L'avanzata della Compagnia di Gesù continua. Il nuovo papa è Jorge Mario Bergoglio, un GESUITA!! Il PRIMO GESUITA DELLA STORIA ELETTO PONTEFICE! UN UOMO COLLUSO CON LA DITTATURA ARGENTINA!
Il Papa è il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio
Unico gesuita Conclave, contendente di Ratzinger nel 2005
Città del Vaticano, 13 mar. (TMNews) - Il Papa è Jorge Mario Bergoglio, argentino, unico gesuita del Conclave, contendente di Joseph Ratzinger al Conclave del 2005. |
Questo video è l'esempio più lampante di un'umanità bambina tenuta in stato di ignoranza, spiritualmente docile ed emozionalmente sottomessa, bisognosa di un leader spirituale che la guidi, chiunque esso sia.
Se siete capitati qui per caso leggete qualche post del nostro blog per capire chi sono i Gesuiti!
Di seguito alcune notizie sul nuovo papa tratte da Polisblog:
La figura di Jorge Bergoglio, Papa Francesco,
è quantomeno controversa. Nel 2005, quando si aprì il Conclave che
portò all’elezione di Benedetto XVI, Adnkronos batté la notizia del
fatto che Bergoglio era stato denunciato per presunta complicità nel
sequestro di due missionari gesuiti. I fatti si sarebbero svolti il 23
maggio del 1976. Adnkronos spiegava:
«La denuncia e’ stata presentata dall’avvocato e portavoce delle organizzazioni di difesa dei diritti umani in Argentina, Marcelo Parilli, che ha chiesto al giudice Norberto Oyarbide di indagare sul ruolo di Bergoglio nella sparizione dei due religiosi a opera della marina militare».
Nel libro di Horacio Verbitsky, L’isola del silenzio, si denunciano appunto questi fatti, con un’ampia esposizione che riguarda anche le complicità della Chiesa cattolica nei confronti della dittatura di Videla.
Sul sito Nunca Mas si legge:
«Nel 1986 Emilio Mignone nel suo libro Chiesa e Dittatura , descrive Bergoglio come esempio della “sinistra complicità ecclesiastica con i militari che si incaricarono di compiere lo sporco compito di lavare il cortile interno della Chiesa con la accondiscendenza dei prelati.”.
E ancora:
«Nel 1976 furono sequestrati i gesuiti Luis Dourrón, Enrique Rastellini e Francisco Jalics . Erano stati ammoniti dal loro superiore Jorge Bergoglio ad abbandonare le favelas in cui operavano e di fronte ad un loro netto rifiuto fu lo stesso Bergoglio a dare il semaforo verde ai militari per il loro sequestro. Furono poi liberati e dovettero nascondersi fino alla fine della dittatura aiutati da altri sacerdoti e vescovi che si distinsero nella loro difesa per i diritti umani come Miguel Hesayne e Jorge Novak. Secondo la testimonianza di un gesuita ex-detenuto desaparecido Orlando Yorio, Bergoglio, in qualità di superiore gesuita, aveva relazioni costanti con il dittatore Emilio Masera che lo informò di come Yorio fosse un comandante della guerriglia. Ciò bastò a Bergoglio per disinteressarsi completamente della sorte del gesuita la cui grande colpa era quella di lavorare con i poveri in un umile quartiere di Buenos Aires. Yorio fu sequestrato e rimase desaparecido per cinque mesi.
Bergoglio rappresenta quello che nella politica argentina si conosce come conservatore – popolare: conservatore estremo in materia dogmatica ma con una marcata sensibilità verso le fasce povere»
Altre notizie
IL RUOLO DEL VATICANO NEL GOLPE MILITARE IN ARGENTINA
Gli oscuri legami tra i militari e la «chiesa nera» di
Bergoglio
HORACIO VERBITSKY*
Il Manifesto, 24 marzo 2006
La prima edizione di questo libro, alla quale ho lavorato per oltre quindici anni, è andata in stampa a Buenos Aires nel febbraio del 2005, quando a Roma era ricoverato in ospedale papa Giovanni Paolo II, che poi morì il 2 aprile. Secondo i quotidiani italiani, il cardinale argentino Jorge Bergoglio fu l'unico serio avversario del tedesco Joseph Ratzinger, che venne eletto il 19 aprile e assunse il nome di Benedetto XVI. In quegli stessi giorni, il vescovo castrense di Buenos Aires disse che il ministro argentino della salute meritava di essere gettato in mare con una pietra da mulino al collo per aver distribuito preservativi ed essersi espresso a favore della depenalizzazione dell'aborto.(...) Quando il vescovo Baseotto appese la biblica pietra da mulino al collo ministeriale, il presidente Néstor Kirchner invitò il Vaticano a designare un nuovo titolare della diocesi militare. Quando il Nunzio apostolico comunicò che non ve n'era motivo, il governo revocò l'assenso prestato alla nomina di Baseotto e lo privò del suo emolumento da segretario di Stato per aver rivendicato i metodi della dittatura. Il Vaticano disconosce sia «l'interpretazione che si è voluto dare alla citazione evangelica» sia l'autorità presidenziale di revocare la designazione del vescovo castrense.
Di motivi per dubitare che Baseotto abbia scelto ingenuamente una citazione biblica riguardante persone gettate in mare, ve ne sono in abbondanza. Il suo primo atto da Vicario fu la visita alla Corte suprema di Giustizia nella quale sostenne la necessità di chiudere i processi relativi alla guerra sporca dei militari contro la società argentina. Il suo segretario generale nell'Episcopato castrense (lo stesso incarico che nel 1976 rivestiva Emilio Grasselli) è il sacerdote Alberto Angel Zanchetta, che fu cappellano della Esma negli anni della dittatura e del quale è comprovata la conoscenza dettagliata di quanto vi accadeva. (...) Dopo aver acceso la polemica pubblica con le sue parole, Baseotto si riferì ai voli come a uno dei «fatti avvenuti, a quanto si dice, durante la famosa dittatura militare». Nessun membro dell'Episcopato ebbe da eccepire su quella frase provocatoria, perché tutta la Chiesa argentina continua a trincerarsi nell'isola del suo silenzio.
Bergoglio rispose al libro attraverso il suo portavoce ufficiale, padre Guillermo Marco. Disse che aveva salvato la vita dei sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics e che qualsiasi affermazione in senso contrario costituiva un'infamia. (...) Per screditare la mia inchiesta disse che Yorio non poteva confutare quanto sostenuto nel libro perché era morto, che la mia fonte relativa a Jalics era anonima e che esisteva una foto di un incontro amichevole del sacerdote ungherese con Bergoglio durante una visita di Jalics a Buenos Aires. (...) Né Bergoglio né i suoi intimi hanno detto una parola sulla prova inconfutabile della doppiezza di cui lo accusano Yorio e Jalics. Yorio era ancora vivo quando pubblicai la prima intervista in cui accusa Bergoglio, nel 1999. Lungi dallo smentirmi, mi inviò poche righe intitolate «Grazie» e ci mantenemmo in contatto fino alla sua morte. (...) Figlio di un proprietario terriero e ufficiale dell'esercito ungherese, Jalics sostiene in Ejercicios de Contemplacion che il padre morì avvelenato nella sede della polizia politica comunista, ma che la madre gli insegnò a non odiare, sicché «imparai cosa significa la riconciliazione». Nel raccontare il suo sequestro dice: «Molta gente che aveva convinzioni politiche di estrema destra no vedeva di buon occhio la nostra presenza nelle baraccopoli. Interpretavano il fatto che no vivevamo lì come un appoggio alla guerriglia e si proposero di denunciarci come terroristi. Noi conoscevamo la provenienza e il responsabile di quelle calunnie. Sicché andai a parlare con la persona in questione e gli spiegai che stava giocando con le nostre vite. L'uomo mi promise che avrebbe fatto sapere ai militari che non eravamo terroristi. Da dichiarazioni rese successivamente da un ufficiale e da trenta documenti ai quali riuscii ad accedere in seguito, potremmo appurare senza ombra di dubbio che quell'uomo non aveva mantenuto la sua promessa e che, al contrario, aveva presentato una falsa denuncia ai militari». Durante i cinque mesi del sequestro, la sua ira era diretta più che ai suoi carcerieri «all'uomo che aveva fatto la falsa denuncia contro di noi».
