perché, ma lei si.)
PATERNALE 5 - Lavorare in un fast food non significa “abbassarsi”. I vostri nonni chiamavano situazioni simili “opportunità”.
(nota di nwo-tr: peccato che poi ci sono fior fior di laureati, specie qui in Italia e USA, che dopo la laurea e la specializzazione, e dopo aver colto “l'opportunità” di lavorare in un fast-food o in un call center, a 40-50 anni si trovano disoccupati oppure hanno fatto il “salto” di carriera come lavacessi.)
PATERNALE 6 - Se fate qualche guaio, non date la colpa ai vostri genitori. Basta piagnucolare, prendetevi le vostre responsabilità e imparate dai vostri errori.
(nota di nwo-tr: Caro Bill, vuoi dire che i tuoi genitori non hanno alcuna responsabilità per tutti i guai che tu hai combinato nel mondo? Poi, sottinteso: zitti e muti, mettetevi in riga, il vostro capo e i vostri genitori hanno sempre ragione, anche se vi prendono a calci in culo o vi danno cinghiate.)
PATERNALE 7 - Prima della vostra nascita, i vostri genitori erano molto diversi da come li conoscete. Sono decisamente peggiorati a furia di pagare le vostre bollette, pulire i vostri vestiti eripetere all’infinito quanto siete bravi e intelligenti. Quindi, prima di diventare vegani e andare a salvare le tartarughe, iniziate a pulire la vostra stanza e mettete in ordine tutto ciò che si trova al suo interno.
(nota di nwo-tr: un genitore molto spesso fa queste cose con amore e non non lo fa certo per rinfacciarle e colpevolizzare i figli; poi, certo, i problemi del mondo, derivano dal fatto che i “bamboccioni” non mettono in ordine la loro stanza; proposta: implementiamo un sistema con telecamera e pistola elettrica collegati ad un pc Microsoft in ogni stanza, cosicché il bamboccione non sgarri; la Fondazione Rockefeller, in collaborazione con la Fondazione Bill & Melinda Gates, hanno anche elaborato uno studio dove analizzano la correlazione tra la mancanza di messa in ordine delle stanze degli adolescenti e lo scioglimento delle calotte polari, con conseguente disastro globale, e hanno proposto che a questi problemi globali devono essere date delle risposte globali con l'implementazione, in ogni stanza adolescenziale del globo, di un sistema di videosorveglianza con annessa pistola elettrica, gestito da un sistema Windows; ciò si rivelerà uno strumento educativo anche quando, in futuro, il “bamboccione” andrà a lavorare e si troverà in un'azienda sorvegliata e circondata da militari con taser; perché, lo sappiamo tutti, che se ai giovani non dai qualche cinghiata o non li controlli, questi sono tutti dei viziati, dei fannulloni o degli scansafatiche e non vogliono lavorare per 400 euro al mese, che è già tanto per la loro età irresponsabile!)
PATERNALE 8 – A scuola può capitare che vi siano state date delle opportunità all’ultimo minuto per non essere bocciati. Scordatevelo nella vita reale!
(nota di nwo-tr: certo, nel mondo che abbiamo creato io, il Vaticano, i Gesuiti, Rockefeller, SCORDATEVI PROPRIO DI AVERE DELLE OPPORTUNITA'.)
PATERNALE 9 - La vita non è divisa in quadrimestri, e durante l’estate bisogna darsi da fare quanto in inverno. E sono molto pochi i datori di lavoro disposti ad aiutarvi ad essere assunti: è una vostra responsabilità.
(nota di nwo-tr: leggiamo insieme l'articolo 36 della Costituzione, quella che non insegnano a scuola:
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”
Ma nel nuovo codice del lavoro di Bill scordatevi il diritto ad un lavoro dignitoso, e alle ferie retribuite, sancito nella nostra Costituzione in via di disfacimento; per Bill Gates dovete sputare sangue 365 giorni l'anno e se avete bisogno di riposo dormite di notte, brutti fannulloni di merda e scansafatiche del cazzo; certo, poi che se manca il lavoro e in Italia abbiamo una massa di giovani disoccupati è perché questi sono inevitabilmente dei fannulloni e non vogliono prendersi sulle loro spalle la responsabilità di cercarsi un lavoro.)
PATERNALE 10 – Non fidatevi dei professionisti che si vedono nelle fiction televisive: non avrete così tanto tempo libero. Nella vita reale, le persone lasciano il caffè a metà e vanno a lavorare.
(nwo-tr: tradotto vuol dire: rigate dritto brutti fannulloni di merda, pretendete anche di fare delle piccole pause nell'orario di lavoro per riposarvi ogni tanto e prendere un caffè? questo è FURTO DEL TEMPO!)

