Molti
analisti e critici della matrice antidemocratica dell'odierna Unione
Europea, come il blog orizzonte48 gestito da Luciano Barra
Caracciolo, oppure studiosi del calibro di Vladimiro Giacché (ad
esempio nel suo ultimo
libro
Costituzione
italiana contro trattati europei,
di
recente pubblicazione),
ne mettono in risalto la natura fondamentalmente ordoliberista,
liberoscambista e mercatista, quindi fondamentalmente classista e
anticostituzionale.
Secondo il blog orizzonte48
l'ordoliberismo è la versione europea del neoliberismo:
“veste
€uro-attuale del neo-liberismo che, imperniata sull'obiettivo del
lavoro-merce, prende atto dell'ostacolo delle Costituzioni sociali
contemporanee (fondate sul lavoro), ed agisce divenendo
"ordinamentale", cioè impadronendosi delle istituzioni
democratiche per portarle gradualmente ad agire in senso invertito
rispetto alle previsioni costituzionali.”
Tutto
questo ha a che fare con la progressiva inibizione, all'interno dei
paesi europei aderenti all'euro, dell'intervento
dello stato nell'economia, e quindi della possibilità di mettere in
pratica elementi fondamentali del dettato costituzionale democratico,
come la
tutela del risparmio e
il diritto ad
un
lavoro e a una paga dignitosa atta a mantenere se stessi e la propria
famiglia. E'
ormai chiaro a tutti gli studiosi più seri che i tagli alla spesa
pubblica, ai servizi sociali, alle pensioni e la riduzione del ruolo
dello stato nell'economia (attraverso le privatizzazioni) non sono
solo delle emergenze temporanee atte a rimediare a errori passati col
fine quindi di rilanciare l'economia, ma sono veri e propri atti di
guerra nei confronti delle classi subalterne e
degli stati nazionali;
questi atti di guerra che prendono di mira lo stato come agente
riequilibratore degli squilibri di classe (non a caso al nostra
Costituzione è considerata pluriclasse) non fanno altro che
demonizzare il cosiddetto “statoladro”, come se tutto ciò che
venisse
da esso fosse in sostanza sbagliato e
corrotto,
mentre tutto ciò che proviene
dal privato fosse per sua natura virtuoso. Una visione volutamente
distorta per inibire proprio l'azione dello Stato a favore delle
classi subalterne. Uno dei
propugnatori dello “statoladro”, come
abbiamo già analizzato nel nostro blog, è Beppe Grillo:
“E'
anche evidente la sottintesa politica futura; infatti, se è
altamente improbabile che la Chiesa abbandoni le sue ricchezze per
aiutarci ad uscire dalla crisi, è praticamente certo che lo dovranno
fare i cittadini e gli Stati nazionali; non dovremmo quindi più
aspirare al benessere, ad un giusto salario, ad una sicurezza
economica, ad uno Stato ricco in grado di fornire servizi e lavoro
ben pagato; dovremmo diventare quindi tutti straccioni, perché
povero sarà bello; al massimo potremmo aspirare all'elemosina di
qualche centinaio di euro al mese come reddito di povertà (lo
chiamano di cittadinanza) per sopravvivere e tirare a campare; perché
è questa la sostanza del programma grillino; questo ha come mira
apparente la politica sprecona e i costi dello stato; però, dietro
la battaglia sacrosanta contro gli sprechi, sopravanza la battaglia
per smantellare lo Stato vero e proprio con i suoi costi necessari;
perché riducendo in continuazione le risorse allo Stato e alla
politica, lo Stato e la politica vengono smantellati, per il
beneficio della Dittatura Europea, che impone i suoi spietati vincoli
di bilancio agli Stati, (i quali non decidono ormai più nulla), per
dissanguarli, al fine di edificare il Governo Mondiale gesuitico;
infatti è la riduzione dei costi e la lode alla miseria (conseguenza
delle leggi "francescane" dell'UE), e non la giusta
allocazione delle risorse, o la sovranità monetaria (che
restituirebbero benessere e ricchezza alla popolazione e
consentirebbero allo Stato di fornire servizi e lavoro) che traspare