Quell'uomo è Bergoglio. La sua identità è svelata in una lettera che Yorio scrisse da Roma il 24 novembre 1977 all'assistente generale della Compagnia di Gesù, padre Moura. I fratelli e i nipoti di Yorio me ne diedero copia in segno di gratitudine per la pubblicazione del libro.«Dato il proseguire delle voci su una mia partecipazione alla guerriglia, padre Jalics ha nuovamente affrontato la questione con padre Bergoglio. Padre Bergoglio ha riconosciuto la gravità del fatto e si è impegnato a mettere un freno alle voci nella Compagnia e ad affrettarsi a parlare con persone delle Forze Armate per testimoniare la nostra innocenza», dice. Ma siccome «il Provinciale non faceva nulla per difenderci, abbiamo cominciato a dubitare della sua onestà».(...) Nel nostro scambio epistolare, Yorio mi fornì una descrizione della doppiezza del suo ex Provinciale che coincide con quella che emerge dai documenti che anni più tardi scoprii nell'archivio del ministero degli Esteri argentino. Nel clima di paura e delazione instaurato all'interno della Chiesa e della società, i sacerdoti che lavoravano con i poveri «erano demonizzati, guardati con sospetto all'interno delle nostre stesse istituzioni e accusati di sovvertire l'ordine sociale». In quel contesto, «potevano concederci in segreto l'autorizzazione a celebrar messa in privato, ma non ci liberavano dalla proibizione e dall'infamia pubblica di non poter esercitare il sacerdozio, dando così alle forze della repressione il pretesto per farci sparire». (...)Riacquistata la libertà, Jalics viaggiò negli Stati uniti e poi in Germania. Nonostante la distanza, «menzogne, calunnie e azioni ingiuste non cessavano». (...) Molte persone legate alla Chiesa e alla Compagnia di Gesù mi fecero avere dati aggiuntivi e confermativi. Uno di loro è il sacerdote irlandese Patrick Rice, che nel 1976 era il superiore della comunità dei piccoli frati del Vangelo in Argentina. Sequestrato sul finire di quell'anno a Buenos Aires, lo incappucciarono e lo interrogarono senza tregua, gli bruciarono il viso e le mani con sigarette e gli fecero ingerire acqua e pressione fino al limite della sua resistenza. Altri sacerdoti della sua confraternita sono ancora desaparecidos ma Rice riuscì a scappare con l'aiuto del governo irlandese e viaggiò in tutto il mondo per denunciare la situazione argentina. Nel 1979 venne a sapere che Massera, ormai dimessosi dalla Marina e impegnato nella sua attività politica, avrebbe partecipato a un seminario organizzato presso l'Università di Georgetown, a Washington, da due accademici che in seguito svolsero ruoli di primo piano nel futuro governo statunitense di Ronald Reagan: Jean Kirckpatrick e Eliot Abrahmas. Mentre Massera teneva la sua lectio magistralis, Rice e un sacerdote nordamericano lo interruppero con domande sulla repressione di vescovi, suore, sacerdoti e laici cristiani. Massera non poté continuare e lasciò l'aula furibondo. Anche l'Università di Georgetown appartiene ai gesuiti. Patrick Rice sostiene che «tenuto conto della struttura della Chiesa, è impensabile che quell'invito potesse essere partito senza l'iniziativa o almeno l'assenso del Provincialato argentino della Compagnia di Gesù». Come il giorno dell'omaggio a Massera nell'Università del Salvatore, anche in quel caso, il Provinciale gesuita era l'allora sacerdote Jorge Mario Bergoglio.
La prima edizione di questo libro, alla quale ho lavorato per oltre quindici anni, è andata in stampa a Buenos Aires nel febbraio del 2005, quando a Roma era ricoverato in ospedale papa Giovanni Paolo II, che poi morì il 2 aprile. Secondo i quotidiani italiani, il cardinale argentino Jorge Bergoglio fu l'unico serio avversario del tedesco Joseph Ratzinger, che venne eletto il 19 aprile e assunse il nome di Benedetto XVI. In quegli stessi giorni, il vescovo castrense di Buenos Aires disse che il ministro argentino della salute meritava di essere gettato in mare con una pietra da mulino al collo per aver distribuito preservativi ed essersi espresso a favore della depenalizzazione dell'aborto.(...) Quando il vescovo Baseotto appese la biblica pietra da mulino al collo ministeriale, il presidente Néstor Kirchner invitò il Vaticano a designare un nuovo titolare della diocesi militare. Quando il Nunzio apostolico comunicò che non ve n'era motivo, il governo revocò l'assenso prestato alla nomina di Baseotto e lo privò del suo emolumento da segretario di Stato per aver rivendicato i metodi della dittatura. Il Vaticano disconosce sia «l'interpretazione che si è voluto dare alla citazione evangelica» sia l'autorità presidenziale di revocare la designazione del vescovo castrense.
Di motivi per dubitare che Baseotto abbia scelto ingenuamente una citazione biblica riguardante persone gettate in mare, ve ne sono in abbondanza. Il suo primo atto da Vicario fu la visita alla Corte suprema di Giustizia nella quale sostenne la necessità di chiudere i processi relativi alla guerra sporca dei militari contro la società argentina. Il suo segretario generale nell'Episcopato castrense (lo stesso incarico che nel 1976 rivestiva Emilio Grasselli) è il sacerdote Alberto Angel Zanchetta, che fu cappellano della Esma negli anni della dittatura e del quale è comprovata la conoscenza dettagliata di quanto vi accadeva. (...) Dopo aver acceso la polemica pubblica con le sue parole, Baseotto si riferì ai voli come a uno dei «fatti avvenuti, a quanto si dice, durante la famosa dittatura militare». Nessun membro dell'Episcopato ebbe da eccepire su quella frase provocatoria, perché tutta la Chiesa argentina continua a trincerarsi nell'isola del suo silenzio.
Bergoglio rispose al libro attraverso il suo portavoce ufficiale, padre Guillermo Marco. Disse che aveva salvato la vita dei sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics e che qualsiasi affermazione in senso contrario costituiva un'infamia. (...) Per screditare la mia inchiesta disse che Yorio non poteva confutare quanto sostenuto nel libro perché era morto, che la mia fonte relativa a Jalics era anonima e che esisteva una foto di un incontro amichevole del sacerdote ungherese con Bergoglio durante una visita di Jalics a Buenos Aires. (...) Né Bergoglio né i suoi intimi hanno detto una parola sulla prova inconfutabile della doppiezza di cui lo accusano Yorio e Jalics. Yorio era ancora vivo quando pubblicai la prima intervista in cui accusa Bergoglio, nel 1999. Lungi dallo smentirmi, mi inviò poche righe intitolate «Grazie» e ci mantenemmo in contatto fino alla sua morte. (...) Figlio di un proprietario terriero e ufficiale dell'esercito ungherese, Jalics sostiene in Ejercicios de Contemplacion che il padre morì avvelenato nella sede della polizia politica comunista, ma che la madre gli insegnò a non odiare, sicché «imparai cosa significa la riconciliazione». Nel raccontare il suo sequestro dice: «Molta gente che aveva convinzioni politiche di estrema destra no vedeva di buon occhio la nostra presenza nelle baraccopoli. Interpretavano il fatto che no vivevamo lì come un appoggio alla guerriglia e si proposero di denunciarci come terroristi. Noi conoscevamo la provenienza e il responsabile di quelle calunnie. Sicché andai a parlare con la persona in questione e gli spiegai che stava giocando con le nostre vite. L'uomo mi promise che avrebbe fatto sapere ai militari che non eravamo terroristi. Da dichiarazioni rese successivamente da un ufficiale e da trenta documenti ai quali riuscii ad accedere in seguito, potremmo appurare senza ombra di dubbio che quell'uomo non aveva mantenuto la sua promessa e che, al contrario, aveva presentato una falsa denuncia ai militari». Durante i cinque mesi del sequestro, la sua ira era diretta più che ai suoi carcerieri «all'uomo che aveva fatto la falsa denuncia contro di noi».