p.s. nwo-tr: non avendo indicato l'Ansa una fonte certa delle parole di Bill, tranne il sito skuola.net, ci basiamo sull'attendibilità dell'Ansa come agenzia di stampa che riporta notizie; comunque tali paternali sono in linea con il nostro personaggio Bill; e sono certo anche in linea con l'opera di distruzione dei diritti portata avanti dal gesuitico Matteo Renzi; in quanto tali sono un vero e proprio manifesto propagandistico dei padroni, abbracciato, sostenuto e divulgato dai nostri organi di informazione nazionali al fine di "educare" alla disciplina le masse amorfe di lavoratori-schiavi ed imporre un modello unico di comportamento all'interno dell'economia globalista; che questi dettami siano espressione di Bill Gates piuttosto che di Marchionne, o siano una pura opera di propaganda inventata di sana pianta dagli organi di stampa dei padroni, poi non cambia molto la sostanza che vediamo sotto i nostri occhi tutti i giorni, quella della distruzione della democrazia e dei diritti e l'imposizione di una spietata disciplina ai dominati.

mercoledì 1 ottobre 2014

Il dilemma dei laureati: restare o scappare?




Sei un laureato intelligente e capace e sei consapevole di quello che ti offre l'Italia e ti arrovelli la testa con questo dilemma: ragione o torto a scappare all'estero? Non è possibile giudicare semplicisticamente questi drammi, perché drammi sono; ogni storia è un caso a se. Se decidi di andare all'estero devi avere molto coraggio, devi conoscere le lingue o devi faticare per impararle; se non hai qualche aggancio all'estero può essere sicuramente più dura, eppoi vige il detto che sai cosa lasci e non sai cosa trovi; d'altro canto se lasci il tuo paese e se sei capace ed intelligente, privi il paese di risorse intellettuali.

 Ma è anche vero che il tuo paese le risorse intellettuali non le vuole impiegare e pagare adeguatamente; siamo uno dei pochi paesi in Europa dove più studi e meno guadagni; il paradosso è che in Italia abbiamo la più bassa percentuale di laureati in tutta Europa (dati di fatto Almalaurea, che abbiamo analizzato nel nostro sito al seguente link: Italia, un paese sul lastrico in mano al Vaticano che lascia i poveri a morire di fame ) e quei pochi che si laureano non riescono a trovare lavori secondo le proprie competenze; quei pochi che poi riescono a svolgere una professione attinente al proprio settore di studi vi arrivano magari dopo anni e anni di precariato con paghe da fame; perché avviene questo? A causa di scelte politiche e a causa dell'ingresso dell'Italia nell'Europa del carcere dell'euro che favorisce le aziende e la tecnologia del nord, ed ingabbia il sud (ma adesso la crisi sta arrivando anche al nord) in una condizione simile a quella del Terzo Mondo; oltre a ciò sembra che in Italia, anziché una risorsa, laurearsi sia considerato un vizio; in altri paesi la cultura, le competenze, le capacità elevate sono considerate un volano per l'economia, in Italia no; in Italia dovremmo tutti andare a pulire cessi o a fare i pizzaioli o i camerieri per 500-600 euro al mese, anche se abbiamo 3 lauree e parliamo 5 lingue, perché se non ti adatti sei stigmatizzato come schizzinoso dai nostri ricchi e viziosi ministri europeisti espressione del potere corrotto del Vaticano, i quali vogliono un "progresso" fatto di schiavitù, stipendi da fame e sottomissione per intere generazioni di lavoratori.