dalla propaganda dei finti poveri Grillo e Bergoglio; e se ce lo
dicono loro noi ci adegueremo; basta col rivendicare salari e
diritti; mangiamo pane e cipolla e giriamo tutti in bus (diventerà
però un lusso anche viaggiare in bus a causa del costo dei biglietti
sempre più alto); basta con lo Stato che, oltre a essere corrotto,
fornisce anche lavoro e servizi; se lo Stato è ricco di corrotti
(per lo più cattolici, massoni e gesuiti, che hanno infiltrato e
profittato dello Stato), impoveriamo e smantelliamo lo Stato! “
Uno
degli ideologhi chiave del ripristino dell'ideologia neoliberista
del
free market
è, secondo Barra Caracciolo, Friedrich
Von Hayek:
“Hayek
pensa ad una federazione di Stati, e la cosa davvero interessante è
la sua discussione, come dice appunto il titolo, delle conseguenze
economiche di una tale federazione. Con logica stringente,
Hayek dimostra che una federazione fra Stati realmente
diversi porta necessariamente all'impossibilità di un intervento
statale nell'economia, e quindi alla vittoria di
politiche economiche liberiste (il che ovviamente dal suo punto di
vista è un bene). Infatti una federazione per essere stabile ha
bisogno di un sistema economico comune e condiviso, e quindi della
libera circolazione di merci e capitali, e questo porterà ovviamente
a una perdita di controllo dei singoli Stati sulle loro economie. Si
potrebbe allora pensare che il controllo statale si sposti al livello
federale. Il nuovo super-stato federale si riprenderebbe
quei poteri di controllo sull'economia che i singoli Stati avranno
perso. Hayek risponde di no. Perché
l'intervento statale sull'economia presuppone la capacità di mediare
fra interessi contrapposti, di accettare compromessi ragionevoli, che
non ci sono, o sono più difficili, fra popoli di Stati diversi. Come
scrive Streeck riassumendo Hayek,
"in
una federazione di stati nazionali la diversità di interessi è
maggiore di quella presente all'interno di un singolo stato, e allo
stesso tempo è più debole il sentimento di appartenenza a
un'identità in nome della quale superare i conflitti stessi (…).
Un'omogeneità strutturale, derivante da dimensioni limitate e
tradizioni comuni, permette interventi sulla vita sociale ed
economica che non risulterebbero accettabili nel quadro di unità
politiche più ampie e per questo meno omogenee (pagg.121-122)"
Adesso,
noi abbiamo già visto nel nostro post Il
Pensiero moderno del “free market” Gesuitico e Francescano
che
tutto il discorso sul free market è essenzialmente un discorso di
matrice gesuitica:
"Ho
qui una lettera di Hayek datata il 7 gennaio 1979, nella quale Hayek
scrive che Rothbard 'dimostra che i principi alla base della teoria
del mercato competitivo furono ricavati dalla Scolastica Spagnola del
XVI secolo e che il liberalismo economico non fu progettato dai
Calvinisti, ma dai Gesuiti spagnoli'. Hayek
conclude la sua lettera dicendoci:”Posso assicurarvi dalla mia
personale conoscenza delle fonti che l'argomentazione di Rothbard è
estremamente forte.'"
Quello
che è importante capire è che il free market non è una semplice
“ideologia” che viene “naturalmente” applicata da anime belle
per
migliorare il mondo e adeguarsi al progresso,
ma è essenzialmente un'arma di distruzione di massa gesuitica,
essenzialmente
sterminazionista,
il
cui
obiettivo finale sarà quello di creare una società formata da un
esercito di ignoranti-straccioni
da una parte e da un'élite “colta”
e
ultra ricca legata alla nobiltà vaticano-gesuitica dall'altra.
All'esercito degli
straccioni rozzi
ed ignoranti (perché il
“free market” li avrà privati
anche dell'istruzione nelle scuole pubbliche),
tanto
amato dai papi, privato
finanche
di
ogni diritto ad un lavoro e ad una paga dignitosa, verrà
poi in
soccorso
la carità stracciona della Caritas.