Quell'uomo è Bergoglio. La sua identità è svelata in una lettera che Yorio scrisse da Roma il 24 novembre 1977 all'assistente generale della Compagnia di Gesù, padre Moura. I fratelli e i nipoti di Yorio me ne diedero copia in segno di gratitudine per la pubblicazione del libro.«Dato il proseguire delle voci su una mia partecipazione alla guerriglia, padre Jalics ha nuovamente affrontato la questione con padre Bergoglio. Padre Bergoglio ha riconosciuto la gravità del fatto e si è impegnato a mettere un freno alle voci nella Compagnia e ad affrettarsi a parlare con persone delle Forze Armate per testimoniare la nostra innocenza», dice. Ma siccome «il Provinciale non faceva nulla per difenderci, abbiamo cominciato a dubitare della sua onestà».(...) Nel nostro scambio epistolare, Yorio mi fornì una descrizione della doppiezza del suo ex Provinciale che coincide con quella che emerge dai documenti che anni più tardi scoprii nell'archivio del ministero degli Esteri argentino. Nel clima di paura e delazione instaurato all'interno della Chiesa e della società, i sacerdoti che lavoravano con i poveri «erano demonizzati, guardati con sospetto all'interno delle nostre stesse istituzioni e accusati di sovvertire l'ordine sociale». In quel contesto, «potevano concederci in segreto l'autorizzazione a celebrar messa in privato, ma non ci liberavano dalla proibizione e dall'infamia pubblica di non poter esercitare il sacerdozio, dando così alle forze della repressione il pretesto per farci sparire». (...)Riacquistata la libertà, Jalics viaggiò negli Stati uniti e poi in Germania. Nonostante la distanza, «menzogne, calunnie e azioni ingiuste non cessavano». (...) Molte persone legate alla Chiesa e alla Compagnia di Gesù mi fecero avere dati aggiuntivi e confermativi. Uno di loro è il sacerdote irlandese Patrick Rice, che nel 1976 era il superiore della comunità dei piccoli frati del Vangelo in Argentina. Sequestrato sul finire di quell'anno a Buenos Aires, lo incappucciarono e lo interrogarono senza tregua, gli bruciarono il viso e le mani con sigarette e gli fecero ingerire acqua e pressione fino al limite della sua resistenza. Altri sacerdoti della sua confraternita sono ancora desaparecidos ma Rice riuscì a scappare con l'aiuto del governo irlandese e viaggiò in tutto il mondo per denunciare la situazione argentina. Nel 1979 venne a sapere che Massera, ormai dimessosi dalla Marina e impegnato nella sua attività politica, avrebbe partecipato a un seminario organizzato presso l'Università di Georgetown, a Washington, da due accademici che in seguito svolsero ruoli di primo piano nel futuro governo statunitense di Ronald Reagan: Jean Kirckpatrick e Eliot Abrahmas. Mentre Massera teneva la sua lectio magistralis, Rice e un sacerdote nordamericano lo interruppero con domande sulla repressione di vescovi, suore, sacerdoti e laici cristiani. Massera non poté continuare e lasciò l'aula furibondo. Anche l'Università di Georgetown appartiene ai gesuiti. Patrick Rice sostiene che «tenuto conto della struttura della Chiesa, è impensabile che quell'invito potesse essere partito senza l'iniziativa o almeno l'assenso del Provincialato argentino della Compagnia di Gesù». Come il giorno dell'omaggio a Massera nell'Università del Salvatore, anche in quel caso, il Provinciale gesuita era l'allora sacerdote Jorge Mario Bergoglio.
*Questo testo è «l'epilogo» del libro di Horacio Verbitsky, L'isola del silenzio, pubblicato in Italia dalla Fandango libri, in libreria dal prossimo 30 marzo.
ARGENTINA: CRONOLOGIA DEL GOLPE
1976 , 24 MARZO Golpe delle forze armate contro il governo di Isabelita Peron.
1982, 2 APRILE Fuga in avanti dei militari: il generale-presidente Galtieri attacca le isole Malvinas occupate dagli inglesi nel 1841. La Thatcher reagisce mandando una flotta che sconfigge gli argentini. E' la fine del regime militare. Che cerca di salvarsi promulgando una legge di auto-amnistia per i crimini commessi fra il '76 e l'83.
1983, 30 OTTOBRE Nelle prime elezioni democratiche dopo la dittatura, vince Raul Alfonsin, della Union Civica Radical. S'insedia la Conadep, la Commissione sulla desapareción de personas che nel suo rapporto finale fissa in 8960 il numero dei desaparecidos. Ma il numero definitivo ascenderà ai 30mila.
1985, 22 APRILE Si apre il processo contro i capi delle tre giunte militari che si sono succedute al potere. E' un compromesso ma un fatto storico. I generali Videla e Viola, gli ammiragli Massera e Lambruschini, il brigadiere Agosti sono condannati all'ergastolo.
1986, 23 DICEMBRE Alfonsin, di fronte all'insubordinazione militare, manda al Congresso la legge del «Punto final» che estingue la responsabilità penale per i militari colpevoli di atrocità. Pochi mesi dopo, è votata la legge della «Obediencia debida», che esenta da colpe tutti i militari di grado inferiore.
1989, 14 MAGGIO Tornano i peronisti: alle elezioni vince Carlos Menem. Che, in nome della «riconciliazione nazionale», indulta Videla, Viola, Galtieri e altri 220 militari. 1991 All'inizio dell'anno il ministro dell'economia Cavallo vara il Plan de convertibilidad: un peso=un dollaro. Stronca l'inflazione, ma con conseguenze sociali drammatiche.
1995, 14 MAGGIO Menem viene rieletto presidente dopo aver fatto cambiare la costituzione. Scandali, sanguinosi attentati (contro l'ambasciata israeliana e un centro mutualistico ebraico) disoccupazione, marcheranno il secondo mandato.
1999, 24 OTTOBRE Il radicale Fernando de La Rua vince le elezioni sul peronista Duhalde. Aveva promesso cambi nella politica economico-sociale ma il continuismo è la nota dominante del suo governo. Di fronte a una situazione sempre più critica, richiama addirittura il ministro Cavallo. Ma il suo Plan de compettividad è un fiasco. L'Fmi di cui l'Argentina era l'allievo modello, la lascia affondare.
2001, DICEMBRE Cavallo impone il «corallito», ossia il blocco generalizzato dei conti e dei risparmi. Scoppiano i cacerolazos. De la Rua impone lo stato d'assedio. Gli scontri sotto la Casa rosada provocano 29 morti. De La Rua si dimette. In due settimane si succedono tre presidenti effimeri. Ma uno di loro, il peronista Rodriguez Saa fa in tempo a proclamare la sospensione del pagamento del debito.
2002, 2 GENNAIO Il Congresso nomina presidente a interim il peronista Duhalde. Il 6 gennaio il ministro dell'economia Lavagna pone fine alla Ley de convertibilidad: un dollaro vale 3 pesos.