Leggiamo, per fare un esempio, un articolo tratto dall'ANSA:



Leggiamo le prime righe: “I giovani del 2014 hanno voglia di lavorare e riscoprono anche i mestieri del passato. Altro che schizzinosi, i laureati cercano un posto nelle scuole: non come prof ma come bidelli.

Capiamo a che livelli di sfruttamento siamo arrivati? Nessuno si scandalizza più di queste notizie? E' considerato valoroso (altro che schizzinosi) colui che ha studiato 5-6 anni per diventare un ingegnere, impiegando soldi e tempo, e poi butta tutta la sua istruzione nel cesso perché l'ITALIA VUOLE che lui faccia il bidello; il messaggio sottinteso è....vi ricordate? ….la Fornero, dall'alto della sua poltrona di ministro all'interno del gesuitico governo Monti, diceva ai giovani che sono dei viziati, dei choosy, e adesso loro rispondono: “No! No!”, non vedi che non siamo viziati e ci adattiamo (ammesso che li assumano)? Adattati e disciplinati con austerità...e pagati 6-10 volte meno di quanto avrebbero ottenuto nella loro professione, se solo questa fosse stata valorizzata nel nostro paese; sicuramente pagati 100-1000 volte meno di quanto guadagnano la Fornero, Monti, Letta, Renzi ecc. Quanto si propaganda in articoli come questo dell'ANSA non è affatto una virtù, è invece l'evidente sintomo di un fallimento per l'intero paese, non solo per l'aspirazione del singolo, ma anche per lo sperpero di capitale intellettuale che potrebbe essere impiegato per risollevare l'economia e la cultura; in altri paesi i governi cercano di impedire (tramite impieghi pubblici o altre forme di supporto) che un laureato getti le proprie competenze nel cesso; perché queste competenze servono anche all'economia del paese, al suo sviluppo scientifico, tecnologico, culturale. L'Italia è forse l'unico paese tra quelli sviluppati (ma l'Italia è ancora un paese sviluppato?) dove la laurea è invece considerata un vizio e una perdita di tempo; queste ed altre notizie hanno tutte come sottofondo la stessa visione della realtà: cari laureati siete dei viziati perché avete studiato, dovete rimediare buttando nel cesso tutto ciò che avete imparato tramite soldi e sacrifici; se volete sopravvivere andatevi a cercare una delle professioni che "L'ITALIA VUOLE!", se lo fate siete meritevoli, se non lo fate site dei putridi schifiltosi non degni di respirare e di vivere; il tutto condito con paternali moralistiche della peggior specie catto-fascista; e il tutto presentato in una cornice propagandistica dove l'Italia viene descritta come un paese stracolmo di laureati, laureati che quindi si dovrebbero adattare a fare i lavacessi o i bidelli, mentre invece la realtà dei fatti è che l'Italia ha un livello di laureati da TERZO MONDO, a pari merito della Turchia; un livello che, visto QUELLO CHE VUOLE L'ITALIA, rischia di precipitare ulteriormente..