L'esercito
di straccioni, naturalmente, verrà privato della possibilità di
rivendicare i diritti costituzionali all'interno del proprio stato
nazionale, perché questo, come abbiamo già detto, verrà distrutto:
“In
questi anni non abbiamo fatto altro che ascoltare le più svariate
accuse tra paesi europei, ad esempio tra Italia e Germania, che si
incolpano a vicenda della crisi; oppure stupidi paragoni del tipo:
quel paese è più virtuoso di questo, quel paese ce l'ha più “duro”
di quest'altro; ma anche questa è la solita farsa gesuitica; mettere
tutti contro tutti, in competizione gli uni contro gli altri; in
questa guerra crediamo che la Germania abbia goduto di qualche deroga
e di qualche vantaggio temporaneo,
un fatto che ha contribuito a fomentare il razzismo intra europeo, ma
la
manna sembra essere finita anche per loro.
I
gesuiti e il Vaticano, naturalmente, hanno combinato questa Unione
Europea, compreso il carcere della moneta unica, per fare in modo che
i rapporti tra le nazioni si esacerbassero ed arrivassero ad un punto
di rottura, per il fine ultimo di distruggere completamente le
sovranità nazionali, accusate di non essere all'altezza della
globalizzazione, e arrivare quindi all'Ordine
Mondiale Gesuitico.”
E'
chiaro che le accuse alla Germania portate avanti da molti personaggi
contrari alla moneta unica e
all'Europa liberista
sono solo una parte della verità.
E'
piuttosto evidente che l'élite tedesca interessata al mantenimento
della moneta unica non potrebbe nulla senza l'aperto sostegno
dell'élite vaticano-gesuitica.
Infatti
l'intera
edificazione
dell'Unione Europea, con
annessa
BCE, come
da noi più volte documentato (siete
pregati di leggere queste note prima di giudicare:
1-2-3-4-5-6-7-8-9),
è
chiaramente un'opera Vaticano Gesuitica che ha il fine di mettere in
esasperata competizione gli stati forti contro i deboli in una guerra
economica fratricida
(per
adesso, ma in futuro forse anche una guerra portata avanti con armi vere
e proprie). Come
riportato dal blog orizzonte48:
“L'Europa
"fortemente competitiva", di
cui parla come principio fondamentale l'art.3, par.3 - sempre
accostandolo alla stabilità dei prezzi ed alla connessa e
subordinata "piena occupazione" di stampo neo-classico- è,
come evidenzia con inesorabile chiarezza scientifica Krugman,
quella di una
competizione tra Stati,
rispondente alla convenienza delle posizioni
espressamente antisolidaristiche contenute nel Trattato (artt.123,
124 e 125 TFUE)
ed intessuta sulla guerra finanziaria e commerciale di un mercato
aperto principalmente alla libera circolazione dei capitali e al
dominio politico realizzato tramite l'asservimento della domanda
degli Stati "vicini" alla propria produzione industriale e
al proprio sistema bancario-finanziario.”
Di
questa lotta fratricida alla
fine si avvantaggeranno solo
le élite collegate al Vaticano-gesuiti che porteranno a compimento
il progetto della distruzione degli stati nazionali e
l'implementazione integrale
del progetto di schiavitù europea, ed
in seguito, globale,
che
è in sostanza un ritorno al medioevo.
Ce
lo aveva già detto il
pupazzo dei gesuiti van Rompuy che gli stati nazionali sono in
via di estinzione:
"Il
2009 è anche il primo anno di governo globale, con la creazione del
G20 nel bel mezzo della crisi finanziaria globale. La Conferenza sul
Clima di Copenaghen sarà un altro passo avanti verso il governo
globale del nostro pianeta".
Qui
sotto analizziamo altre prove che indicano chiaramente la matrice
ideologica cattolica e gesuitica del cosiddetto free market, cioè di
quel progetto che è adesso portato avanti come fondamento economico
dell'interna Unione Gesuitica €uropea. Partiamo da von Hayek:
“Nel
1980, Hayek, fu uno dei 12 Premi Nobel Cattolici a incontrare
il Papa Giovanni Paolo II “per dialogare, discutere i punti di
vista nei loro campi, comunicare per quanto riguarda la relazione tra
cattolicesimo e scienza, e 'portare all'attenzione del Pontefice i
problemi che i vincitori del premio Nobel, nei loro rispettivi campi
di studi, considerano i più urgenti per l'uomo contemporaneo'”
“Sei
un credente? Intendo nel senso religioso
Von
Hayek: 'Sono nato cattolico. Sono stato battezzato. Mi sono
sposato in Chiesa, e probabilmente mi seppelliranno come Cattolico.
