Pescando tra la gran
quantità di articoli che pubblica una grossa testata come il Sole 24
Ore, talvolta ci si imbatte in notizie molto interessanti (poche), che
diventano rivelatorie solo se si è studiato seriamente la storia (assai di rado).
Tra queste notizie dobbiamo annoverare l'articolo di Massimo Firpo
dal titolo Quegli
eretici dei gesuiti, datato 18 dicembre 2011. In
questo articolo si discute dell'affiliazione agli Alumbrados spagnoli
di Sant'Ignazio di Loyola, il fondatore dei Gesuiti. Avevamo già
parlato della probabile affiliazione di Loyola agli Alumbrados in
questo
articolo, in cui si discutevano le affermazioni di Rivera,
secondo cui Loyola fu il fondatore degli Illuminati. Nello stesso
articolo riportammo anche una citazione tratta dall'Enciclopedia
Treccani, che, sotto la voce Alumbrados,
riporta le accuse verso Sant'Ignazio da parte dell'Inquisizione
Spagnola:
"Alumbrados
Seguaci di un indirizzo mistico che univa a vecchi motivi ereticali
l’influenza dell’umanesimo erasmiano, presenti in Spagna tra il
16° e il 17° secolo. Sostenevano di essere giunti a contemplare
l’essenza stessa di Dio per immediata illuminazione dello Spirito
Santo e di
essere divenuti per questo impeccabili, nel senso che qualunque atto
– anche se gravissimo – non era loro imputabile come colpa.
L’Inquisizione spagnola (soprattutto nelle diocesi di Toledo
e Siviglia)
accusò di appartenere agli A. perfino persone di pura vita
contemplativa come s.
Ignazio di Loyola, s. Giovanni della Croce, s.
Teresa d’Ávila e s. Giuseppe Calasanzio. " [Il
grassetto è nostro]
Questa setta con abiti
gesuitici, secondo la quale "qualunque atto – anche se
gravissimo – non era loro imputabile come colpa", pare
essere sopravissuta fino ai nostri giorni; giorni in cui si festeggia
l'apice del loro potere; giorni in cui anche un giornale come Il
Corriere della Sera afferma che "ai vertici
dell’Europa c’è una «Internazionale gesuita»".
Nell'articolo del Sole 24
Ore, l'autore afferma che "non v'è dubbio che
tra quei nuovi ordini religiosi il maggior successo abbia arriso ai
gesuiti, ancor oggi autorevole congregazione diffusa in ogni parte
del mondo"; lo stesso poi ripercorre le "gloriose" gesta
dell'Ordine; e si sofferma sull'affiliazione di
Loyola agli Alumbrados, partendo dagli studi di Guido Mongini,
Dottore di ricerca in storia religiosa all’Università di Torino:
"Senza
lasciarsi intrappolare nei luoghi comuni di una storiografia
tenacemente apologetica, Mongini indaga con finezza nelle pieghe di
quell'identità originaria, segnata in profondità dalle matrici
eterodosse dell'alumbradismo spagnolo, evidenti del resto nelle
diffidenze, nei sospetti, nelle esplicite accuse di cui lo stesso
sant'Ignazio fu fatto segno, tanto da essere per ben otto volte
processato dall'Inquisizione in Spagna, in Francia e in Italia. Un
illustre teologo domenicano giunse a denunciare lui e i suoi seguaci
come precursori dell'Anticristo.
[...]