In articoli come questo dell'ANSA la crisi economica non viene certo rappresentata come un evento voluto e programmato dall'elite finanziaria gesuitica al fine di ridurre i diritti, la cultura e la democrazia di un'intera nazione; la si liquida invece con due o tre parole (“visti i tempi di crisi”), il che fa supporre che sia una catastrofe dovuta al caso, di cui sono inconoscibili le cause; la si presenta come una tempesta imprevista, come un'alluvione che travolge interi territori, a cui si dovrebbe reagire, come avviene con le alluvioni imprevedibili e non volute, facendo rimboccare le maniche con lavori di merda e sottopagati un'intera generazione di laureati che hanno avuto la sfortuna di ottenere il loro titolo in Italia. Ci dicono: bravi, VISTI I TEMPI DI CRISI, che fate i bidelli, i pizzaioli e lavacessi! Il problema è che oramai da tempo "L'ITALIA VUOLE" mestieri da fame con scarsa qualificazione, schiavitù, stipendi da terzo mondo, incanalata come è ormai da parecchi anni nel tragicomico percorso della decrescita infelice e disperata all'interno dell'Europa.
Qui sta il discorso politico: le cause prime della crisi voluta dal Vaticano, dalle banche e dai poteri finanziari non vengono presentate; l'euro, anziché essere visto per quello che è, cioè uno strumento di dominio e controllo creato da un'elite, viene presentato, dai nostri governanti e dai mass media, come una panacea che dovrebbe risolvere tutti i mali; gli obiettivi ultimi, tra i quali vi è sicuramente quello di impedire che i poveri, le classi subalterne, attraverso la loro istruzione, i loro sacrifici e le loro competenze acquisite, possano riscattarsi e insidiare il potere dei ricchi, non vengono spiegati; e così intere generazioni crescono sottomesse nell'ignoranza e nell'inconsapevolezza di ciò che avviene e si adattano, quindi, ad un futuro miserevole e faticoso, disciplinate dai nostri ricchi e opulenti governanti attraverso le ricorrenti misure di austerità.
Quindi, che fare? Una volta che hai capito l'austera disciplina a cui ti devi assoggettare nel tuo paese, è forse meglio per te scappare verso altri lidi? Forse si, forse no, dipende dalle situazioni che ognuno si trova a vivere. Pensiamo però che sia vero anche il pensiero di coloro che dicono che andarsene è un po come tradire il tuo paese e la tua famiglia, è un po come privare il tuo paese di risorse e capacità che potresti mettere al servizio dei tuoi simili che non hanno avuto la fortuna di averle; restare ha senso per portare avanti una lotta politica e culturale (il che non vuol dire, dal nostro punto di vista, creare un partito e gerarchie arriviste), aprire spazi democratici di dibattito e confronto; analizzare e studiare le cause del perché l'Italia si trova in questa situazione, studiare la via più indolore per uscire dal carcere gesuitico dell'euro, ecc., un lavoro duro da fare, per lo più in una situazione, come quella italiana, dove l'ignoranza e il menefreghismo purtroppo sono largamente diffusi; che fare quindi? Se pensi che il nazionalismo sia di una cosa fascista e di destra, che non valga la pena lottare per i diritti di un popolo e di un'insieme di persone che parla la tua stessa lingua, dovresti sapere che questo è quello che ti hanno portato a credere i poteri finanziari e vaticani globalizzati attraverso una propaganda pluridecennale che ha lo scopo di abbattere gli stati nazionali; leggi cosa ha detto David Rockefeller: "Il mondo è pronto per raggiungere un governo mondiale. La sovranità sovranazionale di una elite intellettuale e di banchieri mondiali è sicuramente preferibile all’autodeterminazione nazionale praticata nei secoli passati ." Confrontalo con ciò che tutti i giorni ci vuole imporre il gesuitico banchiere europeista e mondialista Mario Draghi.


  Per quel che riguarda poi i flussi migratori, questi hanno anche lo scopo di abbattere i legami sociali, la famiglia, le istituzioni locali che ci legano al territorio; spezzare questi legami rende più sole le persone, e quindi più facilmente assoggettabili dal potere globalizzato. Vatti a rileggere la Costituzione e vedrai che la difesa di questo documento non è una cosa di destra brutta e cattiva, ma un impegno che ogni cittadino italiano dovrebbe assumere come obbligo inderogabile. Per finire: ognuno scelga in propria coscienza; ma sono sicuramente degni di somma stima coloro che, potendoselo permettere, decidono di restare, rinunciando magari a lavori migliori all'estero, non per lavare i cessi o fare i bidelli con stipendi da fame qui in Italia, e nemmeno per intraprendere una facile carriera politica in qualche partito farsa, ma per studiare e lavorare duramente, anche in solitudine, al fine di contribuire a svegliare un'intera generazione che ora sembra ancora assoggettata intellettualmente e culturalmente dai governi europeisti cattofascisti che si susseguono del nostro paese.