Ma non sono mai stato capace di essere un praticante Cattolico, un
fedele cattolico. Nonostante ciò sono stato a Roma tre settimane fa
insieme ad altri 12 vincitori dei Premi Nobel per consigliare il Papa
sulle materie politiche. Ho scoperto che il Papa è un uomo di
straordinaria intelligenza, ed un abile conversatore. Egli mi ha
realmente impressionato.'
Credi
in Dio?
Von
Hayek: 'Non ho mai capito il significato della parola Dio. Io
credo che sia importante nel mantenimento delle leggi. Ma, insisto,
siccome non conosco il significato della parola Dio, non sono capace
di dire se credo o no nella sua esistenza.'”
fonte:
Extracts
from an Interview Friedrich von Hayek
"El Mercurio" (p. D8-D9), 12 April 1981, Santiago de Chile
Ricordiamo
che Giovanni Paolo II, il papa che impressionò von Hayek, era anche
lo stesso papa che supportava la moneta
unica mondiale.
Siccome
la Chiesa Cattolica è essenzialmente un potere temporale
economico-politico dedito ai profitti e alla sopraffazione, sappiamo
benissimo che i suoi appartenenti sono molto restii, come
lo stesso von Hayek d'altronde, a
credere all'esistenza
di un Dio. Il pensiero degli appartenenti al cattolicesimo, infatti,
è sempre stato il dominio terreno. Ricordiamo
quanto disse Nino
lo Bello a proposito del Vaticano:
“L'autore
di questo libro prevede che verrà il giorno, magari tra un migliaio
di anni, in cui il Vaticano cesserà di funzionare come
un'istituzione religiosa e assumerà in tutto e per tutto le funzioni
di una grande impresa finanziaria. La transizione dall'una all'altra
veste sarà meno difficile di quanto possa sembrare, proprio perché
man mano che il cattolicesimo andrà accentuando la propria decadenza
come grande religione, le ricchezze della Chiesa potranno più
facilmente infiltrarsi in qualsiasi campo dell'economia mondiale.
Allora, finalmente, il magnate installato al di là del Tevere potrà
liberarsi della sua veste di pietà; allora, finalmente, il Vaticano
rivelerà l'autentica estensione dei suoi interessi economici.”
[...]
“Gran
parte del merito della riuscita degli affari vaticani a partire dal
1929 va attribuito a questo ex studente di architettura. Nogara diede
prova della sua abilità finanziaria quando ricevette da Pio XI la
responsabilità dell'amministrazione della somma di novanta milioni
di dollari assegnata da Mussolini alla Santa Sede come indennizzo. In
precedenza era stato vice presidente della Banca Commerciale
Italiana, e si era imposto all'attenzione degli ambienti
ufficiali vaticani attraverso Papa Benedetto XV, il quale si era
giovato dei preziosi suggerimenti del Nogara (allora direttore della
filiale di Istanbul della Commerciale) nell'acquisto, a titolo
personale, di titoli dell'impero turco. Posto a capo
dell'Amministrazione speciale di nuova istituzione, il fedele Nogara
ebbe carta bianca, e pur cavando dal proprio cappello molti degli
affari del Vaticano, si rivelò uno straordinario amministratore.
Intraprendendo una politica di investimenti a livello mondiale riuscì
a moltiplicare più volte il capitale iniziale.
Nella
sua politica dei profitti Nogara si attenne a una regola, secondo cui
il programma d'investimento del Vaticano non doveva essere
condizionato da considerazioni religiose. Agli inizi degli anni
cinquanta, per esempio, egli utilizzò i fondi pontifici per
speculare sui buoni del tesoro della protestante Inghilterra, che gli
apparivano più remunerativi di quelli della cattolica Spagna, allora
in grave crisi economica. Morì a ottantotto anni, nel 1958,
lasciando una “metodologia” alla quale si attennero con religiosa
fedeltà i suoi successori, che in tal modo continuarono a realizzare
profitti fantastici.”
Da
un documento tratto dall'enciclopedia Treccani, dal titolo De
pecunia. Chiesa, cattolici e finanza nello Stato unitario,
leggiamo:
“È
necessario riconsiderare, sul filo della storia, i rapporti tra
cristianesimo e capitalismo senza dimenticare che la Chiesa fu
ed è, ancor più dopo il 1870, uno Stato capitalistico per
eccellenza, come tenteremo di mostrare sia pure per brevi
cenni. La sua continuità e le sue plurisecolari metamorfosi nel
settore finanziario hanno avuto un peso storico non indifferente in
tutti i continenti.”