2003, 25 MAGGIO Assume la presidenza il peronista Nestor Kirchner, governatore di Santa Cruz. In tre anni, l'Argentina rinasce dal punto di vista economico e politico: no ai diktat dell'Fmi, crescita dell'8%, dimezzamento della disoccupazione, annullamento delle leggi di Punto final e Obediencia debida, via libera ai processi contro i militari.
Il lato oscuro di Jorge Mario Bergoglio: "Colluso con la dittatura argentina"
. Il nuovo Papa in una scheda fortemente critica sul suo passato. Era il 2006 quando il sito di Don Vitaliano della Sala, 'prete no global', ricostruì le macchie di chi oggi è chiamato a guidare la Chiesa Cattolica
"Le prove del ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, sono racchiuse nel libro L’isola del Silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, del giornalista argentino Horacio Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più tragico del Paese sudamericano, lavorando sulla ricostruzione degli eventi attraverso ricerche serie e attente".
"I fatti riferiti da Verbitsky. Nei primi anni Settanta Bergoglio, 36 anni, gesuita, divenne il più giovane Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Entrando a capo della congregazione, ereditò molta influenza e molto potere, dato che in quel periodo l’istituzione religiosa ricopriva un ruolo determinante in tutte le comunità ecclesiastiche di base, attive nelle baraccopoli di Buenos Aires. Tutti i sacerdoti gesuiti che operavano nell’area erano sotto le sue dipendenze. Fu così che nel febbraio del ’76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro nelle baraccopoli e di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono di andarsene. Non se la sentirono di abbandonare tutta quella gente povera che faceva affidamento su di loro".
"Verbitsky racconta come Bergoglio reagì con due provvedimenti immediati. Innanzitutto li escluse dalla Compagnia di Gesù senza nemmeno informarli, poi fece pressioni all’allora arcivescovo di Buenos Aires per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo il golpe, furono rapiti. Secondo quanto sostenuto dai due sacerdoti, quella revoca fu il segnale per i militari, il via libera ad agire: la protezione della Chiesa era ormai venuta meno. E la colpa fu proprio di Bergoglio, accusato di aver segnalato i due padri alla dittatura come sovversivi. Con l’accezione “sovversivo”, nell’Argentina di quegli anni, venivano qualificate persone di ogni ordine e grado: dai professori universitari simpatizzanti del peronismo a chi cantava canzoni di protesta, dalle donne che osavano indossare le minigonne a chi viaggiava armato fino ai denti, fino ad arrivare a chi era impegnato nel sociale ed educava la gente umile a prendere coscienza di diritti e libertà. Dopo sei mesi di sevizie nella famigerata Scuola di meccanica della marina (Esma), i due religiosi furono rilasciati, grazie alle pressioni del Vaticano".
"Alle accuse dei padri gesuiti di averli traditi e denunciati, il cardinal Bergoglio si difende spiegando che la richiesta di lasciare la baraccopoli era un modo per metterli in guardia di fronte a un imminente pericolo. Un botta e risposta che è andato avanti per anni e che Verbitsky ha sempre riportato fedelmente, fiutando che la verità fosse nel mezzo. Poi la luce: dagli archivi del ministero degli Esteri sono emersi documenti che confermano la versione dei due sacerdoti, mettendo fine a ogni diatriba. In particolare Verbitsky fa riferimento a un episodio specifico: nel 1979 padre Francisco Jalics si era rifugiato in Germania, da dove chiese il rinnovo del passaporto per evitare di rimetter piede nell’Argentina delle torture. Bergoglio si offrì di fare da intermediario, fingendo di perorare la causa del padre: invece l’istanza fu respinta. Nella nota apposta sulla documentazione dal direttore dell’Ufficio del culto cattolico, allora organismo del ministero degli Esteri, c’è scritto: “Questo prete è un sovversivo. Ha avuto problemi con i suoi superiori ed è stato detenuto nell’Esma”. Poi termina dicendo che la fonte di queste informazioni su Jalics è proprio il Superiore provinciale dei gesuiti padre Bergoglio, che raccomanda che non si dia corso all’istanza. E non finisce qui. Un altro documento evidenzia ancora più chiaramente il ruolo di Bergoglio: “Nonostante la buona volontà di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto pulizia al suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi terzomondisti hanno cominciato una nuova fase”. È il documento classificato Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9. Nel libro di Verbitsky sono pubblicati anche i resoconti dell’incontro fra il giornalista argentino e il cardinale, durante i quali quest’ultimo ha cercato di presentare le prove che ridimensionassero il suo ruolo. “Non ebbi mai modo di etichettarli come guerriglieri o comunisti – affermò l’arcivescovo – tra l’altro perché non ho mai creduto che lo fossero"".
"Ad inchiodarlo c’è anche la testimonianza di padre Orlando Yorio, morto nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi pienamente dalle torture, dalla terribile esperienza vissuta chiuso nell’Esma. In un’intervista rilasciata a Verbistky nel 1999 racconta il suo arrivo a Roma dopo la partenza dall’Argentina: “Padre Gavigna, segretario generale dei gesuiti, mi aprì gli occhi – raccontò in quell’occasione – Era un colombiano che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva bene. Mi riferì che l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato che secondo il governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché i nostri superiori ecclesiastici lo avevano informato che almeno uno di noi era un guerrigliero. Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e lo fece”. Nel libro, inoltre, Verbistky spiega come Bergoglio, durante la dittatura militare, abbia svolto attività politica nella Guardia di ferro, un’organizzazione della destra peronista, che ha lo stesso nome di una formazione rumena sviluppatasi fra gli anni Venti e i Trenta del Novecento, legata al nazionalsocialismo. Secondo il giornalista, l’attuale arcivescovo di Buenos Aires, quando ricoprì il ruolo di Provinciale della Compagnia di Gesù, decise che l’Università gestita dai gesuiti fosse collegata a un’associazione privata controllata dalla Guardia di ferro. Controllo che terminò proprio quando Bergoglio fu trasferito di ruolo. “Io non conosco casi moderni di vescovi che abbiano avuto una partecipazione politica così esplicita come è stata quella di Bergoglio”, incalza Verbitsky. “Lui agisce con il tipico stile di un politico. È in relazione costante con il mondo politico, ha persino incontri costanti con ministri del governo".
1976 , 24 MARZO Golpe delle forze armate contro il governo di Isabelita Peron.
1982, 2 APRILE Fuga in avanti dei militari: il generale-presidente Galtieri attacca le isole Malvinas occupate dagli inglesi nel 1841. La Thatcher reagisce mandando una flotta che sconfigge gli argentini. E' la fine del regime militare. Che cerca di salvarsi promulgando una legge di auto-amnistia per i crimini commessi fra il '76 e l'83.
1983, 30 OTTOBRE Nelle prime elezioni democratiche dopo la dittatura, vince Raul Alfonsin, della Union Civica Radical. S'insedia la Conadep, la Commissione sulla desapareción de personas che nel suo rapporto finale fissa in 8960 il numero dei desaparecidos. Ma il numero definitivo ascenderà ai 30mila.
1985, 22 APRILE Si apre il processo contro i capi delle tre giunte militari che si sono succedute al potere. E' un compromesso ma un fatto storico. I generali Videla e Viola, gli ammiragli Massera e Lambruschini, il brigadiere Agosti sono condannati all'ergastolo.
1986, 23 DICEMBRE Alfonsin, di fronte all'insubordinazione militare, manda al Congresso la legge del «Punto final» che estingue la responsabilità penale per i militari colpevoli di atrocità. Pochi mesi dopo, è votata la legge della «Obediencia debida», che esenta da colpe tutti i militari di grado inferiore.