domenica 31 agosto 2014

Unione Europea e Euro: due tool gesuitici per ridurre diritti e democrazia



E' veramente sorprendente come nell'era della comunicazione di massa le persone non riescano a capire cosa stia realmente avvenendo ed è sorprendente che anche molta dell'informazione alternativa non sia proprio così alternativa nelle sue analisi. E non vi nascondiamo certo che nemmeno noi riusciamo a capire tutti i dettagli di questo quadro criminale molto complesso. Una delle cose che però ci pare di aver capito è che nell'Europa gesuitica l'introduzione dell'euro ha avuto lo scopo di esacerbare i nazionalismi e i razzismi tra le nazioni europee; ed era quello che si voleva fare, dato che si vogliono demonizzare le nazioni per poi distruggerle. In questi anni non abbiamo fatto altro che ascoltare le più svariate accuse tra paesi europei, ad esempio tra Italia e Germania, che si incolpano a vicenda della crisi; oppure stupidi paragoni del tipo: quel paese è più virtuoso di questo, quel paese ce l'ha più “duro” di quest'altro; ma anche questa è la solita farsa gesuitica; mettere tutti contro tutti, in competizione gli uni contro gli altri; in questa guerra crediamo che la Germania abbia goduto di qualche deroga e di qualche vantaggio temporaneo, un fatto che ha contribuito a fomentare il razzismo intra europeo, ma la manna sembra essere finita anche per loro.


 I gesuiti e il Vaticano, naturalmente, hanno combinato questa Unione Europea, compreso il carcere della moneta unica, per fare in modo che i rapporti tra le nazioni si esacerbassero ed arrivassero ad un punto di rottura, per il fine ultimo di distruggere completamente le sovranità nazionali, accusate di non essere all'altezza della globalizzazione, e arrivare quindi all'Ordine Mondiale Gesuitico.



Il tutto portato avanti, naturalmente, senza che i Gesuiti e il Vaticano apparissero come i veri manovratori, ma fossero invece applauditi come i salvatori. Tutti i giorni il Drago Gesuitico ci ripete, infatti, che i “cattivi” stati nazionali devono intraprendere le cosiddette Riforme Strutturali, che non sono altro che Contro Riforme, in cui, alla fine, i popoli di tutte le nazioni non avranno più alcun potere democratico.

Queste riforme non sono altro che tagli al welfare, riduzione dei diritti dei lavoratori, precarietà, salari da fame, riduzione degli spazi democratici, ecc.; il tutto imposto come “L'UNICA VIA DA INTRAPRENDERE, CHE NON BISOGNA DISCUTERE” per arrivare ad una fantomatica prosperità futura; una prosperità che sarà inevitabilmente goduta dalle classi superiori, specialmente dal clero, come è stato nei secoli dei secoli; infatti è arduo per una persona pensante riuscire a comprendere come tagli alla sanità, all'istruzione, ai servizi sociali, alle pensioni, all'edilizia popolare, alle indennità di disoccupazione, ai diritti dei lavoratori, alle retribuzioni mensili, agli spazi democratici, conditi con l'incertezza della continuità lavorativa, che non consente nemmeno di costruirsi una famiglia, possano portare ad una prosperità futura le classi meno abbienti e l'intera società; insomma, oramai alle frasi controrivoluzionarie di Draghi possono credere solo i beoti post marxisti della nostra sinistra de La Repubblica che votano PD! D'altro canto chi adesso propone delle ingenue ricette anti austerità senza prendere in considerazione la riappropriazione della sovranità monetaria e l'uscita dal carcere della moneta unica, fa solo il gioco dei banchieri mondiali gesuitici, rimandando la resa dei conti finale, perché è stata proprio l'Europa, con la sua moneta antidemocratica, che ha aggravato la crisi, togliendo la sovranità monetaria ai singoli stati nazionali. Ma l'obbiettivo non era la prosperità dell'Europa, questo lo sappiamo; l'obiettivo è invece il nuovo medioevo di servi e di padroni.
Tutto questo era già stato affermato ad esempio nel noto lavoro della Commissione TrilateraleLa crisi della democrazia”, a firma di Samuel Huntington, un lavoro in cui le élite apparivano seriamente preoccupate a causa dell'eccesso di democrazia e benessere che si andava sviluppando nei cosiddetti paesi democratici, nei quali si andava diffondendo anche un elevato livello di istruzione. Infatti è certamente più facile controllare un paese oramai semifeudale e semianalfabeta come il nostro. Il Vaticano lo sa bene! In un paese semianalfabeta, ad esempio, sarà infatti difficile spiegare alcune ovvietà economiche, perché nessuno avrà studiato economia e nessuno sarà capace di far di conto. Ad esempio, tutte quelle parole difficili per spiegare che l'euro, avendo tolto di mezzo la nostra Lira, ha impedito di fatto che il nostro paese potesse continuare a svalutare la propria moneta nazionale, bloccando il tasso di cambio e creando perciò crisi nei conti esteri, e che tutto ciò ha danneggiato le nostre imprese e favorito (temporaneamente) i beni del nord. Tutti quei paroloni per dire che le manovre di Monti sono state introdotte anche per ripianare il debito estero italiano (da anni l'Italia spende per importazioni più di quello che incassa per esportazioni) e che per far ciò si è dovuto distruggere la domanda interna.