In
quanto ideologo di un'economia votata al dominio e alla
sopraffazione, possiamo annoverare Von Hayek come facente parte della
stessa tradizione cattolica (d'altronde questa non è affatto da lui negata) dei padri fondatori dell'U€. Infatti, pur non sapendo se
credere o no in Dio, Von Hayek aveva le idee piuttosto chiare
riguardo all'influsso che i gesuiti avevano avuto nell'elaborazione
del suo pensiero economico. Egli credeva nei gesuiti. In un libro in
cui si parla di Alberto Ullastres, ministro dell'Economia spagnolo e
ambasciatore presso la CEE sotto la dittatura di Francisco Franco,
leggiamo:
“Ciononostante,
Ullastres venne descritto come la persona che introdusse il
liberalismo economico in Spagna. Il nuovo ministro aveva già lottato
molti anni prima, insieme al professore Miguel Paredes, per la terza
via che avrebbe dovuto riconciliare il free market con
l'interventismo statale che era stato auspicato dal socialismo. I due
professori universitari iniziarono a cooperare per invitare alla
Menéndez Pelayo International University (corsi estivi) economisti
famosi: Joseph Aolis Schumpeter, Friedrich A. von Hayek, Walter
Eucken e Wilhem Röpke ; arrivarono von Hayek e Röpke, che scrissero
anche insieme per la rivista del CSIC, Arbor, negli anni
1950 e 1951. Nella sua tesi di dottorato, Ullastres difendeva le
idee di Juan de Mariana, un gesuita della Scuola di Salamanca, che
durante il regno di Filippo III, criticava l'intervento politico
nell'economia attraverso la svalutazione della moneta e difendeva la
natura privata della proprietà. Friedrich A. von Hayek, il futuro
vincitore del Premio Nobel nel 1974, assicurò che “i principi
teoretici dell'economia di mercato (…) non furono elaborati dai
Calvinisti e dai Protestanti Scozzesi, ma dai Gesuiti e membri della
Scuola di Salamanca, durante la Golden Age spagnola.”
fonte:
Poland
and Spain in the Interwar and Postwar Period, a cura di José Luis
Orella Martínez,Małgorzata.
“Prima
di Jean Bodin, pensatori gesuiti come Luis Molina, Juan de Lugo e
Leonard de Leys (Lessius) avevano sviluppato questi concetti per
spiegare l'inflazione risultante dall'afflusso dei metalli preziosi
dall'America Latina, e in un tentativo di bilanciare le
affermazioni conflittuali della pratica commerciale accettabile e del
bene pubblico. F. A. von Hayek (1968), che trovò ispirazione
negli scritti di Hume, prese questo materiale neoscolastico
seriamente, e ciò lo indusse alla
convinzione che Max Weber aveva torto, e
che furono i Gesuiti, e non i Calvinisti, a gettare le basi del
Capitalismo (vedere Grice-Hutchinson 1952; 1993).”
“Sin
dai tardi anni '40 del novecento, se non prima, gli intellettuali
spagnoli simpatetici verso il regime di Franco erano
venuti in contatto con le idee che ispirarono Erhard e il Scientific
Council in Germania. Il problema di come collegare insieme la
legittimità di uno stato e la libertà di partnership economica,
accogliendo l'idea che la seconda doveva porre le basi del primo, era
già stato sollevato al tempo della crisi europea degli anni '30
nella repubblica tedesca
di Weimar così come nella seconda repubblica spagnola. Fu un
pensiero di crisi, elaborato per fare i conti con la brutta
situazione dello stato, la cui legittimità veniva costantemente
messa in discussione, e che doveva sforzarsi per tenere il passo
delle serie sfide economiche. Figure principali tra quelli che
ispirarono queste idee nel contesto tedesco erano persone come
Wilhelm Röpke, che
durante la seconda guerra mondiale scrisse un libro intitolato The
Social Crisis of
Our Time, l'economista
gesuita Oswald Nell-Breuning e colui la cui carriera e traiettoria
sarebbe stata importante nella delimitazione e nell'influenza di
questa scuola di pensiero, il giurista austriaco Friedrich von Hayek.