1989, 14 MAGGIO Tornano i peronisti: alle elezioni vince Carlos Menem. Che, in nome della «riconciliazione nazionale», indulta Videla, Viola, Galtieri e altri 220 militari. 1991 All'inizio dell'anno il ministro dell'economia Cavallo vara il Plan de convertibilidad: un peso=un dollaro. Stronca l'inflazione, ma con conseguenze sociali drammatiche.
1995, 14 MAGGIO Menem viene rieletto presidente dopo aver fatto cambiare la costituzione. Scandali, sanguinosi attentati (contro l'ambasciata israeliana e un centro mutualistico ebraico) disoccupazione, marcheranno il secondo mandato.
1999, 24 OTTOBRE Il radicale Fernando de La Rua vince le elezioni sul peronista Duhalde. Aveva promesso cambi nella politica economico-sociale ma il continuismo è la nota dominante del suo governo. Di fronte a una situazione sempre più critica, richiama addirittura il ministro Cavallo. Ma il suo Plan de compettividad è un fiasco. L'Fmi di cui l'Argentina era l'allievo modello, la lascia affondare.
2001, DICEMBRE Cavallo impone il «corallito», ossia il blocco generalizzato dei conti e dei risparmi. Scoppiano i cacerolazos. De la Rua impone lo stato d'assedio. Gli scontri sotto la Casa rosada provocano 29 morti. De La Rua si dimette. In due settimane si succedono tre presidenti effimeri. Ma uno di loro, il peronista Rodriguez Saa fa in tempo a proclamare la sospensione del pagamento del debito.
2002, 2 GENNAIO Il Congresso nomina presidente a interim il peronista Duhalde. Il 6 gennaio il ministro dell'economia Lavagna pone fine alla Ley de convertibilidad: un dollaro vale 3 pesos.
2003, 25 MAGGIO Assume la presidenza il peronista Nestor Kirchner, governatore di Santa Cruz. In tre anni, l'Argentina rinasce dal punto di vista economico e politico: no ai diktat dell'Fmi, crescita dell'8%, dimezzamento della disoccupazione, annullamento delle leggi di Punto final e Obediencia debida, via libera ai processi contro i militari.
Il lato oscuro di Jorge Mario Bergoglio: "Colluso con la dittatura argentina"
. Il nuovo Papa in una scheda fortemente critica sul suo passato. Era il 2006 quando il sito di Don Vitaliano della Sala, 'prete no global', ricostruì le macchie di chi oggi è chiamato a guidare la Chiesa Cattolica
"Il cardinale Jorge Mario Bergoglio,
arcivescovo di Buenos Aires, presidente dei vescovi argentini, nonché
tra i più votati, nel 2005, nel conclave Vaticano che ha scelto il
successore di Giovanni Paolo II, è accusato di collusione con la dittatura argentina che sterminò novemila persone".
Inizia così un lungo articolo pubblicato sul sito del prete 'no global' Don Vitaliano della Sala, la scheda sul "passato oscuro" di chi, a distanza di 8 anni, è il nuovo Papa."Le prove del ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, sono racchiuse nel libro L’isola del Silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, del giornalista argentino Horacio Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più tragico del Paese sudamericano, lavorando sulla ricostruzione degli eventi attraverso ricerche serie e attente".
"I fatti riferiti da Verbitsky. Nei primi anni Settanta Bergoglio, 36 anni, gesuita, divenne il più giovane Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Entrando a capo della congregazione, ereditò molta influenza e molto potere, dato che in quel periodo l’istituzione religiosa ricopriva un ruolo determinante in tutte le comunità ecclesiastiche di base, attive nelle baraccopoli di Buenos Aires. Tutti i sacerdoti gesuiti che operavano nell’area erano sotto le sue dipendenze. Fu così che nel febbraio del ’76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro nelle baraccopoli e di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono di andarsene. Non se la sentirono di abbandonare tutta quella gente povera che faceva affidamento su di loro".
"Verbitsky racconta come Bergoglio reagì con due provvedimenti immediati. Innanzitutto li escluse dalla Compagnia di Gesù senza nemmeno informarli, poi fece pressioni all’allora arcivescovo di Buenos Aires per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo il golpe, furono rapiti. Secondo quanto sostenuto dai due sacerdoti, quella revoca fu il segnale per i militari, il via libera ad agire: la protezione della Chiesa era ormai venuta meno. E la colpa fu proprio di Bergoglio, accusato di aver segnalato i due padri alla dittatura come sovversivi. Con l’accezione “sovversivo”, nell’Argentina di quegli anni, venivano qualificate persone di ogni ordine e grado: dai professori universitari simpatizzanti del peronismo a chi cantava canzoni di protesta, dalle donne che osavano indossare le minigonne a chi viaggiava armato fino ai denti, fino ad arrivare a chi era impegnato nel sociale ed educava la gente umile a prendere coscienza di diritti e libertà. Dopo sei mesi di sevizie nella famigerata Scuola di meccanica della marina (Esma), i due religiosi furono rilasciati, grazie alle pressioni del Vaticano".
"Alle accuse dei padri gesuiti di averli traditi e denunciati, il cardinal Bergoglio si difende spiegando che la richiesta di lasciare la baraccopoli era un modo per metterli in guardia di fronte a un imminente pericolo. Un botta e risposta che è andato avanti per anni e che Verbitsky ha sempre riportato fedelmente, fiutando che la verità fosse nel mezzo. Poi la luce: dagli archivi del ministero degli Esteri sono emersi documenti che confermano la versione dei due sacerdoti, mettendo fine a ogni diatriba. In particolare Verbitsky fa riferimento a un episodio specifico: nel 1979 padre Francisco Jalics si era rifugiato in Germania, da dove chiese il rinnovo del passaporto per evitare di rimetter piede nell’Argentina delle torture. Bergoglio si offrì di fare da intermediario, fingendo di perorare la causa del padre: invece l’istanza fu respinta. Nella nota apposta sulla documentazione dal direttore dell’Ufficio del culto cattolico, allora organismo del ministero degli Esteri, c’è scritto: “Questo prete è un sovversivo. Ha avuto problemi con i suoi superiori ed è stato detenuto nell’Esma”. Poi termina dicendo che la fonte di queste informazioni su Jalics è proprio il Superiore provinciale dei gesuiti padre Bergoglio, che raccomanda che non si dia corso all’istanza. E non finisce qui. Un altro documento evidenzia ancora più chiaramente il ruolo di Bergoglio: “Nonostante la buona volontà di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto pulizia al suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi terzomondisti hanno cominciato una nuova fase”. È il documento classificato Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9. Nel libro di Verbitsky sono pubblicati anche i resoconti dell’incontro fra il giornalista argentino e il cardinale, durante i quali quest’ultimo ha cercato di presentare le prove che ridimensionassero il suo ruolo. “Non ebbi mai modo di etichettarli come guerriglieri o comunisti – affermò l’arcivescovo – tra l’altro perché non ho mai creduto che lo fossero"".
"Ad inchiodarlo c’è anche la testimonianza di padre Orlando Yorio, morto nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi pienamente dalle torture, dalla terribile esperienza vissuta chiuso nell’Esma. In un’intervista rilasciata a Verbistky nel 1999 racconta il suo arrivo a Roma dopo la partenza dall’Argentina: “Padre Gavigna, segretario generale dei gesuiti, mi aprì gli occhi – raccontò in quell’occasione – Era un colombiano che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva bene. Mi riferì che l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato che secondo il governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché i nostri superiori ecclesiastici lo avevano informato che almeno uno di noi era un guerrigliero. Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e lo fece”. Nel libro, inoltre, Verbistky spiega come Bergoglio, durante la dittatura militare, abbia svolto attività politica nella Guardia di ferro, un’organizzazione della destra peronista, che ha lo stesso nome di una formazione rumena sviluppatasi fra gli anni Venti e i Trenta del Novecento, legata al nazionalsocialismo. Secondo il giornalista, l’attuale arcivescovo di Buenos Aires, quando ricoprì il ruolo di Provinciale della Compagnia di Gesù, decise che l’Università gestita dai gesuiti fosse collegata a un’associazione privata controllata dalla Guardia di ferro. Controllo che terminò proprio quando Bergoglio fu trasferito di ruolo. “Io non conosco casi moderni di vescovi che abbiano avuto una partecipazione politica così esplicita come è stata quella di Bergoglio”, incalza Verbitsky. “Lui agisce con il tipico stile di un politico. È in relazione costante con il mondo politico, ha persino incontri costanti con ministri del governo".