Oppure che esiste un Patto di Bilancio Europeo, firmato il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri dell'Unione europea, in seguito introdotto come principio costituzionale italiano, il quale impone all'Italia un sanguinoso pareggio di bilancio che deprime di fatto l'offerta di servizi sociali e blocca la spesa pubblica necessaria. Oppure che in base al patto di Stabilità a crescita le economie europee sono costrette a rispettare il criminale assunto che non è ammesso un deficit pubblico superiore al 3% del PIL (rapporto deficit/PIL < 3%) pena sanzioni (art.104 del Trattato CE). Oppure il fatto che non esiste più alcuna sovranità monetaria che possa arrivare in soccorso dei singoli stati nazionali in crisi, mentre tutto il potere è concentrato in organismi antidemocratici come la BCE. Tutte queste spiegazioni appaiono molto difficili per i più. E sappiamo che le persone prive di istruzione vivono per lo più di gossip e telenovele, come le avventure sessuali di Berlusconi.


Tutta questa austerità gesuitica ha lo scopo di distruggere la democrazia, i diritti, l'istruzione, il benessere, le peculiarità nazionali, e farci sprofondare in un nuovo medioevo teocratico dove una piccola minoranza di classi dominanti collegate al clero soggiogheranno la stragrande massa di cittadini poveri e ignoranti, i quali, per sopravvivere, non avranno altra scelta che l'elemosina stracciona della Caritas. Il sistema bancario è uno strumento fondamentale di questa guerra in corso, mentre la propaganda giornalistica mainstream copre i principali criminali, sviando la comprensione dei fatti. Le analisi più critiche sulle politiche economiche e monetarie vengono relegate a qualche siparietto che pochi avranno la voglia di seguire ed approfondire. Come, ad esempio, il seguente articolo, dal titolo “Pareggio di bilancio e austerità: l'Italia è in surplus primario dal 1992! che ci fa capire che tutta la questione del “problema” della nostra spesa pubblica non è altro che propaganda delle classi dominanti per ridurre i diritti dei loro sudditi. Infatti leggerete che, se non fosse per gli interessi sul debito che lo stato italiano ha dovuto pagare al sistema mafioso bancario, il nostro bilancio risulterebbe in attivo dal 1992:




Pareggio di bilancio e austerità: l'Italia è in surplus primario dal 1992!