Hayek visitò
Barcellona e Madrid nel 1949, dove ebbe contatti con i catalani
antikeynesiani Salvador Millet i Bel, Joan Sardà e Lucas Beltràn.
Gli
spagnoli stavano lavorando sulla loro versione del pensiero della
crisi sulle basi delle nozioni medievali concernenti l'autonomia
delle corporazioni delle professioni, ispirate dal
pensiero legale ed economico dei gesuiti della Scuola di Salamanca
del sedicesimo e diciassettesimo secolo, dalle idee di Tommaso
d'Aquino e dalla teologia cristiana. Fondamentale tra queste idee vi
era l'asserzione che doveva essere un dovere cattolico ribellarsi
contro uno stato che invadeva l'autonoma libertà degli individui e
delle loro associazioni.
Negli
anni '30 del novecento tali idee vennero difese da teologi come il
gesuita Aniceto de Castro Albarràn e l'ideologo carlista Juan
Vàzquez de Mella, come giustificazione del violento rovesciamento
del governo repubblicano spagnolo. Secondo loro, la riaffermazione
della classe lavorativa, l'applicazione delle misure di
ridistribuzione della ricchezza e il secolarismo violavano la libertà
degli individui e rendevano il governo repubblicano tirannico ed
oppressivo. Perciò, esso doveva cedere i suoi diritti di
rappresentanza. Per questi ed altri intellettuali conservatori vicini
alla destra spagnola, questo era parte di un complotto
ebreo-massonico-bolscevico contro la libertà economica. Secondo
Vàzquez de Mella gli ebrei comunisti e i liberali, in unione con le
orde musulmane e altri elementi delle masse sgradite, avevano
intenzione di distruggere la cristianità e la civilizzazione
occidentale, ed opprimere la libertà individuale. Queste persone
erano parte di un ambiente intellettuale che lo storico Paul Preston
aveva descritto come facente parte dei “teorici dello sterminio”.
Dopo
la visita di Hayek nel 1949, Millet i Bell pubblicò un influente
articolo difendendo l'individualismo come 'un'attitudine di modesta
umiltà precedente all'impersonale e anonimo carattere del processo
economico-sociale'. Secondo il sociologo Pinilla de las Heras, questa
asserzione equivale alla 'identificazione della mano invisibile di
Adam Smith con gli imperscrutabili misteri e i piani segreti della
Divina Provvidenza'. Questi ed altri intellettuali spagnoli come
Gonzalo Fernàndez de la Mora e Rafael Calvo Serer, aiutarono a
fondere il corporativismo cattolico e l'economia individualista dopo
il rovesciamento della seconda repubblica e durante la dittatura del
generale Francisco Franco. Negli anni '50 del novecento Joan Sardà
sarebbe diventato l'architetto del falangismo 'liberalizzante' di
Francisco Franco, incluso il piano di stabilità del 1957, e Beltràn
il maggiore e animato divulgatore della Scuola Austriaca e
un'attrazione permanente nella culla neoliberale, il meeting annuale
della Mont Pelerin Society.
Le
loro idee circolarono ampiamente tra i giovani studenti di legge ed
economia nelle scuole e università cattoliche in Cile, a partire
almeno dagli anni '50 del novecento. Da questi ambienti
intellettuali e politici, specialmente quelli
simpatetici con Franco e i franchisti spagnoli e vicini al partito
nazionalista di Onofre e Alessandri, emersero
i giovani conservatori che avrebbero giocato un ruolo centrale negli
eventi degli anni '70 ed oltre. Essi rinnovarono il conservatorismo
al tempo della crisi. Usando la teologia cattolica del diritto di
ribellione, insieme con l'asserzione del legame tra la legittimità
dello stato e la libertà dei partner economici, costoro avrebbero
contestato la legittimità giuridica e politica di Allende. Questa
posizione permise anche loro di bypassare le leggi costituzionali, e
di minare la posizione costituzionalista all'interno delle forze
armate, rafforzata subito dopo l'assassinio del Generale Schneider.
Secondo loro il legalismo sposato da Novoa Monreal e
dagli altri consiglieri legali ed economici dell'amministrazione
Allende, che si appellavano alla Costituzione Cilena e alla legge
internazionale al fine di giustificare il nazionalismo, il controllo
dei prezzi e l'interventismo statale nell'industria e nei trasporti –
che è la costruzione dell'Area di Proprietà Sociale dell'economia –
violava la libertà degli individui e delle loro associazioni. Ed
era, perciò, ai loro occhi, una legge oppressiva che non doveva
legare il popolo cileno.”