Di qui i comportamenti cauti, sfuggenti e talora ambigui, all'esterno come all'interno di un ordine fortemente gerarchico, fondati sulle strategie di esoterico gradualismo apprese alla scuola degli alumbrados spagnoli (con i quali sant'Ignazio ebbe intensi legami) e diventati nella prassi e nel linguaggio stesso dei primi gesuiti «el nuestro modo de hablar» (soprattutto su questioni teologiche), «el nuestro modo de proceder», mai definiti, ma evidentemente ben noti – nelle forme come nei contenuti – a coloro (non tutti) che fossero stati iniziati a quei riposti contenuti dottrinali e agli obiettivi che essi si prefiggevano («cosas secretas»). E diventati anche prassi pedagogica rivolta agli stessi laici, come risulta dalla fine lettura qui proposta degli Esercizi spirituali ignaziani, non a caso condannati dai domenicani spagnoli, e degli esiti di lungo periodo delle "strategie di dissimulazione" dei gesuiti, nella loro capacità di adeguarsi ai riti cinesi o nella miriade di esperienze mistiche femminili che trovarono in essi i loro direttori spirituali." [Il grassetto è nostro]
Di qui i comportamenti cauti, sfuggenti e talora ambigui, all'esterno come all'interno di un ordine fortemente gerarchico, fondati sulle strategie di esoterico gradualismo apprese alla scuola degli alumbrados spagnoli (con i quali sant'Ignazio ebbe intensi legami) e diventati nella prassi e nel linguaggio stesso dei primi gesuiti «el nuestro modo de hablar» (soprattutto su questioni teologiche), «el nuestro modo de proceder», mai definiti, ma evidentemente ben noti – nelle forme come nei contenuti – a coloro (non tutti) che fossero stati iniziati a quei riposti contenuti dottrinali e agli obiettivi che essi si prefiggevano («cosas secretas»). E diventati anche prassi pedagogica rivolta agli stessi laici, come risulta dalla fine lettura qui proposta degli Esercizi spirituali ignaziani, non a caso condannati dai domenicani spagnoli, e degli esiti di lungo periodo delle "strategie di dissimulazione" dei gesuiti, nella loro capacità di adeguarsi ai riti cinesi o nella miriade di esperienze mistiche femminili che trovarono in essi i loro direttori spirituali." [Il grassetto è nostro]
Se volete vedere con i vostri occhi in che misura l'odierna simbologia "massonica" degli "Illuminati" sia in realtà riconducibile ai Gesuiti-alumbrados leggete l'articolo L'Occhio Che Tutto Vede dei Gesuiti, precedentemente pubblicato su questo blog, in cui si rivelano le origini gesuitiche dell'occhio onnivveggente degli "Illuminati".
Qui sotto l'articolo completo de Il Sole 24 Ore
Quegli eretici dei gesuiti
18 dicembre 2011
di Massimo
Firpo
Numerosi furono i nuovi ordini religiosi scaturiti dalla tragica crisi vissuta nel '500 dalla Chiesa di Roma, sprofondata in età rinascimentale in abissi di corruzione morale, di simonia, di assenteismo pastorale, e al tempo stesso sfidata sul terreno religioso e teologico dall'insorgere di sempre nuove ondate della Riforma protestante – luterana, anglicana, calvinista – e delle sette radicali. I gesuiti, i teatini, i barnabiti, i somaschi furono solo i primi tra i nuovi ordini di chierici regolari che di quella crisi furono al tempo stesso un segnale e una reazione, prima che i conflitti politici europei e le ambizioni nepotistiche dei papi Medici e Farnese consentissero di inaugurare il concilio di Trento.
Non v'è dubbio che tra quei nuovi ordini religiosi il maggior successo abbia arriso ai gesuiti, ancor oggi autorevole congregazione diffusa in ogni parte del mondo, anche se in anni recenti una serie di più o meno evidenti conflitti con i vertici della curia romana ne hanno appannato l'immagine di fedelissime truppe scelte al servizio del papa, in virtù dello speciale voto di obbedienza da essi prestato e del loro impegno a ottemperare perinde ac cadaver agli ordini dei superiori. Una disciplina ferrea, insomma, che avrebbe consentito la mirabile crescita di un ordine capace di far propria la cultura umanistica per piegarla alle esigenze controriformistiche; di dar vita ai più aggiornati collegi per la formazione delle classi dirigenti europee; di schierarsi in prima fila in difesa della fede cattolica (gesuita fu san Roberto Bellarmino, l'autore delle immani Controversiae contro i protestanti e inquisitore di Galileo); di diffondersi negli sconfinati territori dell'America e dell'Asia aperti dai viaggi di conquista, dove seppe compiere uno straordinario sforzo di conoscenza delle culture locali e di adeguamento alle loro pratiche sociali e finanche religiose; di dedicarsi con ardore alla riconquista del popolo cristiano nelle miserabili campagne solo superficialmente cristianizzate (le «Indie di casa nostra»); di conquistare le coscienze dei principi attraverso il confessionale e la guida delle anime con gli esercizi spirituali.