FOREXINFO.IT- MARTEDÌ 26 AGOSTO 2014 10.56 GMT
Durante il Governo “tecnico” di Mario Monti, con legge costituzionale 20 aprile 2012 n°1, è stato introdotto un nuovo testo dell'articolo 81 Cost. con il quale si prevede, a decorrere dall'esercizio finanziario dell'anno 2014, sia applicato il principio del pareggio di bilancio. Questo - senza perderci in ulteriori dettagli e molto sommariamente - non vuol dir altro che lo Stato deve tassare tanto quanto spende (pareggio), oppure di più (surplus); e questa condizione può essere semplicemente descritta come: G – T ≤ 0, oppure G ≤ T (dove ovviamente G è la spesa governativa e T le tasse). Di pari passo con l'introduzione del principio del pareggio di bilancio è stato sempre sostenuto che l'Italia avesse una spesa pubblica troppo elevata che non le permetteva di raggiungere questo obiettivo e, pertanto, la spesa pubblica stessa sarebbe dovuta essere tagliata affinché fosse possibile soddisfare i vincoli stabiliti nel nuovo testo costituzionale dell'art.81. Infine, a questa disciplina di bilancio che prevede uno Stato in pareggio o addirittura in surplus è stata fatta "passare" come austerità! Alcuni sono perfino riusciti a chiamarla austerità espansiva.
Ora, sembra necessario prima fare un minimo di chiarezza sul termine di “spesa pubblica” in ragione del fatto che troppo spesso si è teso volutamente a confondere la spesa d'esercizio, quella per gli interessi sul debito, con quella che è la spesa pubblica propriamente detta. La spesa pubblica propriamente detta è la spesa dello Stato per beni e servizi, ed in tutti i manuali di macroeconomia e non solo, per definizione, è calcolata al netto degli interessi sul debito. Da qui risulta quello che viene chiamato “saldo primario”. Gli interessi sul debito sono spesa di esercizio che con la spesa pubblica rientrano nel bilancio generale dello Stato, ma la spesa per interessi non è spesa pubblica propriamente detta. Quindi, bisognerebbe fare attenzione quando si parla di spesa pubblica, perché dire che “bisogna tagliare la spesa pubblica” può voler significare che sia ulteriormente necessario tagliare beni e servizi (già non proprio brillantissimi e pagati dai cittadini a caro prezzo). Ma questo non è quello che interessa principalmente ora. Detto che la spesa pubblica è calcolata al netto degli interessi sul debito e che l'austerità prevede il pareggio di bilancio cerchiamo di valutare il bilancio dell'Italia a partire dagli anni '90 proprio per quello che riguarda la sola spesa pubblica primaria, non quella generale; cioè la spesa per beni e servizi al netto degli interessi sul debito.
Secondo lo Statistical Data Warehouse della BCE nel 1990 l'Italia ha avuto un deficit primario di -1,353% del PIL. Nel 1991 eravamo già molto vicini al pareggio visto che si registrava un deficit minimo a -0,039% del PIL, mentre nel '92 raggiungevamo il surplus primario a +1,848% del PIL. Dal '92 il surplus primario italiano si “consolida” ed al '97 è a ben 6,514% del PIL. Negli anni seguenti si ha una lieve flessione, ma nel 2000 il saldo primario dell'Italia è ancora al 5,422%, sempre del PIL. Di poi, per tutto il primo decennio del terzo millennio i surplus di bilancio si restringono e nel 2009 abbiamo un deficit a -0.825% - qui i dati sono parzialmente differenti da altre fonti che danno un deficit primario di -0,6% nel 2009 e -0,1% nel 2010 - subito tornato surplus nel 2010 a 0,079% del PIL e che cresce negli anni successivi fin al 2,224% del 2013. Pertanto, vediamo che dal 1990 ad oggi, in 24 anni, l'Italia solo in tre anni ha registrato dei deficit primari, mentre per 21 anni la condizione del pareggio di bilancio è stata soddisfatta, per alcuni anni anche ampiamente si potrebbe dire.
Infine, ancora una volta, prendiamo, proprio per avere un termine di paragone, come riferimento quelle che vengono ritenute le due economie “core” della zona Euro ed il Regno Unito. Vediamo, perciò, il saldo primario dell'Italia in relazione a quello di Germania, Francia e Regno Unito dal 1995 al 2012.