Quindi,
visto questo retroterra storico documentato, ci appare chiaro da dove
arriva adesso il sostegno al cosiddetto free market, implementato
così doviziosamente nei
Trattati
Gesuitici Europei dai
cattolici che gestiscono il processo di unificazione europea, la
quale
ha lo scopo di distruggere gli
stati
nazionali
insieme
alle costituzioni democratiche.
Crediamo
di avervi dato prove sufficienti a capire che quelli che parlano solo
della cosiddetta “Ger-magna”
protestante e cattiva
(o, tirano fuori discorsi razzisti, parlando
di un cosiddetto carattere tedesco deleterio geneticamente
prestabilito) come causa di tutti i
problemi europei, o sono disinformati, o sono deficienti o sono
disonesti. Ai tedeschi, ma più
precisamente potremmo dire all'elite tedesca, sono stati concessi dei
temporanei “privilegi” per fomentare proprio il
razzismo e la
discordia tra le nazioni, e vi abbiamo
documentato efficacemente la matrice catto-gesuitica sia del pensiero
del “free market” al quale è improntata l'unione europea, sia la
natura cattolica dei protagonisti di questa unione.
Oltre
a ciò, come avevamo già affermato in precedenza, bisogna tenere
conto del decisivo influsso cattolico nella Germania del
secondo dopoguerra. L'Unione Cristiano Democratica tedesca, alla
quale appartiene anche la “protestante” Angela Merkel, è
quell'unione ecumenica fondata da cattolici, che unisce due nemici
storici, cattolici e protestanti, sotto l'ombrello del papato romano.
Leggiamo da wikipedia:
"La CDU venne fondata dopo la Seconda guerra mondiale da esponenti del Centro Cattolico della Repubblica di Weimar, con l'obiettivo di includere Cattolici e Protestanti in un partito conservatore cristiano."Infatti, fu il cattolico Adenauer, uno dei padri fondatori dell'Unione Europea, che diresse la CDU e la Germania, negli anni successivi alla seconda guerra mondiale:
"Fino al 1963, il partito e il paese furono guidati da Konrad Adenauer, primo Cancelliere tedesco del dopoguerra. Tra le due guerre Adenauer era stato esponente di primo piano del Zentrum e borgomastro di Colonia."
Da
un articolo dal titolo Konrad
Adenauer: un democratico pragmatico ed un instancabile unificatore,
tratto da europa.eu, leggiamo:
"Dopo la guerra, gli americani gli restituirono la carica di sindaco di Colonia, ma venne rimosso poco dopo dagli inglesi, quando Colonia passò alla zona di occupazione britannica. Questo diede ad Adenauer il tempo di dedicarsi alla fondazione dell’Unione Cristiano Democratica (CDU) che sperava avrebbe unito i tedeschi di confessione protestante e cattolica in un unico partito. Nel 1949, divenne il primo Cancelliere della Repubblica federale Tedesca (RFT). In un primo tempo si pensò che Adenauer, all’epoca già settantatreenne, avrebbe ricoperto la carica di Cancelliere solo per un breve periodo. Ciò nonostante Adenauer (soprannominato “Der Alte”, ovvero “Il Vecchio”) rimase in carica per i successivi 14 anni, passando così alla storia non solo per essere stato il più giovane sindaco di Colonia, ma anche il più anziano Cancelliere della Germania di tutti i tempi."
Addendum
Ancora sul free market gesuitico:
Da un articolo dal titolo Free Market Economists: 400 Years Ago di Llewellyn H. Rockwell, Jr., presidente del Ludwig von Mises Institute in Auburn, leggiamo:
Ancora sul free market gesuitico:
Da un articolo dal titolo Free Market Economists: 400 Years Ago di Llewellyn H. Rockwell, Jr., presidente del Ludwig von Mises Institute in Auburn, leggiamo:
"Gli sutudenti della libera impresa di solito tracciano le origini del pensiero pro free market verso il professore Adam Smith (1723-90). Questa tendenza a vedere Smith come il il padre ispiratore dell'economia è rinforzata tra gli americani perché il suo famoso libro An Inquiry into the Nature and the Causes of the Wealth of Nations venne pubblicato l'anno dell'Indipendenza Americana dalla Gran Bretagna.