Successi grandiosi, insomma, che una storiografia gesuitica militante ha ricostruito come frutto del carisma del fondatore, muovendo dalle origini di quello sparuto gruppetto di seguaci di sant'Ignazio, il rozzo soldataccio passato attraverso la luce della conversione e poi gli studi ad Alcalá, a Salamanca, a Parigi, per trasferirsi poi a Venezia in pellegrinaggio verso la Terra santa e trovarsi invece a Roma e vedere la piccola Societas Iesu trasformarsi in un nuovo ordine religioso nel 1540, fondare collegi, mandare ovunque predicatori, aprire nuove case, fronteggiare le migliaia di domande di giovani ansiosi di farsi martirizzare da ignoti indios americani o di convertire alla fede di Cristo i raffinati mandarini cinesi o gli ascetici seguaci delle religioni indiane.
Ed
è proprio su questa prima generazione di gesuiti che si appunta lo
sguardo di Guido Mongini, che penetra con grande intelligenza nel
poco che resta delle fonti più antiche, per metterne in luce
contraddizioni, reticenze, omissioni, vere e proprie censure sulla
vita di sant'Ignazio e soprattutto sull'ispirazione religiosa di quei
nuovi soldati di Cristo, e cogliere invece tra le screpolature della
documentazione le tracce superstiti di un'identità peculiare. Senza
lasciarsi intrappolare nei luoghi comuni di una storiografia
tenacemente apologetica, Mongini indaga con finezza nelle pieghe di
quell'identità originaria, segnata in profondità dalle matrici
eterodosse dell'alumbradismo spagnolo, evidenti del resto nelle
diffidenze, nei sospetti, nelle esplicite accuse di cui lo stesso
sant'Ignazio fu fatto segno, tanto da essere per ben otto volte
processato dall'Inquisizione in Spagna, in Francia e in Italia. Un
illustre teologo domenicano giunse a denunciare lui e i suoi seguaci
come precursori dell'Anticristo. Persecuciones, diranno i gesuiti, e
come tali segni della speciale grazia e investitura divina del
fondatore, vero e proprio novello Cristo o san Paolo intorno al quale
si era raccolta la piccola comunità dei suoi primi discepoli, 12
come gli apostoli, protesi a restaurare il modello della Chiesa
primitiva, che in quanto tale sfidava implicitamente la Chiesa di
Roma, così lontana e diversa da quella di Gerusalemme, destando da
un lato quei sospetti e quelle diffidenze e legittimando dall'altro
le prudenze, i silenzi, le autocensure della giovane congregazione,
che ne ispirarono sia la ricostruzione del passato sia l'azione nel
presente.
Di qui i comportamenti cauti, sfuggenti e talora ambigui, all'esterno come all'interno di un ordine fortemente gerarchico, fondati sulle strategie di esoterico gradualismo apprese alla scuola degli alumbrados spagnoli (con i quali sant'Ignazio ebbe intensi legami) e diventati nella prassi e nel linguaggio stesso dei primi gesuiti «el nuestro modo de hablar» (soprattutto su questioni teologiche), «el nuestro modo de proceder», mai definiti, ma evidentemente ben noti – nelle forme come nei contenuti – a coloro (non tutti) che fossero stati iniziati a quei riposti contenuti dottrinali e agli obiettivi che essi si prefiggevano («cosas secretas»). E diventati anche prassi pedagogica rivolta agli stessi laici, come risulta dalla fine lettura qui proposta degli Esercizi spirituali ignaziani, non a caso condannati dai domenicani spagnoli, e degli esiti di lungo periodo delle "strategie di dissimulazione" dei gesuiti, nella loro capacità di adeguarsi ai riti cinesi o nella miriade di esperienze mistiche femminili che trovarono in essi i loro direttori spirituali.
Link articolo
originale:
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-12-18/quegli-eretici-gesuiti-081737.shtml?uuid=AaaBkKVE&fromSearch