Il cardinale che voleva sostituire Ratzinger
- 13 marzo 2013
Un articolo del 2010 di Horacio Verbitsky su Página 12:
Mentre in Europa sono sempre di più quelli che mettono sotto accusa Benedetto XVI per la sua gestione di alcuni casi di pedofilia e gli chiedono di fare un passo indietro, il cardinale argentino Jorge Bergoglio si sta dando da fare per costruirsi un’immagine credibile come suo successore. Cercando di cancellare dalla sua biografia alcuni fatti controversi, scrive Horacio Verbitsky su Página 12.
“L’arcivescovo di Buenos Aires ha da poco pubblicato la sua autobiografia, Il gesuita. L’obiettivo di Bergoglio è soprattutto respingere le accuse di aver collaborato con la dittatura quando ricopriva l’incarico di superiore provinciale della Compagnia di Gesù. I sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics lo accusano di averli consegnati ai militari”.
Yorio e Jalics restarono sequestrati per cinque mesi a partire dal maggio del 1976. Nella stessa operazione l’esercito arrestò anche quattro catechiste e i mariti di due di loro. Non sono mai stati ritrovati. Tra loro c’era Mónica Candelaria Mignone, figlia di Emilio Mignone, che nel 1979 ha fondato il Center of legal and social studies, un’organizzazione non governativa impegnata a proteggere e a rafforzare i diritti umani e la democrazia in Argentina.
Mentre in Europa sono sempre di più quelli che mettono sotto accusa Benedetto XVI per la sua gestione di alcuni casi di pedofilia e gli chiedono di fare un passo indietro, il cardinale argentino Jorge Bergoglio si sta dando da fare per costruirsi un’immagine credibile come suo successore. Cercando di cancellare dalla sua biografia alcuni fatti controversi, scrive Horacio Verbitsky su Página 12.
“L’arcivescovo di Buenos Aires ha da poco pubblicato la sua autobiografia, Il gesuita. L’obiettivo di Bergoglio è soprattutto respingere le accuse di aver collaborato con la dittatura quando ricopriva l’incarico di superiore provinciale della Compagnia di Gesù. I sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics lo accusano di averli consegnati ai militari”.
Yorio e Jalics restarono sequestrati per cinque mesi a partire dal maggio del 1976. Nella stessa operazione l’esercito arrestò anche quattro catechiste e i mariti di due di loro. Non sono mai stati ritrovati. Tra loro c’era Mónica Candelaria Mignone, figlia di Emilio Mignone, che nel 1979 ha fondato il Center of legal and social studies, un’organizzazione non governativa impegnata a proteggere e a rafforzare i diritti umani e la democrazia in Argentina.
Nel libro Bergoglio dice di aver fatto il
possibile per liberare i due sacerdoti. Ma ci sono vari documenti che
dimostrano il contrario. In ogni caso, conclude Página 12, le polemiche
che hanno colpito il papa nelle ultime settimane potrebbero causare
sviluppi inattesi nei vertici della chiesa. E Bergoglio ha bisogno di
uno stato di servizio immacolato per poter aspirare al pontificato.
Quando incontrava esponenti della Chiesa cattolica, Videla parlava con la franchezza in uso tra amici. L’allora presidente dell’Episcopato, il cardinale Raul Francisco Primatesta, comunicò all’Assemblea Plenaria che lui e i suoi due vicepresidenti, l’arcivescovo Vicente Zazpe e il cardinale Juan Aramburu, avevano parlato a Videla dei casi di prigionieri apparentemente rimessi in libertà, ma in realtà assassinati, si erano interessati dei sacerdoti desaparecidos, quali Pablo Gazzarri, Carlos Bustos e Mauricio Silva, e di altre persone scomparse nei giorni precedenti all’incontro con Videla. Secondo il documento episcopale “il presidente ha risposto che apparentemente sarebbe ovvio affermare che sono già morti; si tratterebbe di varcare una linea di demarcazione: questi sono scomparsi, non ci sono più. Questo sarebbe il più chiaro, comunque ci porta a una serie di considerazioni in ordine a dove sono stati sepolti: in una fossa comune? E in tal caso chi li avrebbe sepolti in questa fossa? Una serie di domande alle quali le autorità di governo non possono rispondere sinceramente in quanto la cosa coinvolge diverse persone”, un eufemismo per alludere a coloro che avevano svolto il lavoro sporco di sequestrarli, torturarli, ucciderli e fare sparire le spoglie. L’atteggiamento del clero aveva sfumature sottili. Zazpe chiese: “Cosa rispondiamo alla gente visto che c’è un fondamento di verità in quanto sospettano?”. E Videla “ammise che era vero”. Aramburu spiegò che “il problema è di rispondere in modo che la gente non continui a chiedere spiegazioni”.
Primatesta spiegò che “la Chiesa vuole capire, collaborare, è consapevole che il Paese versava in uno stato di caos” e che ha misurato le parole perché sapeva benissimo “il danno che poteva arrecare al governo”. Anche Primatesta ha insistito sulla necessità di arrivare a una qualche soluzione in quanto prevedeva che alla lunga il metodo consistente nel far sparire le persone avrebbe prodotto “effetti negativi” considerata “l’amarezza che affligge molte famiglie”. Questo dialogo di straordinaria franchezza mostra che sia Videla sia la Chiesa conoscevano benissimo i fatti e sottolinea la complicità con cui valutavano e decidevano in che modo rispondere alle denunce della gente avvertite da entrambe le parti come una minaccia comune.
Nello scegliere questa politica di omicidi clandestini, che Videla ora definisce “comoda” perché sollevava dal fornire spiegazioni, la giunta militare gettò un’ombra di sospetto su tutti i quadri delle Forze armate e delle forze di sicurezza, ombra che cominciò a dissiparsi con la riapertura dei processi che hanno consentito di accertare le responsabilità individuali che la giunta aveva coperto. Fino ad oggi ci sono state 253 sentenze di condanna e 20 di assoluzione, la qual cosa dimostra che in democrazia nessuno viene condannato pregiudizialmente e senza poter esercitare il suo diritto alla difesa. Fino ad oggi solo un cappellano militare, Christian von Wernich, è stato condannato per complicità in casi di tortura e omicidio.
Zazpe è morto nel 1984, Aramburu nel 2004 e Primatesta nel 2006. Nel 2011 ha rinunciato per sopraggiunti limiti di età, Jorge Casaretto, l’ultimo vescovo di quei tempi ancora in attività. Tuttavia la Chiesa continua a mantenere un ostinato silenzio che talvolta sottolinea la sua crescente irrilevanza nel panorama della società argentina. La scarsa influenza della Chiesa si è vista con chiarezza l’anno scorso quando, malgrado la sua mobilitazione, il Congresso ha modificato il codice civile per consentire il matrimonio a tutte le persone indipendentemente dal sesso dei contraenti.