Si può notare come l'Italia dal 1995 al 2005 abbia saldi primari migliori di Francia e Germania e anche per la maggior parte del Regno Unito; dopo il 2005 il saldo primario dell'Italia è più o meno simile - leggermente migliore - a quello della Germania, mentre quelli di Francia e Regno Unito peggiorano notevolmente, soprattutto il secondo. Vi facciamo notare, senza ulteriori considerazioni che qui non interessano, che il Regno Unito, con il peggior saldo primario al 2012, è il paese, tra quelli presi in considerazione nel grafico, che nel 2014 stima la maggior crescita percentuale del PIL.
Quindi per quello che riguarda la spesa pubblica primaria, cioè la spesa dello Stato al netto degli interessi sul debito, che è poi la spesa che si vorrebbe tagliare, l'Italia, come dai dati sopra riportati, è stata ben poche volte in deficit dall'inizio degli anni '90, cioè solo in tre anni (1991-1992-2009); e dal 1995 al 2012, come riportato nel grafico ha avuto per svariati anni un saldo primario migliore rispetto a Francia, Germania e Regno Unito. Pertanto, anche al lordo della variabile “spreco” la spesa pubblica non può aver contribuito a far salire il debito pubblico per un semplice motivo: lo Stato ha sempre preso in tasse più di quanto ha speso, mentre l'aumento del debito pubblico è dovuto, principalmente, al pagamento degli interessi sul debito. Nonostante tutto, quindi, gli sprechi che ci sono, sono tanti e vanno corretti, non hanno fatto salire il debito, perché sono stati pagati dalle tasse degli italiani e non sono “sfociati” in un deficit primario che abbia comportato l'emissione di debito; bensì hanno impedito, tramite il loro mancato taglio o, molto meglio, la marginalità di un impiego di spesa “remunerativo” che il debito stesso scendesse.
Per cui, da ultimo, se consideriamo l'austerità come la necessità di soddisfare il vincolo del pareggio di bilancio, nel quale uno Stato deve spendere meno di quanto “incassa” e consideriamo la sola spesa pubblica propriamente detta e/o spesa primaria, l'Italia sta facendo austerità dal 1992, visto che è dal 1992 che - salvo un deficit minimo nel 2009 - la spesa primaria dello Stato è inferiore a quanto lo stesso tassa; per cui è da svariati anni antecedenti a quello in cui si è voluto introdurre il pareggio di bilancio in Costituzione, 2012, che lo stesso pareggio di bilancio è già una realtà: circa una ventina! E come mai si è voluto introdurre solo nel 2012 e proprio in Costituzione?! Era necessario visto che comunque erano diversi anni che veniva già rispettato?! E, ancora, se facciamo il confronto con quelli che per anni sono stati additati come Stati virtuosi da prendere come riferimento, notiamo che non è proprio così; e che se valutiamo, ancora, la spesa pubblica propriamente detta, l'Italia è il paese che ha avuto per molto tempo, dagli anni '90, il miglior saldo primario, cioè quella che ha fatto più “austerità”, perché è quella che ha speso meno per beni e servizi ai suoi cittadini in relazione alle proprie entrate derivanti dalle tasse agli stessi. Nonostante questo, ancora una volta, il problema diventa la spesa pubblica; ed ancora una volta la soluzione non è che il taglio di quello che viene falsamente ritenuto il problema. Dopo un periodo così lungo in cui lo Stato ha avuto dei surplus primari, nel corso della crisi che rischia di venir probabilmente ricordata come la Grande Recessione, forse, invece che imporsi ulteriori limiti di bilancio, sarebbe stato meglio cominciare a invertire la tendenza e spendere - anche al netto degli interessi - più di quanto si tassasse, per aiutare un settore privato in difficoltà immettendo ricchezza piuttosto che continuare a toglierne. Invece si è fatto il contrario, si sono imposti ulteriori vincoli di bilancio che hanno costretto lo Stato ad aumentare la pressione fiscale e diminuire la spesa in modo da drenare ulteriormente risorse da un settore privato in profonda crisi e dal quale lo Stato già da anni “toglieva più di quanto metteva”.
In conclusione, questo continuo ed inopinato richiamo alla spesa pubblica, che ne fa un “calderone” unico con la spesa per interessi, al fine di poter sostenere che “lo Stato spende troppo” ed è necessario “tagliare”, sembra il solito “gioco delle tre carte”, fatto per distrarre il cittadino, il lettore, ma soprattutto l'elettore meno attento, per farlo prescindere dalla valutazione dei numeri quali sono da intendersi realmente e portarlo fuori da una visione d'insieme della situazione economica, con il solo fine di confonderlo; ed utilizza, a questo fine, definizioni, discorsi e “parametri economici” di comodo, presi singolarmente invece che con una visione d'insieme, per individuare sia i problemi che la soluzioni; che sono poi le sempre gli stessi problemi (lo Stato ”cicala”) e le stesse soluzioni (tagliare, tagliare, tagliare … la spesa pubblica) indipendentemente dalla collocazione politica dei governi che si succedono e dal lignaggio culturale di appartenenza dei loro tecnici, economisti o politici.
Articolo pubblicato su Forexinfo.it da Luca Pezzotta