C'è parecchio però che sfugge a questa visione intellettuale della storia. I reali fondatori della scienza economica in realtà scrissero centiania di anni prima di Smith. Essi non erano economisti in quanto tali, ma teologi morali, allevati nella tradizione di San Tommaso d'Acquino, e divennero noti collettivamente come i tardi scolastici. Questi uomini, molti dei quali insegnavano in Spagna, furono pro free market tanto quanto lo fu la tradizione scozzese venuta molto tempo dopo. Inoltre, il loro fondamento teorico era ancora più solido: essi anticiparono le teorie del valore e del prezzo dei "marginalisti" dell'Austria della fine del XIX secolo."
[...]
“Come tutti questi teorici spagnoli, Covarrubias credeva che i singoli proprietari avessero diritti inviolabili su questa proprietà. Una delle molte controversie del tempo era se le piante che producevano medicinali avrebbero dovuto appartenere alla comunità. Coloro che lo affermavano sottolineavano che tale medicinali non erano il risultato di alcun lavoro o abilità umana. Ma Covarrubias diceva che ogni cosa che cresceva in un appezzamento di terreno doveva appartenere al proprietario terriero. Tale proprietario aveva anche il diritto di sottrarre i medicinali di valore dal mercato, e sarebbe stata una violazione della legge naturale forzarlo a venderli.”
“La difesa della proprietà privata da parte di Molina riposava sulla credenza che la proprietà è fissata nel comandamento “non rubare”. Ma egli andò oltre i suoi contemporanei portando anche forti e pratiche argomentazioni. Quando la proprietà è condivisa, egli diceva, non sarà tenuta in cura, e le persone combatteranno per consumarla. Lontano dal promuovere il bene pubblico, quando la proprietà non è divisa, le persone più forti nel gruppo saranno portate a trarre vantaggio nei confronti dei deboli monopolizzando e consumando le risorse.
Come Aristotele, Molina pensava anche che la proprietà comune dei beni avrebbe avallato la fine della liberalità e della carità. Ma egli andò oltre argomentando che 'l'elemosina dovrebbe provenire da beni privati e non da quelli comuni.'
Nella maggior parte degli scritti di oggi sull'etica e il peccato sono applicati standard differenti al governo piuttosto che ai singoli individui. Ma non negli scritti di Molina. Egli sosteneva che il re può, in quanto re, commettere una varietà di peccati mortali. Per esempio, se il re concede un privilegio di monopolio ad alcuni, egli viola i diritti dei consumatori di comprare dal venditore più economico. Molina concludeva che coloro che ne beneficiavano avrebbero dovuto essere costretti dalla legge mortale a compensare i danni che provocavano”
Da
un articolo dal titolo Juan
de Mariana and the Spanish Scholastics, di Jesús Huerta de Soto,
professore di politica economica alla Universidad Complutense de
Madrid, in Spagna, leggiamo:
“Uno dei principali contributi del Professor Murray N. Rothbard è
stato quello di mostrare che la preistoria della Scuola Austriaca di
Economia doveva essere ricercata nel lavoro degli scolastici spagnoli
di quello che è noto come il “Siglo de Oro Español” (Il Secolo
d'Oro Spagnolo), che ebbe inizio dalla metà del 16° secolo e
continuò nel 17°. Rothbard prima sviluppò questa tesi nel 1973 e,
più recentemente, nel Capitolo 4 della sua monumentale History of
Economic Thought from the Austrian Perspective, intitolato “The
Late Spanish Scholastics”.
Comunque, Rothbard non fu il solo importante economista austriaco a
mostrare le origini spagnole della Scuola Austriaca di Economia.
Anche lo stesso Friedrich Hayek aveva lo stesso punto di vista,
specialmente dopo l'incontro con Bruno Leoni, il grande accademico
italiano, autore del libro Freedom and the Law. Leoni incontrò
Hayek negli anni cinquanta e fu capace di convincerlo che le radici
intellettuali del liberalismo economico classico avevano origini
cattoliche e continentali e avrebbero dovuto essere ricercate
nell'Europa Mediterranea, non in Scozia.”