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
Il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2012
In occasione di un’udienza in tribunale, Videla ha detto che i detenuti-desaparecidos erano stati “condannati” e “giustiziati” e che questo metodo gli era sembrato più comodo perché “non aveva le conseguenze di una pubblica fucilazione” che “la società non avrebbe tollerato”. Altri ufficiali avevano già detto che si era ricorsi al metodo dell’eliminazione clandestina perché il Papa non avrebbe accettato le fucilazioni. Videla ha spiegato che non venivano pubblicati gli elenchi dei detenuti-desaparecidos perché contenevano errori e inesattezze e perché non c’era accordo tra le Forze Armate.
Però durante il pranzo del 10aprile 1978 con il presidente e i due vicepresidenti dell’Episcopato, in un clima che il cardinale Juan Aramburu definì cordiale, Videla disse che “sarebbe del tutto ovvio affermare” che i desaparecidos “sono morti: si tratterebbe di varcare una linea di demarcazione e costoro sono scomparsi e pertanto non esistono. Comunque è chiaro che ciò solleva una serie di interrogativi in ordine a dove sono stati sepolti: in una fossa comune? E in tal caso chi li avrebbe sepolti in questa fossa?”. Aggiunse che il governo non poteva rispondere “per le conseguenze riguardanti alcune persone”, vale a dire i sequestratori e gli assassini. Tuttavia nel 1982 il cardinale Aramburu continuava a negare i fatti: in un reportage a cura de Il Messaggero disse che non esistevano fosse comuni e che coloro che “venivano chiamati desaparecidos” vivevano tranquillamente in Europa.
Malgrado l’enorme importanza di questo tardivo riconoscimento, nessuna autorità ecclesiastica ha mai fatto il minimo riferimento alla questione.
Come se l’enormità del fatto avesse avuto l’effetto di ammutolire tutti, i quotidiani Clarin, La Nacion e Perfil hanno finto di non capire che la pubblicazione del documento era fondamentale per stabilire il grado di complicità della Chiesa cattolica con la dittatura militare e la sua politica criminale. Come mi ha raccontato il capitano della Marina Adolfo Scilingo, la pratica di giustiziare i detenuti-desaparecidos gettandoli da un aereo in volo fu approvato dalla gerarchia ecclesiastica che riteneva questo un modo cristiano di morire. La frase fa venire in mente quanto scrisse Heinrich Himmler per spiegare la costruzione delle camere a gas nei lager allo scopo di realizzare la “soluzionefinaledellaquestioneebraica”: era una forma “più umana”. Dimenticò di aggiungere: “Per i carnefici”.
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
Da Il Libro Nero del Vaticano
di Tony Braschi
pag 76-77
Desaparecidos, il Vaticano sapeva
da il Fatto Quotidiano
di Horacio Verbitsky | 11 maggio 2012
La politica dei “desaparecidos” che il dittatore Jorge Videla
ha finito per ammettere con diverse dichiarazioni e in tribunale, era
nota fin dal 10 aprile 1978 alla Commissione esecutiva della Chiesa
cattolica che, però, si guardò bene dall’informare l’opinione pubblica.
Tutto questo risulta da un documento rinvenuto nell’archivio della
Conferenza episcopale.
Il documento porta il numero 10.949 e già
il numero dà un’idea della quantità di informazioni sulle quali la
Chiesa continua a mantenere il segreto. Il documento fu redatto a cura
del Vaticano al termine di un pranzo con Videla ed è conservato nel
fascicolo 24-II. Sono riuscito a visionare il documento in maniera
surrettizia dopo che a una formale richiesta le autorità ecclesiastiche
avevano risposto con la sorprendente affermazione secondo cui
l’Episcopato non avrebbe archivi.Quando incontrava esponenti della Chiesa cattolica, Videla parlava con la franchezza in uso tra amici. L’allora presidente dell’Episcopato, il cardinale Raul Francisco Primatesta, comunicò all’Assemblea Plenaria che lui e i suoi due vicepresidenti, l’arcivescovo Vicente Zazpe e il cardinale Juan Aramburu, avevano parlato a Videla dei casi di prigionieri apparentemente rimessi in libertà, ma in realtà assassinati, si erano interessati dei sacerdoti desaparecidos, quali Pablo Gazzarri, Carlos Bustos e Mauricio Silva, e di altre persone scomparse nei giorni precedenti all’incontro con Videla. Secondo il documento episcopale “il presidente ha risposto che apparentemente sarebbe ovvio affermare che sono già morti; si tratterebbe di varcare una linea di demarcazione: questi sono scomparsi, non ci sono più. Questo sarebbe il più chiaro, comunque ci porta a una serie di considerazioni in ordine a dove sono stati sepolti: in una fossa comune? E in tal caso chi li avrebbe sepolti in questa fossa? Una serie di domande alle quali le autorità di governo non possono rispondere sinceramente in quanto la cosa coinvolge diverse persone”, un eufemismo per alludere a coloro che avevano svolto il lavoro sporco di sequestrarli, torturarli, ucciderli e fare sparire le spoglie. L’atteggiamento del clero aveva sfumature sottili. Zazpe chiese: “Cosa rispondiamo alla gente visto che c’è un fondamento di verità in quanto sospettano?”. E Videla “ammise che era vero”. Aramburu spiegò che “il problema è di rispondere in modo che la gente non continui a chiedere spiegazioni”.
Primatesta spiegò che “la Chiesa vuole capire, collaborare, è consapevole che il Paese versava in uno stato di caos” e che ha misurato le parole perché sapeva benissimo “il danno che poteva arrecare al governo”. Anche Primatesta ha insistito sulla necessità di arrivare a una qualche soluzione in quanto prevedeva che alla lunga il metodo consistente nel far sparire le persone avrebbe prodotto “effetti negativi” considerata “l’amarezza che affligge molte famiglie”. Questo dialogo di straordinaria franchezza mostra che sia Videla sia la Chiesa conoscevano benissimo i fatti e sottolinea la complicità con cui valutavano e decidevano in che modo rispondere alle denunce della gente avvertite da entrambe le parti come una minaccia comune.
Nello scegliere questa politica di omicidi clandestini, che Videla ora definisce “comoda” perché sollevava dal fornire spiegazioni, la giunta militare gettò un’ombra di sospetto su tutti i quadri delle Forze armate e delle forze di sicurezza, ombra che cominciò a dissiparsi con la riapertura dei processi che hanno consentito di accertare le responsabilità individuali che la giunta aveva coperto. Fino ad oggi ci sono state 253 sentenze di condanna e 20 di assoluzione, la qual cosa dimostra che in democrazia nessuno viene condannato pregiudizialmente e senza poter esercitare il suo diritto alla difesa. Fino ad oggi solo un cappellano militare, Christian von Wernich, è stato condannato per complicità in casi di tortura e omicidio.
Zazpe è morto nel 1984, Aramburu nel 2004 e Primatesta nel 2006. Nel 2011 ha rinunciato per sopraggiunti limiti di età, Jorge Casaretto, l’ultimo vescovo di quei tempi ancora in attività. Tuttavia la Chiesa continua a mantenere un ostinato silenzio che talvolta sottolinea la sua crescente irrilevanza nel panorama della società argentina. La scarsa influenza della Chiesa si è vista con chiarezza l’anno scorso quando, malgrado la sua mobilitazione, il Congresso ha modificato il codice civile per consentire il matrimonio a tutte le persone indipendentemente dal sesso dei contraenti.
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
Il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2012
Argentina, sui desaparecidos la Chiesa dà ragione al Fatto
da il Fatto Quotidiano
di Horacio Verbitsky | 5 giugno 2012
La Chiesa cattolica argentina ha confermato dinanzi alle autorità giudiziarie l’autenticità del documento pubblicato da Il Fatto Quotidiano l’11 maggio avente per oggetto l’incontro segreto del 1978 delle gerarchie cattoliche al più alto livello con il dittatore Jorge Videla
nel corso del quale si parlò dell’assassinio dei
detenuti-desaparecidos. Documento redatto nel luogo dell’incontro e
consegnato dallo stesso Videla alla Chiesa e che riguarda i crimini più
gravi commessi nella storia dell’Argentina e tra le cui vittime
figuravano due vescovi e una ventina di sacerdoti. E divulgato da
cattolici indignati per la complicità con una dittatura sanguinosa.
Si tratta di una bozza scritta per informare la Santa Sede
e prova che, almeno a partire dal 1978, la Chiesa sapeva che la
dittatura militare uccideva i detenuti-desaparecidos e invece di
denunciare la dittatura discuteva con il suo capo supremo in che modo
manipolare le informazioni per arrecare il minor danno possibile alla
giunta militare e all’Episcopato che riceveva richieste di aiuto dalle
vittime. Una volta che il documento è stato reso pubblico, la
magistratura ha chiesto all’Episcopato di consegnarlo e l’Episcopato non
ha potuto negare la sua esistenza.In occasione di un’udienza in tribunale, Videla ha detto che i detenuti-desaparecidos erano stati “condannati” e “giustiziati” e che questo metodo gli era sembrato più comodo perché “non aveva le conseguenze di una pubblica fucilazione” che “la società non avrebbe tollerato”. Altri ufficiali avevano già detto che si era ricorsi al metodo dell’eliminazione clandestina perché il Papa non avrebbe accettato le fucilazioni. Videla ha spiegato che non venivano pubblicati gli elenchi dei detenuti-desaparecidos perché contenevano errori e inesattezze e perché non c’era accordo tra le Forze Armate.
Però durante il pranzo del 10aprile 1978 con il presidente e i due vicepresidenti dell’Episcopato, in un clima che il cardinale Juan Aramburu definì cordiale, Videla disse che “sarebbe del tutto ovvio affermare” che i desaparecidos “sono morti: si tratterebbe di varcare una linea di demarcazione e costoro sono scomparsi e pertanto non esistono. Comunque è chiaro che ciò solleva una serie di interrogativi in ordine a dove sono stati sepolti: in una fossa comune? E in tal caso chi li avrebbe sepolti in questa fossa?”. Aggiunse che il governo non poteva rispondere “per le conseguenze riguardanti alcune persone”, vale a dire i sequestratori e gli assassini. Tuttavia nel 1982 il cardinale Aramburu continuava a negare i fatti: in un reportage a cura de Il Messaggero disse che non esistevano fosse comuni e che coloro che “venivano chiamati desaparecidos” vivevano tranquillamente in Europa.
Malgrado l’enorme importanza di questo tardivo riconoscimento, nessuna autorità ecclesiastica ha mai fatto il minimo riferimento alla questione.
Come se l’enormità del fatto avesse avuto l’effetto di ammutolire tutti, i quotidiani Clarin, La Nacion e Perfil hanno finto di non capire che la pubblicazione del documento era fondamentale per stabilire il grado di complicità della Chiesa cattolica con la dittatura militare e la sua politica criminale. Come mi ha raccontato il capitano della Marina Adolfo Scilingo, la pratica di giustiziare i detenuti-desaparecidos gettandoli da un aereo in volo fu approvato dalla gerarchia ecclesiastica che riteneva questo un modo cristiano di morire. La frase fa venire in mente quanto scrisse Heinrich Himmler per spiegare la costruzione delle camere a gas nei lager allo scopo di realizzare la “soluzionefinaledellaquestioneebraica”: era una forma “più umana”. Dimenticò di aggiungere: “Per i carnefici”.
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
Da Il Libro Nero del Vaticano
di Tony Braschi
pag 76-77
IL
SILENZIO DI DIO
Quando
c’è spargimento di sangue c’è redenzione.
Per
mezzo dell’Esercito Argentino Dio sta redimendo la nazione
argentina.
Mons.
Victorio Bonamin
La
chiesa argentina si appresta immediatamente ad una teologizzazione
dell’oppressione. Le gerarchie
ricevono i militari il giorno prima della presa del potere e
assistono all’insediamento del governo
sette giorni dopo il golpe. Il nunzio apostolico Pio Laghi ha modo di
dichiarare, benedicendo le truppe alcuni mesi dopo:
"Il
paese ha un’ ideologia tradizionale e quando qualcuno impone una
ideologia estranea la nazionereagisce come un anticorpo generando
così violenza; l’autodifesa impone misure determinate; in questi
casi si potrà rispettare il diritto fin dove si potrà."
La
gerarchia ecclesiastica diventa quindi complice a tutti gli effetti e
Pio Laghi, intimo amico di Videla con cui era solito giocare a
tennis, afferma di fronte a Paolo VI che le cose vanno bene in
Argentina.
L’immagine
che Laghi ha voluto lasciare di sé è contemporaneamente quella di
chi non sapeva cosa stesse succedendo e quella di chi aiutava i
bisognosi del caso. Comunque Pio Laghi sapeva cosa avveniva, esistono
testimonianze di prigionieri che l’hanno visto visitare caserme
militari e campi di concentramento clandestini.
L’
orrore che le gerarchie commettevano sono arrivate a tanto da poter
consentire l’esistenza di un campo di concentramento sul territorio
della chiesa. Nel caso della visita di una commissione dell’ONU sui
diritti umani, infatti, venne approntato un nuovo campo ad hoc per
fare una buona impressione. Un’isola venne affittata a nome di un
desaparecido falsificandone i documenti. Si scoprì poi che tale
isola era di proprietà della chiesa, andando a costituire l’unico
caso moderno di campo di concentramento costruito su territorio
ecclesiastico.
Jorge
Bergoglio, oggi a capo dei vescovi argentini e già due volte
considerato fra i papabili, è stato riconosciuto da un analista come
implicato in due sequestri di persona.
Durante
quell’epoca, gli appoggi dati alla dittatura dai ranghi più bassi
della chiesa erano innumerevoli: i fuggitivi praticamente non
potevano rifugiarsi nelle chiese, i preti davano la benedizione ai
militari che partivano per i voli della morte. La catechizzazione del
genocidio si basava soprattutto sull’idea che la guerra era
necessaria, che era un atto patriottico, che i morti non soffrivano
e che anche la Bibbia sostiene che si deve eliminare l’erba cattiva
dai campi di grano. Il più famoso è il caso di Christian von
Wernich, sacerdote che partecipò a torture ed assassini. Si narra
che, dopo aver assistito a tre omicidi, cercava di consolare uno di
militari presenti, che era un
po’ scosso, dicendo che era stato un atto patriottico, e che Dio
sapeva ciò che era bene per il paese. Recentemente von Wernich è
condannato all’ergastolo giacché ha partecipato a torture,
assassini, sequestri e sparizioni di persone “nell’ambito di un
genocidio”.
Un
altro sacerdote tristemente famoso è Sanchez Abelenda, cappellano
della triplice A (Alleanza Anticomunista Argentina), gruppo
paramilitare creato da Lopez Rega sul modello degli squadroni della
morte con il compito di eliminazione degli oppositori, fossero questi
deputati, sindacalisti, giornalisti, operai o studenti. Adesso
Sanchez Abelenda è professore universitario in Cile, pur essendo
noto per i suoi riti con cui cercava di esorcizzare il demonio
marxista. Ma erano molti i preti e le suore che, grazie ai contatti
con i familiari dei desaparecidos, riuscivano a far imprigionare
altre persone o che, avendo la possibilità di entrare nei campi di
concentramento cercavano di convincere i prigionieri a parlare. Di
sicuro, moltissimi ecclesiastici avevano accesso e conoscevano i
luoghi di tortura (basti pensare che erano loro che servivano i pasti
ai prigionieri nei giorni di festa, quando i militari erano a casa) e
non hanno mai lasciato trapelare una parola fino a molti anni dopo.
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